CELLA GIOVANNI BATTISTA

CELLA GIOVANNI BATTISTA (1837 - 1879)

patriota, amministratore pubblico, politco

Immagine del soggetto

Il patriota Giovanni Battista Cella (Udine, Civici musei, Fototeca).

Nacque a Udine da Giorgio e Anna Facci, una famiglia di origine carnica, il 5 settembre 1837. Laureatosi in giurisprudenza a Padova e convinto fautore del repubblicanesimo mazziniano, nel 1859 combatté come volontario fra i Cacciatori delle Alpi nella seconda guerra d’indipendenza, restandovi fino allo scioglimento del corpo. L’anno successivo partecipò alla spedizione dei Mille come sergente della compagnia Cairoli, segnalandosi per il suo eroismo fin dallo sbarco a Marsala e poi nell’entrata a Palermo e ottenendo, dopo la battaglia del Volturno, il grado di sottotenente. Membro attivo del Partito d’azione, partecipò nell’estate del 1862, con il grado di tenente, all’impresa garibaldina intesa a liberare lo Stato pontificio e finita all’Aspromonte, compagno di altri friulani come Silvio Andreuzzi, Marziano Ciotti e Francesco Tolazzi. Dopo aver trascorso circa un anno a Torino come emigrato politico, fingendosi stanco dell’esilio, fece ritorno a Udine agli inizi del 1864 per contribuire alla preparazione di un moto insurrezionale che avrebbe dovuto provocare l’intervento italiano per la liberazione del Veneto dalla dominazione austriaca. Esso venne osteggiato dal governo e dai moderati, che prevalevano nel Comitato politico centrale veneto di Torino, e si sviluppò soltanto in Friuli, iniziando il 16 ottobre 1864 con le irruzioni della “banda di Navarons”, capitanata da Francesco Tolazzi, nelle caserme della gendarmeria di Spilimbergo e Maniago e protraendosi nella destra Tagliamento sino al 6 novembre, giorno in cui ebbe luogo sul Monte Castello un combattimento a fuoco di circa un’ora con una pattuglia austriaca. ... leggi Dopo lo scontro del 6 novembre, la “banda di Navarons” si sciolse e iniziò ad operare una seconda banda di insorti friulani, denominata nei rapporti di polizia come “banda di Venzone”. Quest’ultima, organizzata e diretta da C., muovendo da Maiano, compì una marcia dimostrativa che, passando per Osoppo, giunse a Venzone e Moggio nelle prime ore del mattino del 7 novembre. Essendo segnalata una pattuglia di gendarmi austriaci, ritenuta l’avanguardia di un reparto più consistente, la banda prese la via del canale dell’Aupa fino a Dordolla, ove vennero nominati ufficiali Valentino Asquini e Pietro Beltrame. Raggiunse poi Dierico di Paularo e la valle del Chiarsò sino a Lovea, per risalire sulle creste di Palasecca e sciogliersi infine a Illegio presso Tolmezzo. C. si sottrasse alla cattura raggiungendo l’Istria e successivamente l’Italia via mare, fermandosi a Bologna (dicembre 1864) per poi trasferirsi a Milano. Trascorso il 1865, fin dall’inizio del 1866 si parlò tra gli emigrati della possibilità che intervenissero formazioni volontarie per affiancare le operazioni dell’esercito regio quando fosse scoppiata la guerra dell’Italia contro l’Austria per la liberazione del Veneto. C. prima caldeggiò e poi abbandonò l’idea di organizzare gruppi di combattenti in Friuli e si arruolò col Tolazzi nel 2° battaglione bersaglieri volontari italiani col grado di tenente. Il 24 giugno ebbe da Garibaldi l’ordine di attaccare gli austriaci al ponte sul Caffaro di Storo e, nella battaglia del giorno successivo, affrontò in un vigoroso corpo a corpo il capitano boemo Rudolf Ruzicka della 12a compagnia del reggimento Principe Alberto di Sassonia, rimanendo ferito alla testa e alla spalla. Liberato il Veneto, C. rientrò a Udine e godette della fiducia del commissario del re Quintino Sella, venendo nominato maggiore della guardia nazionale. Insignito della croce di cavaliere dell’ordine della Corona d’Italia, la restituì quando, pochi mesi dopo, la stessa onorificenza venne conferita anche all’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Casasola. Il primo marzo 1867 egli accolse a Udine Garibaldi, che lo designava con l’epiteto di «Prode fra i prodi», come presidente della commissione per le accoglienze. Nell’estate successiva si adoperò con Francesco Cucchi, Giuseppe Guerzoni, Giulio Adamoli e il colonnello Bossi per preparare un moto insurrezionale a Roma. A C. fu affidato l’incarico di dar l’assalto a porta S. Paolo il 22 ottobre con un gruppo di armati, fra i quali vanno menzionati cinque friulani: Carlo Marzuttini, Carlo Facci, Augusto Berghinz, Silvio Andreuzzi, Giovanni Battista Marioni. Fallita sul nascere l’insurrezione a Roma e nominato maggiore da Garibaldi, C. prese parte con Bartolomeo Bezzi all’attacco compiuto dalla seconda colonna del tenente colonnello Gusztav Frigyesy nella notte del 24 su Monterotondo; ancora come comandante del 6° battaglione si segnalò nell’attacco ripetuto a villa Santucci, nella giornata di Mentana (3 novembre), costretto a ritirarsi solo davanti alle soverchianti forze nemiche. Rientrato a Udine, fu consigliere comunale, membro della giunta, comandante di battaglione della guardia nazionale e presidente della Associazione progressista, rappresentando politicamente le forze della democrazia radicale. Nelle elezioni del novembre 1874 venne candidato, con il sostegno di Garibaldi e Cairoli, dalla Sinistra al parlamento nazionale, ma non riuscì ad essere eletto. Dovette subire anche i rovesci della fortuna: una sua fabbrica di metri a Udine fallì e il suo patrimonio ne fu ulteriormente assottigliato. Perdette inoltre la giovane moglie Giacoma Turco. Accettò nel 1879 di rappresentare a Udine il Comitato triestino-istriano e fu poi, con Bertani, Cavallotti, Fortis, Garibaldi, Imbriani, Mario, Tivaroni e altri fra i fondatori della Lega della democrazia, costituitasi il 21 aprile 1879 con un programma liberale avanzato, di ispirazione anticlericale. Il 16 novembre 1879 a Udine, cedendo ad una crisi di depressione, si tolse la vita con due colpi di pistola poco più che quarantenne, lasciando un figlio ancora adolescente, Balilla.

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Bibliografia

C. TIVARONI - C. VITTORELLI, Sulle bande armate del Veneto. Sezione Cadore – Relazione, Milano, Tip. Internazionale, 1866; G. B. CELLA, Il credo di un cattolico, s.l., s.n., 1873; ID., Ai miei elettori, Udine, Tip. Jacob e Colmegna, 1874; G. B. Cella [necrologio], «Giornale di Udine», 26 novembre 1879; Commemorazione in onore di Giambattista Cella, a cura di G. PONTOTTI, Udine, Cosmi, 1880; E. D’AGOSTINI, Le campagne di guerra in Friuli 1797-1866, Udine, Tip. G. Seitz, 1880, 80-85; ID., Ricordi militari del Friuli (1797-1870), Udine, M. Bardusco, 1881, II, 230-231, 303-317; A. PICCO, Ricordi popolari dall’anno 1820 al 1866 intorno agli operai di Udine e provincia e ad altri distinti cittadini friulani, Udine, Tip. Patria del Friuli, 1884, 174-177; Q. SELLA, Lettera a G. B. Cella (Torino, 18 dicembre 1866), «Pagine friulane», 14/9 (1902), 152; Tita Cella dei Mille, «La Patria del Friuli», 14 maggio 1910; Lo storico duello al Caffaro e una grave calunnia austriaca, ibid., 4 giugno 1910; C. LAGOMAGGIORE, G. B. Cella, in Dizionario del risorgimento nazionale. Dalle origini a Roma capitale: fatti e persone, II, Le persone A-D, a cura di M. ROSI, Milano, F. Vallardi, 1930, 649-652, voce; G. CASSI, Un pugno d’eroi contro un Impero, Modena, Tip. Modenese, 1932, 62, 118-123, 127-130; S. CELLA, Cella, Giovanni Battista, in DBI, 23 (1979), 425-426; O. FABIANI, I due merlotti in gabbia, Dierico di Paularo, anno 1864, Cercivento, Cjargne Culture, 2004.

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