BERENGARIO I

BERENGARIO I (? - 924)

duca-marchese del Friuli, re d’Italia, imperatore

Immagine del soggetto

Sigillo di Berengario (Monza, Museo del duomo).

La mancanza di informazioni sull’infanzia e la giovinezza di B., figlio di Eberardo, conte-duca-marchese del Friuli, e di Gisella, figlia di Ludovico il Pio, non consentono di stabilire l’anno e il luogo di nascita del futuro re d’Italia e imperatore; alcuni elementi portano tuttavia a ritenere che sia nato verso l’850 nell’Italia settentrionale, probabilmente in Friuli, dove gli interessi della sua stirpe, quella degli Unrochingi, erano già ben radicati. Ad Unroch, primogenito di Eberardo al quale venne imposto significativamente il nome del nonno, furono affidate le proprietà familiari in Italia e in Svevia e fu designato a succedere al padre in Friuli. B. ottenne invece dei beni nella Lotaringia settentrionale e nelle Fiandre ma, verso l’874, la prematura scomparsa di Unroch gli consentì di subentrare al fratello nella marca friulana. Quando nell’875, in seguito alla morte di Ludovico II, si impose la necessità di scegliere il successore del defunto re d’Italia e imperatore, l’affinità degli interessi spinse B. ad appoggiare Carlomanno di Carantania, primogenito di Ludovico il Germanico, ma fu Carlo il Calvo che, sostenuto da papa Giovanni VIII, precedette gli avversari facendosi incoronare re d’Italia e poi imperatore. Dopo la scomparsa di Carlo il Calvo nell’877 si giunse ad un riavvicinamento fra il pontefice e B. che, coerentemente, era rimasto schierato con i suoi alleati. Deposto nell’887 Carlo il Grosso († 888), l’Impero andò frammentandosi e, anche in Italia, come in Borgogna e ancor prima in Provenza, si affermarono forze centrifughe determinanti per il sorgere di quei “regna”, uno degli aspetti più tipici della storia europea occidentale dalla fine del IX agli inizi dell’XI secolo. Del vuoto di potere approfittò B. che, tra la fine dell’887 e gli inizi dell’888, fu incoronato re d’Italia a Pavia. Il nuovo sovrano trovò tuttavia in Guido di Spoleto, e nel di lui figlio Lamberto, due irriducibili antagonisti. ... leggi La lotta per l’Italia era ormai ridotta ad un conflitto endemico fra i discendenti delle casate transalpine, insediatesi in Italia dopo la conquista franca e gli ultimi discendenti dei Carolingi. Il titolo imperiale con la deposizione di Ludovico il Pio, e ancor più all’epoca di Ludovico II, in seguito allo smembramento della Lotaringia, aveva definitivamente perso il carattere unitario ed universale che in origine gli era stato attribuito. Nell’889, Guido fu proclamato, ma non incoronato, re d’Italia; B. spartì il regno con Guido assicurandosi la parte orientale limitata dal Po, dall’Adda e dall’Oglio. Lo spoletino, nell’891, ricevette da papa Stefano V anche la corona imperiale e associò al trono Lamberto. B., tradizionalmente vicino ai re di Germania raggiunse quindi un accordo con Arnolfo di Carinzia: B., quale re d’Italia, accettò l’instaurarsi di un vincolo di vassallaggio nei confronti di Arnolfo. Anche se questo accordo non consentì a B. di consolidare il suo potere nonostante, nel frattempo, Guido di Spoleto fosse morto. Infatti Lamberto fu sì incoronato imperatore da papa Formoso, ma venne scalzato da Arnolfo di Carinzia, incoronato a sua volta nell’896. Arnolfo fu tuttavia costretto a fare ritorno in Germania dove morì nell’899, e lo spoletino riuscì nuovamente ad imporsi. Fu solamente la scomparsa di Lamberto (898) a spianare la strada verso il potere a B. già minacciato da un nuovo pericolo. Nell’899 gli Ungheri giunsero indisturbati fino a Pavia, razziando e devastando; solamente dopo uno scontro presso Verona con le truppe guidate da B. furono costretti a ritirarsi. Il re li inseguì e sul Brenta gli invasori si dimostrarono disposti a restituire il bottino e a liberare i prigionieri. B. respinse l’offerta e affrontò i nemici; i malumori che serpeggiavano fra i suoi armati furono all’origine della disastrosa sconfitta dell’esercito italico. Gli Ungheri approfittarono del successo per metter nuovamente a ferro e fuoco la pianura padana. Il crollo del prestigio favorì il coagularsi dell’opposizione di Adalberto e Berta di Toscana e di altri grandi che, nel 900, con il sostegno di papa Benedetto IV, offrirono il regno d’Italia e la corona imperiale a Ludovico di Provenza. Ludovico fu eletto re a Pavia e incoronato imperatore a Roma, mentre B. si rifugiò nella marca friulana. B. si vide costretto a concedere ampi privilegi e vaste proprietà ai suoi fedeli, o a coloro che intendevano schierarsi dalla sua parte e, in questo modo, contribuì all’introduzione in Italia di un policentrismo del potere che disgregò ulteriormente, attraverso la creazione di vaste isole di immunità feudale, i residui del potere pubblico ereditati dall’età carolingia, depauperando irrimediabilmente il patrimonio demaniale e il fisco regio. Tale frammentazione determinò il tramonto delle giurisdizioni comitali, alle quali si contrapponevano, nelle campagne, distretti minori gravitanti sui castelli, edificati in gran numero come imposto dalle nuove esigenze difensive. In particolare, le chiese episcopali ottennero di restaurare ed edificare mura e torri per contrastare le scorrerie degli Ungheri, ai vescovi furono concessi in ambito urbano, ma non solo, quei diritti pubblici che, in una situazione sempre più caotica, il sovrano non era più in grado di esercitare. B., approfittando del fatto che Ludovico di Provenza era stato costretto a ritornare in patria, riuscì ad insediarsi nuovamente a Pavia. Ludovico, aveva giurato che non avrebbe mai più tentato di varcare le Alpi, ma incurante del giuramento, si ripresentò in Italia e, insediatosi imprudentemente a Verona, città da sempre fedele al suo avversario, nel 905 fu catturato, accecato e, ormai incapace di nuocere, gli fu concesso di fare ritorno in Provenza, dove morì nel 928. Verso il 904, B., versando loro un consistente tributo in denaro, riuscì ad evitare che gli Ungheri devastassero nuovamente l’Italia. La tregua consentì al sovrano di consolidare il suo potere e nel dicembre del 915 fu incoronato imperatore: non è tuttavia chiaro se questo sia avvenuto prima o dopo la vittoriosa spedizione che, sotto la sua guida, sgominò i Saraceni trincerati presso il Garigliano. Attorno al 915 B., vedovo di Bertilla figlia del conte Suppone prese in moglie Anna. La campagna militare fu appoggiata da papa Giovanni X e vi parteciparono Adalberto di Tuscia e Alberico di Spoleto. L’ampiezza della coalizione non contribuì certamente a restituire prestigio al sovrano, come dimostrò nel 921 la discesa in Italia di Rodolfo di Borgogna, che costrinse B. a riparare ancora una volta nella “sua marca”. Una rivolta contro Rodolfo permise a B. di tentare un’ulteriore sortita: l’imperatore si scontrò a Fiorenzuola d’Adda con le truppe dell’avversario e subì una pesante sconfitta. Rodolfo fu tuttavia costretto a ritornare in Borgogna e B., ormai incapace di reagire, ricorse addirittura all’aiuto degli Ungheri che, non riuscendo a conquistare Pavia, la incendiarono. Nonostante il sovrano fosse riuscito a respingere anche Ugo di Provenza, l’odio sollevato da questo gesto, fu probabilmente una delle concause che portarono, il 7 aprile 924, a Verona, all’assassinio di B. Il complotto era stato ordito dagli uomini della marca friulana che, fino ad allora, aveva rappresentato la base essenziale del potere berengariano.

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Bibliografia

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