CAPELLINI FILIPPO

CAPELLINI FILIPPO (? - 1423)

giurista, vicario patriarcale

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Elenco autografo di Filippo Capellini dei codici di sua proprietà  che rientrano tra i lasciti testamentari a favore del copista Giacomo de Gramineis (Cividale, Museo archeologico nazionale, Pergamene capitolari, XVI, 142).

Canonico di Padova, consegue la licenza “in utroque iure” presso il locale Studio nel decennio 1380-1390. Con la dominazione viscontea sulla città veneta e la nomina vescovile del decretista Giovanni Enselmini, esponente di una famiglia avversa ai Carraresi e politicamente vicino ai Visconti, il milanese C. è chiamato a ricoprire per un biennio l’ufficio di vicario generale dell’episcopato. Con la fuga del presule e il ritorno in città di Francesco Novello nel giugno del 1390, viene però a decadere dal vicariato ed è costretto alla fuga. Tre anni più tardi, il C., divenuto nel frattempo canonico di S. Nazario in Broilo a Milano, riceve in beneficio da papa Bonifacio IX il decanato di Concordia, su richiesta del nuovo vescovo Antonio Pancera, che, avendone potuto apprezzare le doti durante la permanenza padovana, lo nomina suo vicario generale. Nominato il Pancera patriarca di Aquileia, il C. lo segue nella diocesi, dove nel 1403 è chiamato a ricoprire l’ufficio di vicario “in spiritualibus”. Nel luglio dello stesso anno intima a Nicolò della Torre, gastaldo di Carnia, di non recare molestie ai coloni e ai massari del capitolo di Cividale. Pochi giorni dopo emana un editto contro coloro che entrano nei monasteri femminili di clausura. La collaborazione con il patriarca Antonio si protrae negli anni successivi. Nel luglio del 1408 il Pancera è deposto da papa Gregorio XII. C., non volendo incorrere nella censura ecclesiastica, interrompe i propri rapporti con il presule, rifiutandosi di presiedere il tribunale patriarcale. Antonio lo fa, quindi, imprigionare insieme al suo vicario “in temporalibus” Francesco di Sbroiavacca. La detenzione del C. è di breve durata. ... leggi L’anno successivo, riassunto l’ufficio vicariale, è incaricato dal patriarca di esaminare la situazione di quegli ecclesiastici friulani ancora legati all’obbedienza romana. Negli anni seguenti C. risulta ancora al seguito del Pancera: la loro collaborazione sembra interrompersi solo con la nomina di quest’ultimo a cardinale. Nel gennaio del 1418 il decano di Concordia, tornato nella diocesi della Destra Tagliamento, detta a Portogruaro il proprio testamento a Franceschino da Lendinara cancelliere del capitolo cattedrale. Il 6 ottobre del 1420 lo stesso notaio è chiamato a redigere nuovamente le ultime volontà del C. Il decano di Concordia muore nel 1423, come testimoniato dalla lapide sepolcrale che si trovava nella navata centrale della vecchia chiesa di S. Andrea di Portogruaro. Il testamento del 1420 si rivela particolarmente importante perché permette di ricostruire, sebbene solo parzialmente, la biblioteca del C. al momento della sua morte. L’ecclesiastico decide, infatti, di lasciare buona parte dei suoi libri al canonico di Padova e di Cividale Giacomo “de Gramineis” e ai nipoti Giorgio e Giovanni, quest’ultimo copista e canonico di Cividale. Si tratta di trentuno codici, quasi tutti di diritto civile e canonico, depositati a Venezia e a Portogruaro. F. C. possiede infatti, al momento della sua morte, il Decreto di Graziano, le Decretali, il Sesto, le Clementine, l’Apparatus in Decretales Gregorii IX di papa Innocenzo IV, la Summa super rubricis Decretalium di Goffredo da Trani, le Decisiones di Bernardo da Compostella, lo Speculum iudicale di Guglielmo Durante, il Commentarius ad Sextum Decretalium di Guido di Baisio, le Additiones super Novella di Giovanni Calderini e la Lectura super Clementinas di Giovanni da Legnano. Incompleta risulta la serie del Corpus iuris civilis, priva delle Institutiones e di due parti del Digesto: sono presenti anche un Liber pheudorum, una Summa Codicis di Azzone e un Tractatus dictaminis. Più contenuta e datata risulta la sezione religiosa con un Commentarium in quattuor libros Sententiarum di san Bonaventura, la Summa de poenitentia di Raimondo di Peñafort, un trattato sui salmi, i Proverbi di Salomone e un breviario. Al momento della sua morte, Filippo possiede, inoltre, due libri di medicina (Macer, De virtutibus herbarum), un ricettario e i Ruralia commoda di Pietro Crescenzi da Bologna.

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Bibliografia

DEGANI, Codice diplomatico, 29; ZENAROLA PASTORE, Atti, 245; SCALON, Produzione, 78-79; SCALON - PANI, Codici, 13.

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