RABATTA MICHELE

RABATTA MICHELE

diplomatico

Immagine del soggetto

Stemmi dei Rabatta e dei Castelpagano in chiave di volta (Gorizia, chiesa di Santo Spirito).

L’investitura feudale di Buia, concessa a M. R., diplomatico goriziano (notizie tra 1360 ca. e 1411 ca.), dal patriarca il 21 novembre 1385, lo definisce «natus viri nobilis Antonii de Rabbata, natione patria Florentinus, sua vero origine Goricensis». Le sue benemerenze quale consigliere e soprattutto quale ambasciatore per conto dei Carraresi di Padova risultano lodate fin dal 1372: egli era giudicato «savio et molto customado, homo optimamente literado e ben savea la lingua schiava et la alemanna, et il qual, benché nassudo fosse nela Guricia, di padre era toscano e nobile assai». In tal modo M. in quanto goriziano pluriglotta si può dire che aprì la serie, numericamente notevole e significativa, di personalità della contea che furono per secoli scelte nei vari campi all’interno dell’Impero per compiti e in luoghi in cui era indispensabile non soltanto una padronanza linguistica ma un’esperienza molteplice tra mondi e interessi su più versanti. I toscani Rabatta, giunti a Udine sull’inizio del Trecento, appaiono attivi a Gorizia con quell’“Antonius tuscus”, noto nel 1341 e poi anche nel 1363 quale proprietario di un ospizio “in mercato Goricie”; egli si sarebbe risposato a Gorizia dove gli nacquero almeno tre figli: Giovanni, che fu capitano di Gorizia tra il 1399 e 1405, Pietro, noto a Padova e a Ferrara, e appunto M. Questi fu anzitutto ambasciatore dei Carraresi a Pavia, ma ben presto Francesco da Carrara si servì di lui e della sua abilità diplomatica in missioni molto delicate, dapprima in Ungheria (1372), per sollecitare un intervento ungherese contro Venezia che mirava ad abbattere la signoria dei Carraresi e a riconquistare la Dalmazia. Le ostilità furono aperte da Venezia e truppe ungheresi giunsero in Friuli. ... leggi Qui tra il 1377 e il 1378 si inserirono gli interessi e i progetti del patriarca Marquardo di Randeck, il quale non contrastò l’azione del re d’Ungheria. Seguirono molte altre missioni che videro più volte M. a Vienna e in Ungheria. Conclusa una pace con Venezia, M. venne inviato presso Ludovico d’Ungheria e presso il duca d’Austria per ottenere la ratifica del trattato e la riapertura delle vie di comunicazione attraverso le Alpi. Un’altra missione diplomatica vide M., sempre in qualità di ambasciatore di fiducia del Carrarese, impegnato ad assicurare rapporti di collaborazione di Genova con il patriarca di Aquileia contro Venezia (1378). M. era di nuovo a Padova nella primavera del 1384 e poco dopo a Cividale, pronto ad approfittare della crisi del patriarcato per favorire gli interessi del Carrarese: M. fu allora nominato “marescalco” patriarcale. L’anno seguente fu al fianco del patriarca Filippo d’Alençon riparato a Padova per una sollevazione di Udine e di Cividale. Nel novembre 1385 il patriarca lo premiò con la ricordata investitura del castello di Buia. La resistenza udinese alla politica del patriarca comportava la cattura e la prigionia di M. (1386); nei due anni seguenti non si hanno sue notizie forse perché la prigionia poté durare fino al maggio 1388. Ricomparve a Padova quale testimonio in una contesa tra Venezia e Bologna con Firenze. M. riprese allora la sua incessante azione diplomatica per il Carrarese, anzitutto presso il duca d’Austria (1388) ma anche a fianco di Novello da Carrara quando costui venne cacciato in esilio. Si era inserito nel gioco il Visconti. M. ricomparve di lì a poco a Gorizia che rimase il suo punto sicuro di riferimento, assicurando la sua azione a favore dei giovani conti di Gorizia, Enrico IV e Mainardo VII. La fedeltà a Novello per riacquistare Padova gli procurò il titolo di cavaliere. Negli anni seguenti (1391-1393) continuò la sua azione diplomatica e politica nell’interesse del signore padovano. Alla morte del patriarca Giovanni di Moravia (ottobre 1394) il capitolo di Aquileia lo elesse vicedomino e nella vacanza del patriarcato (di lì a poco sarebbe stato eletto Antonio Caetani), si impegnò in più direzioni: in Istria, a Pordenone, ancora a Gorizia, sempre per far valere la sua autorità in una terra, quella friulana, quanto mai divisa. Nel 1395 egli era nuovamente a Padova e poi a Milano, a Ferrara, a Firenze (1398). Nel 1384 aveva sposato Maria Bella di Castelpagano: il relativo castello, distrutto dagli Udinesi, venne da lui ricostruito nel 1398. Altre capitali lo accolsero negli anni seguenti in azioni diplomatiche per i signori di Padova. Nel 1402 una grave sconfitta ad opera del Visconti causò la prigionia dei figli di Novello e del figlio dello stesso M. Per la liberazione dei prigionieri intervenne addirittura Venezia. M. informò Venezia del piano di Gian Galeazzo Visconti di occupare il Friuli, ma la morte del duca liberò l’orizzonte soltanto per poco: si preparavano infatti eventi tragici per Padova e per i suoi signori. Caduta Padova, M. si ritirò con ogni probabilità a Gorizia ma svolse ancora la sua azione ad esempio a Udine (1410). Non è certa la data della sua morte che è certamente anteriore al 1428. Di M. è molto apprezzato l’impegno letterario e rimane a Gorizia un segno preciso dei suoi interessi culturali nella chiesetta dedicata al Santo Spirito da lui e dal fratello innalzata ai piedi del castello per le esigenze crescenti della città alta (1398). Qui, nonostante i contatti intensi di M. col mondo veneto, sono adottati soltanto modelli centroeuropei di più livelli; eppure proprio in quegli anni si verificano nel Goriziano aperture verso la cultura italiana con l’attività dei vitaleschi Stefano e Nicolò da Gorizia e, in ambito letterario, con l’arrivo di un codice del Canzoniere del Petrarca (oggi nella Biblioteca del Seminario teologico centrale), che si è voluto da taluni collegare proprio alla presenza di M. I Rabatta si inseriscono a fondo nella vita della contea (un Rabatta è documentato a Lienz, concapitale della contea, nel Quattrocento) e vi operano fino a tutto l’Ottocento.

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Bibliografia

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