BOIANI BENVENUTA

BOIANI BENVENUTA (1255 - 1292)

beata

Immagine del soggetto

Capolettera dal Messale Boiani. (Cividale, Museo archeologico nazionale, cod. LXXXVI, f. 239r).

La data di nascita di B. B. viene abitualmente fissata al 4 maggio 1255, a Cividale. Essa è stata calcolata in base ai dati desumibili dalla leggenda agiografica, scritta poco dopo il 1294 dal suo confessore, che è normalmente e con verosimiglianza identificato nel frate predicatore Corrado di Castellerio. Secondo il biografo, B. sarebbe stata la settima figlia femmina di Corrado de’ Pertica, detto Boiano, il capostipite della famiglia Boiani gemmata da un ramo dei Pertica e della sua prima moglie, Albertina da Bottenicco. Sfruttando i documenti archivistici si può determinare che Albertina morì l’8 marzo 1271 e che Boiano si sposò nuovamente con una non meglio nota Corradina, prima di morire, il 4 aprile 1280. Inoltre, si conoscono i nomi di almeno cinque sorelle e due fratelli di B.: Sofia (vivente nel 1292), Maria († 1298) che restò nubile e le fu vicino nella scelta penitenziale, Corradina († 1298) e Matilde († 1321) che si sposarono, Beatrice († 1342) che fu monaca e badessa del monastero di S. Maria in Valle, Giacomo († 1328) frate predicatore e Paolo († 1335) che continuò e consolidò le fortune della stirpe, affermandone il ruolo eminente in Cividale e assicurandole una discendenza maschile. Queste precisazioni sulla famiglia Boiani sembrano suggerire che la tradizione per cui B. sarebbe stata la settima figlia femmina di Boiano va probabilmente ascritta a uno stereotipo agiografico, il quale tuttavia non è eccessivamente discosto dalla realtà di una famiglia effettivamente numerosa e ricca di presenze femminili. La leggenda, sebbene la si debba assumere sempre con una certa cautela, rimane la fonte pressoché unica che consenta di trarre notizie esplicite circa la figura di B. Non mancano tuttavia documenti che possano, sia pure in modo indiretto, confermare il racconto tramandato dall’agiografo, il quale del resto si rivela abbastanza attendibile, specialmente per gli ultimi anni di vita della beata. ... leggi Esso fu, infatti, redatto poco tempo dopo la morte di B. e sulla scorta dei ricordi personali dell’autore e delle testimonianze oculari di persone vissute a stretto contatto con la protagonista. Resta un solo altro documento coevo che nomini direttamente B.: il necrologio del convento domenicano cividalese di S. Domenico, che al 30 ottobre 1292 ne registra il decesso aggiungendo poche parole di lode per aver donato molti beni mobili ai frati e per aver vissuto «in spiritu devoto» («Obiit Benevenuta filia quondam domini Boiani, que reliquit conventui vivendo multa bona sua mobilia. Vixit in spiritu devoto»). Nonostante si tratti di una testimonianza scheletrica, essa è in realtà assai importante, poiché rappresenta un’esplicita conferma della distinzione e della fama di santità che B. godeva “in vita” e ne sottolinea il vincolo privilegiato con i frati predicatori, la familiarità con i quali era certamente accentuata pure dal fatto che il fratello Giacomo aveva vestito l’abito domenicano. La leggenda offre pochi spunti sull’infanzia e la prima giovinezza di B., sia perché forse l’agiografo era poco documentato, sia perché il percorso biografico diventa interessante ai fini esemplari e cultuali solo in un momento successivo. Tuttavia, anche da bambina, B. avrebbe mostrato precocemente la propria inclinazione alla vita devota, di preghiera e di penitenza, assolutamente vincolata a una scelta di verginità e con tratti espliciti di devozione e di imitazione soprattutto per la Vergine e per san Domenico. Se si presta dunque attenzione allo schema narrativo dell’agiografo, l’evento che cambia la qualità dell’esperienza della futura beata è il quinquennio di malattia concluso da una guarigione-liberazione miracolosa, avvenuta per intercessione di san Domenico e solennizzata con un pellegrinaggio di rendimento di grazie al sepolcro del santo, a Bologna. La descrizione dei sintomi della malattia (rifiuto e impossibilità di assumere cibo, che viene rigettato, mancanza di forze e incapacità di muoversi autonomamente…) ha sollecitato alcuni storici a diagnosticare l’anoressia, una patologia all’apparenza assai diffusa fra le mistiche e le penitenti medievali la quale spiegherebbe, su base medico-scientifica, molte delle manifestazioni ritenute soprannaturali che contraddistinsero la loro vita. Se occorre prudenza nel tentativo di riconoscere con sicurezza l’infermità cui B. fu soggetta, nondimeno essa rimane cruciale nel proprio significato agiografico: perché è il tramite che rivela a tutti, con l’esito taumaturgico, la speciale elezione divina della giovinetta. Verosimilmente il lungo periodo di sofferenze si colloca dopo il 1280 (c’è chi lo ha posto anche tra il 1275 e il 1280), poiché nel racconto non v’è traccia del padre Boiano, che in altri luoghi della leggenda viene descritto come un genitore attento e premuroso verso una figlia amata teneramente. Ammesso che ciò risponda a verità, non è escluso che la scomparsa di una figura affettiva di riferimento possa aver scatenato reazioni patologiche di notevole portata nell’orfana, non inquadrata in uno stato di vita preciso (non era né sposata, né monaca) e pertanto esposta a una condizione di instabilità psicologica e sociale. Proprio la figura del padre e le sue relazioni con la realtà urbana cividalese nella seconda metà del Duecento consentono di spiegare alcuni legami con i due monasteri femminili che diventano centrali nell’esperienza di vita religiosa della beata: S. Maria della Cella e S. Maria in Valle. B. inizia a frequentarli assiduamente, dopo aver recuperato la salute e dopo essere stata riconosciuta quale protagonista e guida di un gruppo di donne devote, si direbbe di penitenti o di pinzochere, vicine ai frati predicatori e di cui faceva parte pure una sua sorella, Maria. Si trattava dunque di un ambiente nel quale, oltre alle personali scelte di fede e di spiritualità, contavano molto anche le relazioni parentali e le reti di amicizia e di solidarietà ordite tra famiglie e istituzioni. Le fonti archivistiche, infatti, hanno permesso di ricostruire gli stretti vincoli di Corrado detto Boiano sia con i patriarchi d’Aquileia, soprattutto con Gregorio di Montelongo (1252-1269), ma pure con Raimondo della Torre (1273-1299), sia con alcune istituzioni ecclesiastiche locali, in particolare appunto con i monasteri femminili di S. Maria in Valle (dove aveva preso il velo la figlia Beatrice) e di S. Maria della Cella, fondato nel 1267 e incorporato fra il 1282 e il 1285 nell’ordine dei predicatori e di cui Boiano appare “procurator et domesticus”. Se si considerano queste ultime due date e si riflette sull’impegno di “cura monialium” esercitato dai frati tanto nei confronti delle monache di S. Maria della Cella, quanto – sebbene in modi più defilati – nei rispetti del monastero benedettino di S. Maria in Valle, diventa quasi istintivo e naturale il collegamento con l’esperienza di B., così come viene tramandata dalla leggenda. B. viene obbligata dal suo confessore e padre spirituale, fra Corrado di Castellerio, a divulgare in pubblico l’episodio della guarigione miracolosa patrocinata da san Domenico, che ella aveva in un primo tempo raccontato in via riservata al medesimo confessore e al fratello, fra Giacomo, incontrati a Venezia, sulla via di ritorno dal pellegrinaggio bolognese. Proprio nel convento veneziano B. rivela a un gruppo di devote per la prima volta la propria esperienza di vita religiosa e di elezione divina: da quel momento diventa una sorta di “santa viva” e di figura di riferimento esemplare per la vita devota che i frati intendevano promuovere, a Cividale e altrove, grazie alla mediazione agiografica. Era una “forma vitae” attagliata a donne di non infima estrazione sociale, ma comunque viventi in condizioni di precarietà, poiché non rigidamente irregimentate in una vita matrimoniale, né in una esplicita collocazione monastica. Da questo momento la vita di B. pare svolgersi tra alcuni poli rinserrati fra le mura e le pertinenze cividalesi: quello domestico, dove continua a risiedere con la sorella Maria e a coagulare una pattuglia di pinzochere; la chiesa di S. Domenico, dove si reca a pregare e dove incontra il suo padre spirituale; il monastero di S. Maria in Valle, dove è ospite della sorella Beatrice e presenza carismatica per le monache; e soprattutto il monastero di S. Maria della Cella, ove abita per lunghi periodi, pur non essendo monaca, ma partecipando appieno alla vita della comunità, privilegiata per i suoi doni ma pure con una funzione benefica, di protezione e favore sovrannaturali, e a un tempo di vigilanza nei confronti delle mancanze delle monache. Sono questi gli anni in cui si manifestano copiosamente e inequivocabilmente i segni della speciale elezione divina di cui godeva B. Buona parte della leggenda riferisce infatti delle visioni, delle estasi e pure di fenomeni di levitazione e di rapimento, durante i quali il suo spirito si separava e viaggiava al di fuori dal corpo, che restava irrigidito nell’atteggiamento assunto durante l’orazione e la contemplazione. Si tratta di eventi e narrazioni frequenti nelle biografie delle mistiche dei secoli XIII-XIV, ma che in B. si sostanziavano di contenuti e di devozioni interamente connesse con una scelta spirituale fortemente improntata dalla direzione e guida di coscienza domenicana e che, al di là del ripetersi ossessivo delle forme più consuete di preghiera e di frequenza della chiesa del convento, costituiscono la chiave e la cifra fondante della santità di B., tutta improntata sulla mistica e sulla vita devota, tanto che appare nella sua sintetica pregnanza particolarmente appropriato il «vixit in spiritu devoto» del necrologio. Il contrappeso e il contraltare dei doni eccezionali dello spirito sono le altrettanto violente aggressioni demoniache. E la beata è di continuo oggetto di attacchi del diavolo, il quale le appariva fisicamente sotto diverse specie, umane o animali, e si configurava come una presenza reale, corporea e corposa, che partiva dagli strepiti e dai rumori aberranti volti a distoglierla dalla preghiera, passava dagli insulti verbali, giungeva alle persecuzioni fisiche e alle percosse cruente. Con un crescendo certamente ritmato da motivazioni agiografiche, ma al quale non erano verosimilmente estranei una reale distinzione dei fatti narrati e una altrettanto reale attenzione per essi, gli ultimi mesi di vita di B. sono descritti minuziosamente, sottolineando pure la sua capacità di leggere il segreto dei cuori, il suo spirito profetico, una potenza taumaturgica che cominciava a profilarsi. Tutto ciò ovviamente alimentava la fama di santità e l’attesa per l’ora che, come per ogni santo, doveva dare inizio al culto pubblico. B. si spense il 30 ottobre 1292, nella casa paterna, nel borgo di San Pietro di Cividale. Il suo funerale fu un evento al quale presero parte tutte le componenti della società cividalese e vicino la sua tomba, collocata davanti all’ingresso della chiesa di S. Domenico, cominciarono a manifestarsi fenomeni sovrannaturali, per lo più luminosi, che confermavano la santità di B. Da qui l’esplosione del miracoloso, la frequenza dei fedeli presso il sepolcro, l’opera dei frati per la diffusione e il sostegno del culto, la redazione della leggenda agiografica, che resta, tra l’altro, uno dei pochi prodotti della letteratura mediolatina friulana. La devozione nasceva dunque sotto i migliori auspici, tanto che non è facile spiegare quello che fu un sostanziale fallimento. Per più di un secolo e mezzo, infatti, dopo la fiammata iniziale degli anni immediatamente successivi al 1292, non vi sono più tracce concrete di un culto pubblico. Nel maggio del 1447 il celebre teologo domenicano Leonardo Mattei da Udine chiese al consiglio municipale di Cividale di ispezionare la tomba «di una certa signora Benevenuta», poiché sosteneva che fosse una beata. Il sepolcro fu aperto ma non fu trovato alcun corpo santo. Da quel momento, tuttavia, nonostante la mancanza di una reliquia corporea, riprese la devozione per B., la cui esperienza fu letta dallo stesso Leonardo, sulla base della leggenda agiografica di fine Duecento, quale prefigurazione di uno stato di vita che nel pieno XV secolo veniva promosso con forza fra le donne: quello di terziaria di un ordine mendicante. Per i domenicani il modello principale era Caterina da Siena, alla quale, appunto, B. viene equiparata nelle intenzioni. La devozione è successivamente documentata e si volle regolarizzarla pure su un piano giuridico, in linea con tendenze generalmente diffuse. Dopo un tentativo fallito nel pieno XVII secolo, nel 1765 si giunse al riconoscimento canonico del culto di B., che fu proclamata beata (beatificazione equipollente) da Clemente XIII dopo un processo non facile, seguito con costanza dal domenicano cividalese Giovanni Francesco Bernardo Maria de Rubeis, che aveva iniziato a promuoverlo fin dal 1751.

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Bibliografia

La leggenda agiografica di B. si legge in due edizioni principali: I.F.B.M. DE RUBEIS, Vita beatae Benevenutae Boianae de Civitate Austriae in provinciae Foriiulii, quae nunc primum ex originali codice manuscripto in lucem prodit, Venetiis, S. Occhi, 1757; Vita devotissimae Benevenutae de Foro Iulii, in Acta sanctorum, Octobris, XIII, Parisiis, 1883, 145-185; si vedano inoltre le voci: M.L. DE GANAY, Les bienheureuses dominicaines (1190-1577), Paris, 1913, 79-97; S. M. BERTUCCI, Boiani Benvenuta, BS, 3, 1963, 230-231; M. BALDASSARRE, Benvenuta Boiani di fronte all’oltretomba, «Clio», 22 (1986) 1, 109-119; F. SANTI, Benvenuta Bojanni, in Scrittrici mistiche italiane, a cura di G. POZZI - C. LEONARDI, Genova, Marietti, 1988, 183-192; A. TILATTI, La conferma del culto della beata Benvenuta Bojani (con l’appendice di quattro miracoli avvenuti a Malta ed in Spagna), «Quaderni cividalesi», III, 19 (1992), 31-55; ID., Benvenuta Boiani. Teoria e storia della vita religiosa femminile nella Cividale del secondo Duecento, Trieste, Lint, 1994.

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