PAGLIARINI GIOVANNI

PAGLIARINI GIOVANNI (1809 - 1878)

pittore

Immagine del soggetto

Ritratto dei coniugi Zucco, olio su tela di Giovanni Pagliarini, 1851 (Udine, Civici musei).

Nato a Ferrara nel 1809 da Francesco e da Eleonora Azzolini, dopo un discepolato in quella città presso Gregorio Boeri e il milanese Giuseppe Sarolli, frequentò l’Accademia di belle arti di Venezia, dove ebbe per maestro Odorico Politi dal 1829 al 1833, anno in cui nella città lagunare sposò Antonia Tagliapietre. Frequentò quindi, tra il 1834 ed il 1835, la scuola di pittura di Pietro Benvenuti presso l’Accademia di Firenze, al termine della quale si recò a Vienna per copiarvi quadri italiani. Da Vienna passò a Trieste e vi aprì «un modestissimo studio che soleva chiamare il Pantheon ferrarese, avendovi dipinto sulle pareti tutti i grandi uomini della sua città: Nicolò Ariosto perché aveva dato i natali a Lodovico, Fulvio Testi, Gabriele Chiabrera, il canonico Manini, e una gran folla di altre celebrità in toga, armature od abiti principeschi, compresa la Parisina che mostrava Ugo ad Antonio Somma» (Caprin). A Trieste P. eseguì numerosi ritratti (oggi in collezioni private) per la ricca borghesia del luogo e quadri di genere (Ballo di mandriani nella campagna di Trieste; Ballo in trattoria; Ritratto di ostricaio; Contadino che mangia la zuppa) che per lo più si conservano nei Civici musei: opere che mostrano tutte sicura padronanza di mano e, nella ritrattistica, se pur con qualche durezza di tratto, una fedeltà al soggetto quasi “fotografica”, capace tuttavia di cogliere le intime emozioni. Non è un caso se, fino al 2004, i ritratti di Elena e di Nicola Botta dei Musei Provinciali di Gorizia erano attribuiti a Giuseppe Tominz. A Trieste P. portò a termine un dipinto storico di bella dimensione, Imelda e Bonifacio (Trieste, Civico museo Revoltella), datato 1835 e quindi verosimilmente iniziato a Vienna; tra il 1841 ed il 1842 probabilmente eseguì anche un quadro raffigurante l’Apparizione di s. ... leggi Giorgio per la loggia della pretura di Pirano. Intorno al 1840 si trasferì a Udine e vi rimase fino al 1859, partecipando alla vita culturale cittadina, presentando sue opere alle esposizioni di belle arti ed eseguendo ritratti e dipinti di carattere sacro non solo per le chiese della città (ad esempio La predica del Battista, 1855, nella chiesa di S. Cristoforo, dipinto nel quale inserì il proprio autoritratto), ma anche per il duomo di Capodistria (Immacolata Concezione, 1855), di Grado (Madonna del Carmine, 1855) e di Pirano. Per quest’ultima città eseguì una pala d’altare di straordinaria grandezza (790 x 515 cm circa), raffigurante, con insolita iconografia, il Martirio di s. Giorgio, per dipingere la quale affittò un magazzino adiacente alla basilica della Beata Vergine delle Grazie in cui dovette aprire, nel muro che dava sulla strada, due finestre, il che non fu gradito da un impresario locale. Al 1852 risale il dipinto più noto, La famiglia dell’ingegner Lavagnolo (Civici musei di Udine): particolarmente felice nell’impaginazione, nella resa cromatica e nella presentazione dei personaggi, correttamente messi in posa, costituisce uno dei migliori risultati di quel realismo borghese che intorno alla metà dell’Ottocento si impose nella cultura italiana. L’impostazione del quadro sarebbe stata, qualche anno dopo, quasi puntualmente ripresa in un dipinto raffigurante La famiglia del Plebiscito (Ferrara, Museo civico dell’Ottocento), in cui il ferrarese Frassoldati tiene in mano un foglio con i risultati del plebiscito del 1860 che annetteva Ferrara al nuovo Stato italiano. Tra i quadri “udinesi” vanno ancora ricordati almeno il Ritratto dei coniugi Zucco, il Ritratto del dott. Giuseppe Sabbadini del 1851, quello coevo della moglie Caterina Sabbadini e il Ritratto di Emilio Nardini (tutti nei Civici musei). Nel 1859 P. rientrò a Ferrara, portando con sé dipinti già eseguiti (una Madonna con Bambino, entro una cornice intagliata da Antonio Marignani, oggi al Museo civico dell’Ottocento di Ferrara) o incompiuti, tra i quali la grande tela raffigurante S. Pietro che predica la buona novella alle genti, destinata alla Certosa di Ferrara. Nella città natale ricevette numerose commissioni di lavoro, per lo più ritratti (conservati nella Pinacoteca comunale, in municipio e in collezioni private), insegnò nella Civica accademia ed eseguì copie di dipinti. Si spense il 5 agosto 1878.

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Bibliografia

F. I., Una visita allo studio del pittore Pagliarini, «L’alchimista friulano», 3/48, 28 novembre 1852; G. CAPRIN, Tempi andati. Pagine della vita triestina (1830-1848), Trieste, Stabilimento artistico tipografico G. Caprin, 1891, 118-120; C. SAVONUZZI, Ottocento ferrarese, Ferrara, Cassa di risparmio di Ferrara, 1971, 74-77; A.P. TORRESI, I dipinti dell’Ottocento e Novecento. Note sulla tecnica e sul restauro, Ferrara, Liberty house, 1990, 26-31; G. MARTINELLI BRAGLIA, Pagliarini, Giovanni, in La Pittura in Italia. L’Ottocento, Milano, Electa, 1991, 943-944; EAD., Giovanni Pagliarini (1809-1878), pittore ferrarese a Udine, «Ce fastu?», 70/1 (1994), 91-103; Neo-estense. Pittura e restauro a Ferrara nel XIX secolo, a cura di L. SCARDINO - A. P. TORRESI, Ferrara, Liberty house, 1995, 118-121; L. SCARDINO, Il pittore errante: appunti su Giovanni Pagliarini, in Dentro e fuori le mura. Quattro testi sull’arte ferrarese moderna, Ferrara, Liberty house, 2003, 33-84; E. MOGOROVICH, Trieste, l’Istria, Udine: le tappe della maturità artistica di Giovanni Pagliarini, «Neoclassico», 25 (2004), 89-117; G. BERGAMINI, in Tra Venezia e Vienna, 424-431; E. MOGOROVICH, L’attività di Giovanni Pagliarini a Udine: approfondimenti e precisazioni, «Ud. Boll.», 10 (2007), 81-89.

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