PACIANI GABRIELE

PACIANI GABRIELE (1712 - 1793)

notaio, letterato, poeta

Immagine del soggetto

Sonetti di Gabriele Paciani composti per le nozze di Guglielmo de' Claricini e Laura Megaluzzi, Cividale 1768.

G. P. nacque a Cividale il 7 novembre 1712, da Sebastiano e Lodovica Candido. Notaio, si dedicò, insieme al fratello Ottaviano, all’esercizio delle lettere, emergendo entro la società letteraria locale. Il capostipite Francesco, presente nel Cinquecento a Cividale, secondo riscontri settecenteschi, proveniva da antica casata modenese e si distinse come notaio, maestro pubblico e autore di favole, dando impulso a una sorta di tradizione familiare che legava attività notarile e gusto letterario. Su G. si soffermano i repertori biografici, mentre la produzione letteraria in friulano nota lo fa annoverare, nelle principali antologie, tra le figure più interessanti del Settecento. L’apertura alla consultazione della biblioteca del Museo archeologico nazionale di Cividale ha permesso il rinvenimento (Bogaro) di un significativo autografo e di carte varie dell’archivio di famiglia che hanno consentito una conoscenza relativa dell’autore. Primogenito di tre fratelli e di una sorella (Ottaviano e Reniero, notai e cultori della poesia, Francesco, canonico presso la collegiata di Cividale, e Leocasta), studiò probabilmente a Padova, come Ottaviano, che si radicò però nella città (ancora studente venne ascritto all’Accademia dei Ricovrati, più tardi avrebbe fatto parte di quella degli Arcadi). Nominato notaio collegiato nel 1735, nel 1737 subentrò al padre, che coadiuvava già da alcuni anni, nell’incarico di “ragionato delle chiese, scole et altri” (per l’Index notariorum del della Porta l’attività notarile copre un arco lungo, disponendosi tra il 1733 e il 1793). Pare risalire al 1749 il matrimonio con Teodora Pavona di Udine, dalla quale non ebbe figli. ... leggi Il P. morì il 23 febbraio 1793 e venne sepolto presso la chiesa di S. Stefano nella tomba di famiglia. L’attività poetica del P. prese avvio nel 1735, anno in cui l’autore dedicò due sonetti alla visita a Cividale del patriarca Daniele Dolfin, applicandosi poi al repertorio vario dei componimenti d’occasione. Comparve in raccolte encomiastiche del tempo, forse in numero maggiore rispetto a quelle note (sei sonetti per la miscellanea in omaggio al provveditore Agostino Mosto, 1765, due per Nozze de’ Claricini e Megaluzzi, 1768, un sonetto friulano per il quaresimale dell’abate Marco Regolo, 1785), ma in misura sicuramente esigua rispetto alla consistenza del corpus. Questo ci viene restituito dai testimoni apografi della Biblioteca civica di Udine e dall’autografo della biblioteca del museo cividalese: Poesijs furlanis e italianis di me Gabriel Pacian di Cividat del Friul, con versi friulani, italiani, latini e veneti. A fine Ottocento altri scritti furono affidati alle stampe in una pubblicazione per nozze del 1873 e su «Pagine Friulane» e su «Forum Iulii», in resoconti biografici o nelle antologie successive. I testi noti segnalano la contiguità con Ermes di Colloredo, suggerendo per il P. un «ruolo di interprete […] della poesia del Colloredo e di anello di congiunzione con Zorutti». Contiguità che si realizza, a livello linguistico, nella scelta coerente di un friulano centrale, nello scarto con la variante marginale, per un’opzione che riflette l’assestarsi della koinè. Agisce la fortuna del modello collorediano, rendendo scoperta l’adesione, per lingua come per contenuti, sia pure spurgati da licenziosità e malizie accese. È soprattutto l’autografo, nella sua poliedrica varietà di temi e nella cornice assegnata, a tratteggiare la personalità del P., a permettere valutazioni del suo contributo e confronti più stringenti con i contemporanei. I componimenti vi figurano secondo uno schema pensato, con l’avvertimento Al lettor, rimandi interni e note che suggeriscono l’ipotesi di una destinazione pubblica. Accettato per il friulano il canone secentesco, con garbata censura intonata alla moralità del secolo («sei dit senze bausje / Che la so Muse a je un poc spurchitte / Che olleve un poc lavade in te lissje», [sia detto senza bugia che la sua Musa è un po’ sporchina, che doveva essere lavata un poco nella lisciva]), lo spettro degli spunti poetici è ampio. L’influenza del Colloredo è viva negli affondi sociali, nella polemica che investe nobili recenti o preti libertini, nell’acuta resa di fenomeni di costume (le bizzarrie della moda, i cavalier serventi). È viva in descrizioni della natura di gusto arcadico, in abilità tecniche e compiacimenti descrittivi, mentre gli schemi secenteschi ritornano nelle conclusioni ad effetto. Il P. è comunque interprete del suo tempo (la sua funzione è riconosciuta entro la piccola società letteraria cividalese), non privo di accenti e prospettive personali. Nel corpus complessivo figurano ragionamenti sul fare poetico, a tratti di maniera, meditazioni morali e religiose, professioni di fede, ed è scontato ma consistente il filone encomiastico con la poesia d’occasione. L’aggancio alla storia è serrato nei testi contro i decreti imperiali per la tolleranza religiosa (1782) e per il divieto al culto delle reliquie (1784), nonché, con diversa apertura nonostante il distico finale restrittivo («volar monarchi e re non mai disdice, / ma a sudditi il volar non sempre lice»), nel sonetto Sopra la nuova macchina inventata e riuscita nella Francia girante per aria, che plaude al pallone aerostatico. Il P. si inserisce nel filone di traduzioni devote in friulano con le versioni del Dies irae, Si quaeris, Stabat mater, mostrando una tendenza al libero sviluppo delle immagini. Per il friulano, motivo di interesse specifico è la ricchezza lessicale, la densità di apporti e sfumature inedite, di riferimenti settoriali (all’ambito del costume e della moda), ignorati dai repertori. Non trascurabile infine la testimonianza di «plin», per più (“pin”), attestato in area carnica, e di «allon», andiamo, frequente nel goriziano.

Chiudi

Bibliografia

Testi di G. PACIANI compaiono nelle seguenti raccolte: Raccolta di componimenti poetici, in occasione che termina il glorioso suo reggimento s.e. il sig. Agostino da Mosto, provveditore e capitano di Cividale del Friuli, Cividale del Friuli, de’ Valeri, 17652; Componimenti poetici per le nozze Claricini e Megaluzzi, Cividale del Friuli, de’ Valeri, 1768; Raccolta di attestati di gratitudine della città di Cividal del Friuli compiendo […] il suo quaresimale il nobile sig. conte abbate Marco Regolo, Udine, Gallici, 1785; Sonetti, Cividale, Fanna, 1873 (nozze Mijlini-Loro). In riviste: «Forum Julii», 15 maggio 1886; «Pagine friulane», 3 (1890), 42, 72, 88; 4 (1891), 12; 5 (1892), 62, 156.

CHIURLO, Antologia, 226-227; A. DE BENVENUTI, Il Settecento friulano attraverso l’attività poetica di Gabriele e Ottaviano Paciani, «Atti dell’Accademia di Udine», s. VI, 9 (1945-48), [estratto Udine 1949]; PELLEGRINI, Tra lingua e letteratura, 200-201; A. BOGARO, I versi di Gabriele Paciani (1712-1793) secondo l’autografo, t.l., Università degli studi di Trieste, a.a. 1995-1996; ID., Gabriele Paciani, poeta e notaio, in Cividât, 551-558.

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *