DELUISA ANTONIO

DELUISA ANTONIO (1906 - 2004)

insegnante, scrittore

Immagine del soggetto

Lo scrittore Antonio Deluisa, '€œToni de Basse'€.

Nato a Joannis di Aiello (Udine) nel 1906, D. studiò presso l’Istituto magistrale di Gradisca d’Isonzo, sostenendo l’esame di stato a Trieste nel 1925. Maestro elementare prima (e per lungo tratto) a Palmanova, poi a Udine, direttore di «Maestri friulani», mensile dell’Associazione italiana maestri cattolici di Udine, D. morì a Udine il 9 febbraio 2004. Si firmava anche Toni de Basse. A Strassoldo, dove la famiglia gestiva un’osteria, è legata l’infanzia e, in prima battuta, la stessa scrittura: con apporti dal respiro breve (nella serie I cognomi indigeni del Friuli, due Ricette del 1614, che sconfinano nello scongiuro), accolti nel «Ce fastu?» del 1929; con due leggende (L’ancone dai Vieris [L’ancona dei Vieris], Àtile e Sansòn [Attila e Sansone]), accolte nel «Ce fastu?» del 1932; con monografie di peso maggiore allestite con il fratello Luigi (Tradizioni e costumi a Strassoldo e nel Cervignanese, Le chiese di Strassoldo e altre notizie). Strassoldo resta termine fondante anche per Friuli redento, che osserva la prima guerra mondiale nella prospettiva di un’area assurdamente in bilico tra Austria e Italia. In Friuli redento sedimentano i ricordi maturati nella Strassoldo della fanciullezza, con a rincalzo brani di giornale, canzoni, ricordi che si declinano in un racconto piano, svelenito, che non avverte l’istanza della protesta (anche le decimazioni si giustificano con la «ferrea legge di guerra»), pur nella religione dei caduti. ... leggi Il volume si chiude con l’immagine dei morti austriaci sepolti nei cimiteri comuni: «per essi non manca mai un fiore né il cristiano suffragio delle preghiere della nostra gente». A Friuli redento si affianca Ci conobbero nella tormenta, antologia di scrittori che hanno avuto modo di incontrare (e di apprezzare) il Friuli durante la guerra. Una doppia chiave: lo sguardo interno, l’archivio doloroso (ma intatto, sorgivo) dell’infanzia, e lo sguardo esterno, più esercitato (e insieme sorpreso). Articolazione doppia propone anche la seconda guerra mondiale, con l’esperienza della prigionia, tra Polonia e Germania, che si deposita nel registro della poesia e poi recupera la misura più distesa del diario. I versi di Lontan dal fogolâr [Lontano dal focolare] si assestano in schemi chiusi, ma cantabili, senza scarti rispetto alla tradizione, e sono ben dieci i testi messi in musica nel perimetro del lager dal milanese Enrico Cagna-Cambiati. Con una topografia chiara: «Une barache fra tantis barachis / e intor reticolas, tanc’, che ti ’suàrbin; / e fumate che flusche dut, nulazzis… / E nô ’o sin numars che nel nuje si piardin…» [Una baracca fra tante baracche / e intorno reticolati, tanti, che ti frastornano; / e nebbia che offusca tutto, nuvoloni… / E noi siamo numeri che nel nulla si perdono…]. Anche la fame, il freddo, l’incubo del reticolato, la baracca con i suoi disagi, i parassiti, allentano l’asprezza del segno, per cedere al tocco morbido e intenerito degli affetti: memorie di casa, bimbi, ninnenanne, la trama confortante della preghiera. Con l’epilogo felice, con il rimpatrio ormai prossimo: «’O vorès fabricati une ciasute / in miez dei ciamps…» [Vorrei costruirti una casetta / in mezzo ai campi…], e il componimento si snoda battendo sulla rima «ciasute» [casetta], «plantute» [piantina], «fueùte» [fogliolina], «scunute» [culletta]. La cifra della raccolta è proprio il diminutivo, profuso a piene mani. Non è priva di interesse la premessa ai versi. I friulani fanno gruppo, muro compatto, e nella villotta trovano una risorsa, un conforto. Con il convincimento fermo che «il nestri patiment, pur di lontan, al jere pal nestri fogolâr, pe’ nestre int» [la nostra sofferenza, pur da lontano, era per il nostro focolare, per la nostra gente]. E la legittimazione del dolore: «i tesàurs del spirit ’e son chei che durin oltre duc’ i secui» [i tesori dello spirito sono quelli che durano oltre tutti i secoli]. È più tarda l’uscita del diario, un diario rivisto, fitto di notizie e di sentimenti: Di lager in lager. I. M. I in Polonia e in Germania 1943-1945, dove I. M. I. sta per internati militari italiani. Vi si possono spigolare scorci che sono la redazione in prosa di temi svolti in poesia: «All’aperto, facciamo tutt’uno con la neve. Siamo un gruppetto di friulani, riparati da una coperta e cantiamo la villotta che comincia così: ‘O tu stele, biele stele’. E poi giù lacrimoni sul tappeto bianco. Mangeremo… domani». E opportuno è l’inquadramento: «Queste liriche le scrissi allora, come mi fu possibile, in fretta, di nascosto, su pezzi di carta di giornale o di cartone; poi, man mano che le scrivevo, le leggevo agli amici friulani e così anche questo fu un modo per sentirci uniti nella lontananza da casa…». La grande storia si incrocia con la vicenda del singolo, dell’autore assunto in sé e come soggetto rappresentativo. Una vita lunga e operosa quella di D. La bibliografia locale allinea contributi suoi su Strassoldo, Jalmicco, Udine. Un omaggio alla città per il suo millenario si può considerare Udine nella voce della poesia, una antologia compilata nel 1983, ma edita in seguito. Dopo Lontan dal fogolâr D. ha stampato altri versi e prose, soprattutto nelle riviste della Società filologica friulana, ma si cita ancora Su la puarte dal paradîs [Sulla porta del paradiso], un atto unico con dedica a Zaneto, Giovanni Schiff, figura singolare di sacerdote e di poeta, un atto unico calato nel 1969, l’anno in cui l’uomo ha messo piede sulla luna. Sulla porta del paradiso non giunge più nessuno e l’azione, per la verità gracile, fa perno su un Signore e san Pietro appena appena caricaturali, con a rincalzo alcune comparse. Una «delicata invenzione poetica» (Medeot): anche in paradiso è la posta a recapitare le novità, con l’inguaribile ritardo provocato dagli scioperi, ed è il cannocchiale a consentire di scrutare le cose di questo mondo. Con il ricorso ad anacronismi lessicali e tecnologici, accanto a intercalari proverbiali, inserti di italiano approssimativo in bocca friulana: il «canocjâl» appunto, il «reoplan», aeroplano, il «telefòn», «siopero» e «matusa», in accezione marcatamente comica. L’ombra lieve e non sofisticata del sorriso, non senza obiettivi pedagogici.

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Bibliografia

Ialmicco (cenni storici), Udine, AGF, 1946; Lontan dal fogolâr, Disegni di M. Moretti, Udine, Pellegrini, 1947; Ci conobbero nella tormenta (Friuli 1915-1918), Udine, AGF, 1965; Su la puarte dal paradîs (un at), «Sot la nape», 22/1-2 (1970), 51-64; Friuli redento (Ricordi e testimonianze), Presentazione di A. Bonetto, Udine, Missio, 1973; Tradizioni e costumi a Strassoldo e nel Cervignanese, Lettera a mo’ di premessa di G. D’Aronco, in collaborazione con L. Deluisa, Strassoldo, Pro loco, 1978; Di lager in lager. I. M. I in Polonia e in Germania 1943-1945, Presentazione di G. Bertetti, Udine, Missio, 1981; Udine nella voce della poesia (antologia di autori vari), Presentazione di F. Costantini, Udine, Missio, 1986; Le chiese di Strassoldo e altre notizie, in collaborazione con L. DELUISA, Strassoldo, Pro loco, 1985.

DBF, 283; [G.] D’A[RONCO ], Recensione a Lontan dal fogolâr, «Ce fastu?», 23/1-4 (1947), 47; Mezzo secolo di cultura, 95; L. PERESSI, Puntualizzazioni sulla friulanità del Goriziano, «Sot la nape», 26/3-4 (1974), 13-16; C. MEDEOT, L’Istituto magistrale di Gradisca (1909-1926), Presentazione di B. Cadetto, Udine, SFF, 1977, 125-126, 132 e 135; ID., Recensione a Tradizioni e costumi a Strassoldo e nel Cervignanese, «La Panarie», n.s., 12/43 (1979), 88-89; D’ARONCO, Nuova antologia, III, 93; L. DE CILLIA, Recensione a Udine nella voce della poesia, «Quaderni della FACE», 69 (luglio-dicembre 1986), 96-97; C. GABERSCEK, Recensione a Le chiese di Strassoldo e altre notizie, «Sot la nape», 38/1 (1986), 90-91; FAGGIN, Letteratura, 174; L. PERESSI, Mandi, mestris «di frontiere». Ricuart di Toni Deluisa e Nelso Tracanelli, «Sot la nape», 56/2 (2004), 8-9.

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