SCOPOLI GIOVANNI ANTONIO

SCOPOLI GIOVANNI ANTONIO (1723 - 1788)

medico, naturalista

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Ritratto di Giovanni Antonio Scopoli, olio su tela conservato presso la sala consiliare del Comune di Cavalese.

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Frontespizio del trattato "Entomologia Carniolica... methodo Linnaeana" di Giovanni Antonio Scopoli, Vienna 1763.

Nacque a Cavalese (Trento), nel palazzo tuttora adibito a Municipio, il 13 giugno 1723, terzogenito di Francesco Antonio, dottore in diritto, luogotenente imperiale e commissario militare del Vescovo Principe di Trento, e di Claudia Gramola, figlia di Antonio Gramola, patrizio trentino. Secondo l’autobiografia (Vitae meae vices), frequentò le prime scuole a Cavalese e poi studiò presso il ginnasio di Trento. Al termine del corso superiore, continuò gli studi di filosofia ad Hall in Tirolo, per poi trasferirsi a Innsbruck dove frequentò la facoltà di medicina. Nel periodo durante il quale fu studente a Trento e a Innsbruck scoprì e coltivò assiduamente la sua vera passione per la botanica; come S. racconta: «In questo tempo ero sempre attratto dall’interesse per le piante, tanto che, ancora fanciullo, mi recavo sempre da un farmacista, raccoglitore di piante officinali, per imparare il nome e l’uso di esse; e con un erborista compivo escursioni sulle Alpi di Innsbruck, per raccogliervi piante, che poi facevo essiccare, apponendovi il nome farmaceutico o quello ricavato dall’opera di Bauhin». Dopo i tre anni di corso, si laureò ventenne in medicina (1743) e iniziò la pratica medica dapprima a Trento, poi a Venezia sotto la guida di Lotario Lotti. Qui maturò l’esperienza necessaria per pubblicare, nel 1753, la sua prima opera, De affectibus animi dissertatio physicomedica (Trento, Johannes Baptista Paronius, 1753), con la quale anticipò di mezzo secolo le conoscenze sul sistema nervoso. Grazie alla fama ottenuta con la pubblicazione dell’opera prima, S. si guadagnò anche la simpatia del botanico Pietro Burser e una lettera di raccomandazione per il principe vescovo di Graz Leopoldo conte Firmian, che lo prese come segretario privato a Graz prima e a Seckau poi. ... leggi La permanenza in Stiria consentì al giovane S. di recarsi nel tempo libero a Vienna per preparare l’esame di medicina universale, che gli avrebbe consentito di prendere l’abilitazione per esercitare la professione di medico in tutti i territori degli Asburgo. Come lui stesso racconta, l’esame portò un risultato ben maggiore dell’abilitazione: «Pertanto [… nel 1753] mi recai a Vienna e immediatamente mi sottoposi all’esame di abilitazione. A tal fine si riunirono, in una commissione presieduta dall’illustre Van Swieten, sei professori che, dopo avermi tartassato per quattro ore su ogni questione medica, mi approvarono». Il barone Gerardo Van Swieten apprezzò molto il valore del candidato, che difese, in corso d’esame, un nuovo sistema botanico (poi pubblicato nel Methodus plantarum enumerandis stirpibus ab eo hucusque repertis destinata, Vienna, 1754) e gli promise il primo posto vacante per una condotta medica. Anziché la condotta di Linz, alla quale S. ambiva, gli venne destinata quella di Idria, in Carniola, in un piccolo paese importante per le sue miniere di mercurio. La destinazione non gli portò molta fortuna; già durante il viaggio fluviale sull’Inn, che da Hall in Tirolo doveva portarlo prima a Vienna e poi a Lubiana, perse tutti i suoi averi a causa di un naufragio. Lo S. ne ebbe consapevolezza da subito: Idria è «un paese formato da misere casupole costruite dai minatori; già al solo vederla da lontano il cuore, presago, si rattristava alla poco lieta prospettiva di dover trascorrere in quella residenza tanti anni della vita, e furono sedici. Qui lo stipendio del medico condotto era rappresentato da un monopolio sul vino; mi era del tutto ignota la lingua del paese; le idee del direttore delle miniere, circa l’amministrazione del servizio medico, erano completamente diverse da quelle delle autorità dello Stato; avevo l’obbligo di assistere in modo assolutamente gratuito 2000 persone». Tra il 1753 e il 1769, nella permanenza a Idria, subì due incendi della casa, perse i figli e la prima moglie (Albina de’ Miorini, figlia di Carlo Antonio Miorini, segretario della Magnifica comunità generale di Fiemme), nonché dovette sopportare l’istituzione di una farmacia concorrente con quella da lui impiantata al suo arrivo. Certamente, larga parte dei problemi del suo soggiorno a Idria dipesero dagli attriti con Antonio Sartori, direttore delle miniere. Dopo la morte della prima moglie lo S. si risposò, a Lubiana, con Caterina dei Franchenfeldt, il 5 febbraio 1758. La prima richiesta di trasferimento da Idria gli valse soltanto l’incarico di titolare della cattedra di metallurgia chimica nella scuola superiore di Idria, nel 1763, con uno stipendio annuo di 400 fiorini. Fu proprio l’infelicità del luogo a rafforzare in lui il desiderio di dedicarsi ai suoi studi, e a riprendere l’abitudine di lunghe escursioni sulle montagne circostanti per svolgere le sue ricerche naturalistiche, che non solo costituirono la base della Flora Carniolica (Vienna, Trattner, 1760; 2 ed., rifatta secondo il canone linneano, Vienna, Krauss, 1772-78, 2. v.) e dell’Entomologia Carniolica, ma furono anche l’occasione per raccogliere i dati che avrebbe utilizzato nel corso di tutta la vita: come narra nella prefazione dell’Entomologia Carniolica (Vienna, Trattner, 1763) «ricordatevi sempre che non coltivo il teatro della Natura per amore dello studio, ma per sollievo dell’animo, in verità per alleviare i tristissimi dolori della mia esistenza». Durante il soggiorno a Idria, la professione di medico lo spinse a pubblicare i Tentamina physicochymico-medica (3 v., Venezia, 1761; furono ripubblicati a insaputa dell’autore da J. C. T. Schlegel a Jena e Lipsia, Johann Wilhelm Hartung, 1771 e nella traduzione tedesca di Karl von Meidinger a Monaco, Lindauer, 1786) e anche la Introductio ad diagnosim et usum fossilium (Vienna, 1763; ripubblicata in tedesco a Riga e Mietau, Hartknoch, 1769), certamente legata all’attribuzione della cattedra di metallurgia chimica. La fama di queste due opere, lodate apertamente dallo stesso Linneo (S. fu tra i primi ad applicare l’approccio sistematico e la nomenclatura binomia introdotta dallo scienziato svedese nel suo Systema Naturae), valse allo S. sia l’offerta della carica di medico di corte del principe vescovo di Passau (che rifiutò per rimanere al servizio degli Asburgo) sia, più tardi, la cattedra di mineralogia dell’Accademia di San Pietroburgo. Optò invece per la carica di consigliere e professore di mineralogia e metallurgia dell’Accademia Montanistica di Schemnitz (ora Banská Štiavnica in Slovacchia), lasciata vacante da Nicolò Jacquin nel 1767. Il trasferimento a Schemnitz non portò i miglioramenti sperati: oltre al peggioramento della salute (dovuto al laboratorio chimico troppo piccolo) e alla morte della seconda moglie, tra l’insegnamento e la carica di consigliere, allo S. rimaneva pochissimo tempo da dedicare ai suoi studi. Tuttavia le pubblicazioni non si interruppero: scrisse, tra l’altro, le Dissertationes ad scientiam naturalem pertinentes (Praga, 1772), i Principia Mineralogiae sistematicae et praticae […] (Praga, 1772) la Crystallographia Hungarica (Praga, Wolfgang Gerle, 1776), il trattato Introductio ad historiam naturalem, sistens genera lapidum, plantarum, & animalium hactenus detesta, caracteribus essentialibus donata, in tribus divisa, subinde ad leges naturae (Praga, Wolfgang Gerle, 1777) e la seconda edizione della Flora carniolica (Vienna, J. P. Krauss, 1772). Dopo dieci anni di soggiorno ungherese, non ottenendo la cattedra di storia naturale (assegnata a Giacomo de Well), si trasferì nel 1776 a Pavia, dove insegnò come professore di chimica e di botanica nella locale Università e rimase fino alla morte, avvenuta l’8 maggio 1788. La notevole e meritatissima fama dello S., come studioso di scienze naturali, botanica, entomologia, mineralogia, metallurgia, geologia, paleontologia e medicina, e i suoi lunghi soggiorni in svariati luoghi e nazioni d’Europa hanno spinto molti ad attribuirgli i più diversi natali: trentini, austriaci, sloveni, ungheresi, pavesi o anche friulani. Se dall’autobiografia si evince chiaramente che eventuali suoi passaggi per l’attuale Friuli furono soltanto occasionali, il motivo per il quale da sempre è inserito nei repertori bio-bibliografici di interesse friulano è l’importanza locale dei suoi studi botanici ed entomologici, ovvero della flora e dell’entomologia «carniolica». I confini del ducato di Carniola (un ducato all’interno dell’impero austriaco compreso tra la Stiria, la Carinzia, la Croazia, l’Istria e la Contea di Gorizia e Gradisca) sono stati troppo spesso confusi in passato, e anche nella letteratura più recente, e la Carniola è stata identificata ora con la Carinzia ora con la Carnia. Una attenta lettura delle prefazioni appositamente redatte dallo S. invece, è sufficiente a dirimere ogni controversia e a chiarire definitivamente l’ambito geografico delle escursioni naturalistiche condotte nel periodo di Idria e la loro valenza per il territorio friulano. Tra la Carniola e il Friuli nel periodo della dominazione veneta si frapponeva la Contea di Gorizia e Gradisca; tuttavia il significato dell’attributo “carniolico” nel titolo delle due maggiori opere naturalistiche dello S. oltrepassa i confini politici di quel ducato e si allarga per interessare anche territori che fanno parte dell’attuale Friuli Venezia Giulia. È lo stesso autore a rendersi conto, gradualmente, del problema di identificare correttamente il territorio indagato: già nella prefazione alla Entomologia Carniolica (1763) ricorre a una formula generica: «Ecco le osservazioni sugli insetti, da me raccolte per primo nel ducato di Carniola, tra il 1759 e il 1762». Nove anni più tardi, nella seconda edizione della Flora Carniolica (1772), l’autore mostra di essere più consapevole dei problemi di individuazione geografica dell’area corrispondente al ducato di Carniola, e quindi esordisce proprio con un’accurata descrizione: «Il Ducato di Carniola, una parte del vecchio Illirico, e dell’antica Pannonia, confina a occidente con il Friuli, e in parte con il Mare Adriatico, a settentrione con la Carinzia e la Stiria, a occidente [sic!] con la Croazia, a meridione con l’Istria e il Golfo del Quarnaro». L’esordio dimostra certamente una maggiore consapevolezza scientifica nello S. (che infatti, nella stessa seconda edizione, adotta il metodo linneano anche per il regno vegetale); perciò, l’elenco delle escursioni si fa più analitico e si precisa anche cronologicamente. L’introduzione registra minuziosamente le tappe spazio-temporali della ricerca: nel 1755 lo S. percorse i monti e i boschi del distretto di Idria (Montes et sylvas Districtus Idriensis nell’originale), nel 1756 le paludi e il territorio di Lubiana (paludes et Agrum Labacensem); nel 1757 salì sul monte Nanos, nel 1758 indagò il territorio di Škofja Loka (agrum Lokopolitanum), di Krani (Cramburgensem), il monte Storžič (montem Storschetz) e la catena montuosa che si estende fino al fiume Kokra (totam eam Montium catenam, quae usque ad Kanker, continua serie protenditur); l’anno successivo, svolse ricerche nell’area tra Lubiana (Labacum) e Kočevje (Gottschee), sui monti Grintovec (Grindovitz), Kočna (Kotschna) e Kalški Greben (Greben); nel 1760 nei pascoli alpini e nei dintorni del lago di Cerknica (Planinae prata et Zirchizensem Lacum), nel 1761 nuovamente sul monte Nanos e sui monti presso Senožeče (Schenoschtzii montes), nell’area carsica e nei dintorni di Trieste (Kartschiae asperrimos colles una cum Agro Tergestino); nel 1762 in una parte della Carniola superiore e sui rilievi intorno a Bohinjska Bistrica (Carniolam superiorem et Alpes Vochinenses), nel 1764 nel circondario di Gorizia, di Duino e sulla costa adriatica (Goriziensem agrum, Duinum […] ac Littora Maris). Le vicende biografiche dello S. quindi hanno poco a che fare con la storia del Friuli Venezia Giulia, dato che nel complesso le sue ricerche nel territorio attuale della nostra regione sono molto limitate; l’interesse delle due opere sulla Carniola per le ricerche naturalistiche del Friuli Venezia Giulia invece è estremamente rilevante, perché tutto il territorio studiato è, dal punto di vista strettamente naturalistico, omogeneo o molto affine al territorio friulano: è in questo aspetto particolare che si deve cercare e riconoscere l’importanza, certo fondamentale, degli studi naturalistici dello S. per il Friuli.

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Bibliografia

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