FABRETTI PIETRO ED EMILIO

FABRETTI PIETRO ED EMILIO

sindacalisti

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Pietro (I) ed Emilio (II) Fabretti sul piroscafo che li riporta dall’Argentina in Italia (Roma, Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale).

Pietro Giulio Ottone ed Emilio Giovanni F. nacquero da Micca Pietro, fornaciaio emigrante di Nimis, e dalla cittadina tedesca Berta Neumann, rispettivamente l’8 dicembre 1906 a Brunsbüttel Höfen, vicino Amburgo, ed il 29 luglio 1910 a Nimis. Crebbero – insieme con altri sette fratelli – lavorando con il padre. Micca Pietro, comunista e capo storico dei socialcomunisti di Nimis, era già stato confinato per antimilitarismo a Mugnano del Cardinale durante la prima guerra mondiale ed arrestato nel 1926 a Masnago (Varese) per possesso di materiale di propaganda comunista: questo episodio spinse i figli Pietro ed Emilio ad emigrare in Argentina. Pietro fece parte del Comitato esecutivo dell’Alleanza antifascista, organizzazione di massa di orientamento comunista. Arrestato durante la manifestazione del primo maggio 1931 a Rosario, fu espulso ed imbarcato sulla nave da guerra Chaco – con un centinaio di antifascisti stranieri, tra cui ventiquattro italiani – dalla dittatura militare del generale Uriburu. Ma all’ultimo momento, grazie al fortunoso rovesciamento del governo, quattordici di essi, fra cui Pietro, non vennero consegnati all’Italia (dove erano ormai giunti) e poterono rientrare in Argentina. Assunto lo pseudonimo “Adolfo Elena”, Pietro divenne il segretario dell’Unione operaia friulana, un’associazione antifascista. Nel gennaio 1936 venne di nuovo arrestato nel corso di un duro sciopero generale degli edili di Buenos Aires, nel quale avvennero violenti scontri con la polizia. Ritenuto l’organizzatore dello sciopero ed arrestato una seconda volta, in suo favore intervennero i deputati socialisti argentini. Pietro scriveva sulle questioni sindacali dell’edilizia sui numeri dell’«Italia del popolo» e partecipò ad una delegazione che trattò con il governo; la moglie Vincenzina era impegnata nel comitato di solidarietà con la Spagna repubblicana; Emilio era uno dei più stretti collaboratori del fratello. ... leggi Per la loro attività i F., insieme con altri tre compagni, vennero arrestati nell’ottobre di quell’anno, espulsi e consegnati alle autorità italiane con l’imbarco sul piroscafo Regina Giovanna. In difesa dei cinque dirigenti sindacali si mossero l’Internazionale socialista e quella sindacale; il governo del Messico offrì asilo politico. Il blocco della nave italiana sulla sponda americana dell’Atlantico non riuscì e gli antifascisti italiani chiesero l’intervento della sinistra francese per far sbarcare i deportati a Dakar. Fallito infine ogni tentativo e giunti in Italia, i F. furono condannati a cinque anni di confino: inizialmente tutti e due a Ponza, da cui Pietro fu poi trasferito a Lagonegro. Furono prosciolti solo il 26 novembre 1942, quasi a fine pena: poi le loro strade si separarono. Pietro rientrò a Nimis – distrutta completamente dai nazifascisti durante l’attacco alla zona libera del Friuli orientale nel 1944 – assumendosi il gravoso compito di sindaco della ricostruzione, che mantenne fino al 1951 insieme ad incarichi di direzione sindacale nella Camera del lavoro di Udine. Dopo la liberazione del Sud, Pietro aveva contribuito alla riorganizzazione del sindacato in provincia di Potenza. Emilio, dopo essere evaso dall’ospedale militare ed essere diventato – durante il periodo della Zona libera del Friuli orientale, nell’estate del 1944 – vicesindaco di Nimis, fu inviato dal Partito comunista (PCI) a Pordenone durante la guerra di Liberazione, assumendo il compito di rappresentante del partito nel Comitato di liberazione nazionale dopo l’arresto del segretario locale Eugenio Pamio. Curò l’organizzazione della Resistenza nelle fabbriche, dalla quale passò quasi naturalmente, nel dopoguerra, alla segreteria della Camera del lavoro, che mantenne fino al 1954, quando dovette abbandonare l’impegno sindacale per motivi di salute, lavorando poi come impiegato alla Zanussi. Fu consigliere comunale a Pordenone. Pietro morì il 3 ottobre 1974; Emilio morì a Pordenone il 20 marzo 1982.

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Bibliografia

ACS, Casellario politico centrale, 1915/126519, Fabretti Micca Pietro; 1915/45088, F. Pietro Giulio Ottone e 1915/115377, F. Emilio Giovanni; Testimonianza orale di Emilia Bellot, moglie di Emilio, Pordenone, febbraio 2006; Roma, Fondazione Istituto Gramsci, Fondo PCI, Federazioni di Pordenone ed Udine.

G.L. BETTOLI, Le metamorfosi di un sindacato industriale: idee per una storia della Camera del Lavoro di Pordenone, in La CGIL e il Friuli Venezia Giulia 1906-2006, a cura di ID. - S. ZILLI, Venezia-Mestre, CGIL Friuli Venezia Giulia, 2006, 33-120; ID., La Guerra di Spagna attraverso gli articoli e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese, Pordenone, Casa del popolo di Torre, 2008 (www.casadelpopolo.org); L. MIO, Gli amministratori comunali di Pordenone dall’Unità d’Italia, Udine, Guarnerio, 2010.

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