BRUNI BRUNO

BRUNI BRUNO (1929 - 1997)

fotografo, poeta

Immagine del soggetto

Il poeta Bruno Bruni.

Nato nel 1929, crebbe a Casarsa (Pordenone) dove, adolescente, partecipò all’intensa stagione poetica e pedagogica pasoliniana che sfociò negli «Stroligut» e nell’“Academiuta di lenga furlana”. La vita professionale e artistica si dispiegò quindi a Venezia (e poi a Mestre), dove era dal 1950. Maestro elementare, sindacalista, politicamente impegnato (la figlia ricorda la sua adesione, da giovanissimo, alla Resistenza e quindi al Partito comunista), restò latente in lui la vena poetica, mentre l’impulso creativo sfociò nella ricerca fotografica. A Venezia infatti si avvicinò alla fotografia con i rudimenti appresi nel laboratorio dei Ciol a Casarsa e conobbe Carlo Mantovani, socio della Gondola, noto circolo che, sulla lezione di Paolo Monti, ricercava una espressività originale, non retorica. B. si distinse per linearità di forma ed evidenza di contenuti (soggetti sono l’amata pianura e i bambini, in rapporto con elementi semplici ed essenziali del paesaggio), ricevendo riconoscimenti in Italia e all’estero. Dagli anni Sessanta diventò centrale l’insegnamento (a Mestre presso la Scuola elementare Cesare Battisti, ma anche all’Istituto magistrale), che seguì con libera passione pedagogica. I fili con Casarsa si riallacciarono con la pubblicazione del volume Il ragazzo e la civetta (dal titolo del componimento apparso sul numero 1 de «Il Stroligut») del 1993. Dopo la scomparsa, avvenuta nel 1997, sarebbe stato sempre il comune di Casarsa a sostenere l’edizione di un libretto postumo di immagini fotografiche e testi che si dispongono come sintesi della maturità (2002). Nel 1945 B. era appena sedicenne, ma le brevi prove poetiche che trovavano spazio sulle riviste dell’“Academiuta” mostrano l’attitudine ad assorbire la lezione pasoliniana, che versi aperti a inquieti silenzi accolgono con originalità. I temi si svolgono su parole-luoghi simbolo, «poveramente particolati» (Michelutti): «aga», acqua, «çamp», campo (e «çamps imbarlumìs», campi abbagliati), «fantat», fanciullo, «fantata», fanciulla, «luna», «rosada», rugiada («i fantas laju ta li Mirisçis / a incoronin d’arzent / il sen di rosada matutina / di una fantata tal rival» [i ragazzi laggiù alle Mitisçis / incoronano d’argento / il seno di rugiada mattutina / di una ragazza sull’argine]), «seil», cielo. ... leggi Il senso di morte attrae e pervade la natura («Sì, la muart! / i la sint tal me cuarp / pognet ta la çera, / i la sint ta li fuejs blancis / da li acassis / q’a planzin al seil vissin» [Sì, la morte! / la sento nel mio corpo / adagiato sulla terra, / la sento nelle foglie bianche / delle acacie / che piangono al cielo vicino]), additando l’oblio («nu i crodin di vivi beas… / e i no savin qe dut al è un dols ingian» [noi crediamo di vivere beati… / e non sappiamo che tutto è un dolce inganno]). Nella scarna produzione posteriore, in italiano, ritorna, accanto al mito del tempo di Casarsa, memoria di esperienza militante di poesia e di vita, il sentimento della perdita, del decomporsi delle cose come delle parole. Il timp di un fantat [Il tempo di un ragazzo], centrale in Il ragazzo e la civetta, è la rievocazione in versi del periodo casarsese. B. ripercorre gli ultimi viaggi a Udine, dove frequentò con Nico Naldini il Liceo ginnasio Stellini, l’arrivo di Pasolini a Casarsa, il 1943, la scuola di San Giovanni per i ragazzi confinati dalla guerra e i suoi entusiasti mentori, il bisogno di scrivere, lo «Stroligut» e l’“Academiuta”, a dire il «tenero desiderio di poesia» che nutre i «menestrelli» della lingua friulana di una nuova tradizione. La centralità di Pasolini è evidente. Dopo l’allontanamento del poeta, seguito fino alla tragica chiusura, B. abbandonò definitivamente Casarsa. Un testo di B. accolto ne «Il Stroligut» esemplifica anche l’esercizio della traduzione in friulano, intesa da Pasolini come «passo più probatorio per una sua promozione a lingua» (1947), non una traduzione letterale ma capace di ricevere e ricreare il testo nel sistema linguistico e fonosimbolico d’arrivo. La versione di B. è tratta da The Solitary Reaper [La mietitrice solitaria] del romantico W. Wordsworth, in suggestiva sintonia con i temi casarsesi, e già dal titolo reso liberamente con La fantassuta tal çamp [La fanciullina nel campo]. La raccolta del 2002 unisce sedici poesie già disposte dall’autore con il titolo Frammenti, più quattro rinvenute tra le carte, dove la musicalità di un friulano marginale e nuovo, ormai oltre il confine, abdica all’italiano. Racchiudono, molte, una sorta di considerazione morale, in linea con l’inclinazione pedagogica. L’osservazione della natura piega il senso di mistero a una visione interiore. I rapporti umani, oltre il segno caloroso degli affetti positivi, si fanno specchio del presente che distanzia e allontana, nella diffusa indifferenza e nella presenza stridente di rumori veloci, lontani dalle avvolgenti voci di uomini e cose del mondo contadino. Così, Casarsa appare divisa tra la parte «convulsa e avida d’affari» e quella «raccolta e fedele alla memoria […] / […] che ancora di me e dei miei pensieri / trattiene traccia». Oltre la parabola esistenziale che accomuna gli uomini nei dolori della scoperta di sé e della perdita, affiora l’amaro di una contemporaneità tutta «intrecci di scambievole profitto» e lo scatto contro «la follia e la disgregazione / di un mondo perso / in una nuvola elettronica» che spazza via la parola, un tempo allenata dalla speranza e unita al pensiero in «fertile abbraccio», per essere strumento di libertà.

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Bibliografia

Scritti di B. Bruni: Discors tra un fantat e na suvita, «Il Stroligut», 1 (1945), 13; Matutin, ibid., 14; A sighin i usiei, ibid., 14; W. Wordsworth, La fantassuta tal çamp, ibid., 20; Freida e calma l’aga dal fossal, ibid., 2 (1946), 10; Il ragazzo e la civetta. Percorsi di un allievo dell’Academiuta di Pasolini, Introduzione di G. Mariuz, Udine, Campanotto, 1993; Frammenti, poesie 1995-1997, Presentazione di G. Mariuz, Casarsa della Delizia, Forum Democratico, 2002.

DBF, 123; P.P. PASOLINI, Dalla lingua al friulano, «Ce fastu?», 23/5-6 (1947), 24-26; ID., L’Academiuta di lenga furlana e le sue riviste, a cura di N. NALDINI, Vicenza, Neri Pozza, 1994; M. MICHELUTTI, Antologia di una scuola poetica, in Ciasarsa, 449-462.

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