PARTENOPEO ERCOLE

PARTENOPEO ERCOLE (1520 - 1615)

ecclesiastico, notaio, letterato

Immagine del soggetto

Frontespizio della "Descrittione della nobilissima Patria del Friuli" di Ercole Partenopeo, Udine 1604.

Sulla famiglia e sulla vita del P. le fonti sono scarse e incerte. Il suo primo biografo, Gian Giuseppe Liruti, afferma che egli nacque a Reana (Udine) da Giovanni, detto Partenopeo per soprannome letterario o piuttosto per avere militato in gioventù nel Regno di Napoli. In realtà Giovanni Cillone o Gillone, detto Partenopeo o Napoletano, fu un ecclesiastico, nominato per la prima volta nelle carte friulane nel 1523 come pre Giovanni di Napoli quale officiante la cura di Ravosa. Un atto del 1538, rogato dal notaio Francesco Leale, segnalato nelle Genealogie dei fratelli Joppi presso la Biblioteca civica di Udine, registra Giovanni Partenopeo come nato nel Regno di Napoli e officiante la cappella di Povoletto e attesta la sua volontà di dotare una figlia di 300 ducati. Un minuto lavoro di spoglio di atti notarili e dell’archivio pievanale di Tricesimo ha permesso a Dionisio Tassini di ricostruire la vicenda di pre Giovanni, che si stabilì a Reana, dove ebbe due figli maschi, E. e Luigi o Alvise, entrambi notai, e una figlia, Clara. Tassini, che evidenzia come tra Quattrocento e Cinquecento ci fosse stata in Friuli una forte presenza di clero originario dell’Italia meridionale, premette la storia dei Partenopei divenuti abitanti di Reana all’edizione da lui curata e tradotta dal latino della cronaca di pre Giovanni Partenopeo, La guerra del Friuli contro i tedeschi (1508-1513), edita nel 1916 e che già il Liruti pensava di pubblicare. E., indicato sempre come Partenopeo, fu sacerdote e notaio di nomina imperiale. Non conosciamo la sua data di nascita, ma, poiché ci restano atti da lui rogati a partire dal 1550, si deduce che fosse nato «verso il 1530», come afferma il di Manzano o «qualche anno prima del 1530», come invece sostiene Francesco Musoni. Quest’ultimo infatti ricorda che il concilio di Trento (1545-63) prescrisse l’età di ventiquattro anni per l’ordinazione sacerdotale, mentre anteriormente vigeva la disposizione di papa Clemente VII (1523-34), in base alla quale era necessario avere raggiunto il trentesimo anno. ... leggi Guglielmo Biasutti ipotizza che se il P. «era già notaio nel 1550, dev’essere nato intorno al 1525». All’incirca nel 1554 il sacerdote ricevette un beneficio di cappellania nella chiesa di Tricesimo; nel 1563 fu nominato parroco di Reana e ville annesse. A lui si deve la trascrizione, effettuata nel 1572, del Catapan della chiesa di S. Maria di Ribis. Nella parrocchia egli fu al centro di polemiche che sfociarono in pesanti querele, come documenta il copialettere di Iacopo Maracco, vicario generale del patriarca Giovanni Grimani. Dopo una prima indagine che gli provocò la sospensione a divinis e dalla cura d’anime in base ad accuse presentate anche dal fratello, tra il 1569 e il 1570 fu implicato in un processo per falsificazione di monete. Fu infatti indicato al Maracco come sospetto di complicità con un laico e con un certo pre Taddio da Reana, nella cui casa erano stati trovati gli strumenti per battere moneta. Il P., denunciato prima davanti al luogotenente e poi consegnato da questo al foro ecclesiastico, fu per un periodo imprigionato, liberato in attesa del processo nel quale questa volta il fratello intervenne a suo favore, condannato in contumacia e bandito dalla diocesi dal Maracco, il quale si opponeva all’appello davanti al Grimani. Il vicario patriarcale infatti sosteneva che una sentenza del vicario generale non poteva essere rimessa al patriarca; inoltre che la natura della colpa non ammetteva revisione e che la condanna del foro ecclesiastico doveva essere severa per non generare la protesta del foro secolare. Nonostante fosse stato alla fine assolto, ma in un ambiente che continuava a essergli ostile, nel 1573 il P. si ritirò a vita privata. Come afferma il Liruti, vendette i suoi beni e anche i suoi rogiti a un notaio di Colloredo abitante nelle vicinanze di Ribis. Gli atti notarili del P. pervenuti sono attestati dal 1550 al 1571. Il Liruti ne possedeva i regesti in quattro tomi; di questi ne restano due autografi: uno degli anni 1552-55 (segnato all’interno Volumen S. T. instrumentorum contractuum notatorum per me, Herculem Parthenopei de Reana, plebanum, imperiali auctoritate notarium) e l’altro degli anni 1563-68. Nella prima metà dell’Ottocento c’era in casa dei nobili Gabrielli a Udine un altro tomo di regesti, consultato da Fabio di Maniago tra le fonti della sua Storia delle belle arti friulane (il documento citato dallo studioso è del 1560). Secondo il Liruti, dopo il 1573 il P. avrebbe lasciato il Friuli, per ritornarvi nel 1604 o qualche anno prima. In effetti, se non sappiamo dove si sia trasferito, comunque un suo rientro è attestato almeno una decina d’anni prima, quando sembra aver messo la sua esperienza notarile al servizio di alcune chiese, trascrivendo i vecchi “catapan”. Probabilmente è suo il rinnovo del Catapan, datato 1594, della curazia di S. Canziano di Crauglio; sicuramente suo quello della chiesa di Chiopris del 1595 e quello di Trivignano Udinese del 1596. Proprio quest’ultimo, che recentemente Andrea Tilatti ha potuto confrontare con l’originale, dimostra un criterio di trascrizione molto disinvolto da parte del P. che non esita a sfoltire registrazioni di nomi, a spostare notizie, dando una lettura talvolta errata o parziale. La sua presenza a Udine è testimoniata almeno dal 1596, vale a dire dall’epoca del patriarca Francesco Barbaro, quando avvenne la sua piena riabilitazione nel mondo ecclesiastico. Infatti, il 7 novembre 1596 il Barbaro, avendo l’anno precedente decretato la divisione della città in otto parrocchie, su proposta della confraternita dei pellicciai lo nominò primo parroco di S. Giacomo. Il P. ricevette l’investitura capitolare, probabilmente perché il capitolo reclamava il diritto di investitura dei parroci urbani, il 5 ottobre 1597. Egli redasse un nuovo catapan della confraternita dei pellicciai e iniziò a tenere i registri canonici della parrocchia. Morì a Udine nel 1615 e fu sepolto nella chiesa di S. Giacomo. Nel 1604 fu stampato un suo scritto, Descrittione della nobilissima Patria del Friuli con l’origine de i popoli, delle città, della castella, et di molti altri luoghi che in essa si ritrovano. L’opera doveva essere, come si legge nelle lettere di prefazione dell’autore e dello stampatore, parte di un lavoro più vasto, andato disperso, sull’origine di tutte le città italiane. Il P. dedica la Descrittione alla Convocazione della comunità di Udine, città definita come «una delle più antiche» della penisola (p. 31). L’autore inizia dalla fisionomia e dalla storia (o dalla mitologia) di tutto il territorio della Patria, dilatandone i confini fino a comprendere Belluno, per esaminare i suoi singoli centri, avvalendosi acriticamente di fonti letterarie, storiche o leggendarie o abbandonandosi al favoloso, in particolare per dimostrare, forzando Plinio e Livio, che Udine (Udina o Utina) sarebbe sorta prima ancora di Aquileia per opera del mitico popolo degli Udini provenienti dalla Scizia, distrutta una prima volta dai Romani, riedificata e poi distrutta dai Galli, riedificata ancora una volta da Giulio Cesare che avrebbe posto la “arx Iulia” su un «collisello», poi aumentato da Attila (p. 32-35). Non soltanto, ma egli quando tratta di Cividale non la identifica immediatamente con la romana Forum Iulii, mettendo in risalto piuttosto che in tutto il territorio esistevano «tanti luoghi così detti Giulii», tanto che fu estesa a tutto il Friuli la denominazione di «Foro di Giulio» (p. 48-49). La Descrizione si colloca così su una linea storiografica di esaltazione dell’antichità di Udine a scapito di Cividale già suggerita agli inizi del Cinquecento dal Sabellico in funzione filoveneziana e contrapposta, ad esempio, a quella del De restitutione Patriae di Niccolò Canussio, più rispettosa delle fonti storiche e archeologiche. Nell’esame settecentesco delle fonti per la storia del Friuli, Paolo Fistulario liquida il P. come uno di quegli autori che pretendono di fare storia partendo dal diluvio o dall’origine del mondo, abbandonandosi alla fantasia, per cui «scrittore poco esatto e pieno zeppo di supposizioni e di favole non prenderemo noi sopra di esso gran briga». Il nome del P. compare in raccolte di versi latini per i luogotenenti Stefano Viario (Corona di poemi ne la volgare et latina lingua, composta da diversi autori, in lode dell’illust. Sig. Stefano Viaro, luogotenente meritissimo de la città di Udine et dela Patria del Friuli, 1599), Michele Foscarini (Poemi volgari et latini di diversi autori in lode de l’ill.mo sig.r Michele Foscarini luogotenente generale de la Patria del Friuli, 1613), Vicenzo Cappello (Componimenti volgari, et latini di diversi illustri autori in lode de l’illustrissimo sig.r Vicenzo Capello degnissimo luogotenente generale de la Patria del Friuli, 1615). Resta inedito un suo breve poemetto latino, In sacrum Glemonae fontem, dedicato ad Alessandro Paolini, maestro e notaio di Gemona, conservato nella raccolta Carmina poetarum Foroiuliensium inedita del fondo Joppi della Biblioteca civica di Udine. Del P. il Liruti ricorda ancora la cronaca De quattuor excursionibus Turcarum per Forum Iulii, di cui asserisce di avere posseduto il manoscritto autografo. Di essa è nota una copia apografa che tramanda soltanto la prima parte (Liber primus), fino al 1477, conservata nella Biblioteca civica di Udine (all’interno del manoscritto 617 del fondo principale, miscellaneo a più mani, De Patriarchatu Aquileinsi), edita a cura di Musoni nel lavoro del 1890 sopra ricordato Sulle incursioni dei Turchi in Friuli. Il Capodagli la attribuiva, senza alcuna motivazione, a Giovanni Partenopeo. Vincenzo Joppi, secondo quanto riferisce il Musoni, nutriva il sospetto che il P. potesse essere stato soltanto il copista di una cronaca di autore anonimo, testimone oculare dei fatti per la minuzia con cui questi sono raccontati. Il Musoni escluse quest’ipotesi per la presenza di molte inesattezze, ma soprattutto perché il P. cita come una delle sue fonti un certo Pietro Andriano da San Vito, fatto prigioniero dei Turchi nell’incursione del 1477. La cronaca sembra così essere stata costruita non su fonti scritte, ma su una tradizione orale, del tutto indipendente da altri lavori sull’argomento precedenti o contemporanei. Il P. inizia il racconto dalle origini della città di Venezia e dalla storia dell’espansione dei Turchi in Europa, per parlare poi delle loro incursioni in Friuli, spostando quella del 1472 al 1475, indicando la città di Udine, come nella Descrittione, ma con l’accettazione di qualche altra tradizione, derivante «a veteri urbis Utinae nomine, nam Atina seu Utina a primis conditoribus, deinde Forum Iulium ab sui instauratore Iulio Caesare, ac demum, sive a priori nomine Utina, sive, ut alii volunt, ab Unnis Utinum» (p. 51). Nonostante le inesattezze, il Musoni evidenzia come la cronaca del P. dia il racconto più esteso dell’incursione del 1477. L’opera fu segnalata nel 1885 dalla Deputazione veneta di storia patria tra quelle della provincia del Friuli che avrebbero meritato di essere edite nella serie Scriptores historiae patriae, ideale continuazione dei muratoriani Rerum Italicarum scriptores, promossa dall’Istituto storico italiano in base a R. decreto 25 novembre 1883. La pubblicò invece pochi anni dopo il Musoni all’interno di un progetto di edizione di fonti e di ricostruzione della storia delle incursioni turche in Friuli.

Chiudi

Bibliografia

Mss BCU, Principale, 621, E. Partenopeo, De bello Foroiuliensi; Ibid., 1446, 1480 (Reana, anni 1552-1555), E. Partenopeo, Volumen S. T. instrumentorum contractuum notatorum per me Herculem Parthenopei de Reana, plebanum, imperiali auctoritate notarium; ASU, Liruti, E. Partenopeo, Volumen S. T. instrumentorum contractuum notatorum per me Herculem Parthenopei de Reana, imperiali auctoritate notarium; mss BCU, Joppi. 287, E. Partenopeo, In sacrum Glemonae fontem, in Carmina poetarum Foroiuliensium inedita; Ibid., Principale, 877/11 (anche ASU, Liruti, 29 e 32) Catalogo autografo libreria signori Liruti; ms BCU, Principale, 3819, G. B. della Porta, Index alphabeticus notariorum patriae Foriiulii; I. MARACCO, Copialettere, ms BBU, 139 (ed. G. PAOLIN, L’Inquisizione nel Patriarcato e diocesi di Aquileia, 1557-76, Trieste, EUT, in corso di stampa); ms BCU, Joppi, 710a, V. Joppi, Letterati friulani, I, parte II, n. 31.

E. PARTENOPEO, Descrittione della nobilissima Patria del Friuli con l’origine de i popoli, delle città, della castella, et di molti altri luoghi che in essa si ritrovano, Udine, Natolini, 1604 (riedito parzialmente a cura di F. MUSONI, Udine, Patronato, 1890, 21-23); ID., Corona di poemi ne la volgare et latina lingua, composta da diversi autori, in lode dell’illust. Sig. Stefano Viaro, luogotenente meritissimo de la città di Udine et de la Patria del Friuli, Udine, Natolini, 1599; ID., Poemi volgari, et latini di diversi autori in lode de l’ill. ... leggimo sig. Michele Foscarini luogotenente generale de la patria del Friuli, Udine, Lorio, 1613; ID., Componimenti volgari, et latini di diversi illustri autori in lode de l’illustrissimo sig.r Vicenzo Capello degnissimo luogotenente generale de la patria del Friuli, Udine, Lorio, 1615.

LIRUTI, Notizie delle vite, II, 216-218; P. FISTULARIO, Discorso sopra la storia del Friuli detto nell’Accademia di Udine. Addì X Maggio dell’Anno MDCCLIX, Udine, Accademia di Udine, 1769, 12, 16; DI MANZANO, Cenni, 153; SOMEDA DE MARCO P., Notariato, 79-80; G. BIASUTTI, La parrocchia di S. Giacomo di Udine. Cenni storici, Udine, AGF, 1960, 54-55; B. PITASSI, Il Catapan della chiesa di S. Maria di Ribis, in Archivi del Rojale, I, a cura di F. VICARIO, Udine, Comune di Reana del Rojale, 2003, 15-47; A. TILATTI, I Catapan di Trivignano udinese (secoli XIV-XVI), Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 2006.

Chiudi

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *