GIOVANNI DETTO BONDÌ

GIOVANNI DETTO BONDÌ

docente di retorica

Immagine del soggetto

Pagina del De ira di Seneca da un codice quattrocentesco (San Daniele, Biblioteca guarneriana, cod. 75, f. 157r).

Sulla figura di G. (“Iohannes Bonadies de Aquileia”), “magister” di “ars dictandi” e autore di numerose opere di retorica copiate nei maggiori “scriptoria” europei e diffuse ampiamente in tutti i centri nevralgici della cultura durante il basso medioevo e l’umanesimo, ci sono incongruenze biografiche. Sulla questione i repertori si trovano divisi e riconducono Giovanni alla prima metà del XV secolo, con natali friulani riconducibili probabilmente all’ultimo quarto del Trecento; ritengono possibile, inoltre, che appartenesse alla famiglia “de Pittacolis” e che fosse figlio di Andrea, nobile feudatario di Venzone e che avesse avuto un figlio di nome Giovanni, che compare in un documento del 1448, anno in cui il padre (probabilmente Giovanni Bondi appunto) era già morto. Secondo l’autorevole studioso J. J. Murphy e il repertorio francese di P. Glorieux, G. insegnava grammatica a Bologna durante il XIII secolo. Uno studio filologico del testo e un’analisi paleografica e codicologica dei manoscritti che contengono le opere di G. potrebbero dirimere la questione. Nell’Iter Italicum, il repertorio di manoscritti curato da P. O. Kristeller, secondo la datazione fornita dall’autore stesso, esistono alcuni manoscritti (o alcuni frammenti) contenenti le opere di G. riconducibili al XIII secolo (vol. IV, 533/b) o a cavallo tra XIII e XIV (vol. III, 20/a) o nel XIV. Questi dati preliminari, se risultassero confermati anche ad una ricerca più ampia, farebbero propendere per una datazione che ricondurrebbe il “magister” al XIII secolo, favorita anche dall’ipotesi avanzata da più studiosi che G. fosse allievo di Lorenzo d’Aquileia. Nelle opere di G. non compare mai il cognome del casato a vantaggio dell’appellativo “Bonadies”. G. studiò o forse insegnò per un certo periodo a Bologna, dove imitò e abbreviò la Pratica sive usus dictaminis di Lorenzo d’Aquileia, come egli stesso ammise nei suoi scritti. ... leggi Molto probabilmente insegnò come pubblico maestro ad Ascoli Piceno o comunque ebbe qualche contatto significativo con questa “universitas studiorum”, come si deduce da un’epistola dedicatoria di una sua opera di “ars dictandi”, richiesta dal maestro Angelo, di cui non si hanno altre notizie, alla comunità letteraria ascolana. L’opera principale di G. è la Pratica sive usus dictaminis, un compendio, come detto, dell’opera magistrale di Lorenzo d’Aquileia con la quale viene spesso confusa, che offre degli “exempla” da usare nella “salutatio” secondo la classe sociale del ricevente e del contenuto dell’epistola. G. scrisse, inoltre, alcune opere sulla composizione e sulle norme dell’“ars dictandi” (la Pratica sive ars dictandi in radice, il De modis exordiendis e i Flores regularum super arte et usu dictaminis). La stesura di altri trattati, invece, non è indiscutibilmente certa, ma attribuita a lui da molti studiosi (la Theorica sive ars dictaminis, gli Exordia, le Exornationes, i Proverbia e la Collatio ad bene vivendum).

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Bibliografia

LIRUTI, Notizie delle vite, I, 335-337; P. PASCHINI, Maestro Lorenzo canonico di Aquileia: notizie su di un illustre “dictator”, in Studi aquileiesi offerti a G. Brusin, Aquileia, 1953, 420-422; MARCHETTI, Friuli, 946; P. GLORIEUX, La faculté des arts et ses maitres au XIII siècle, Paris, 1971, 200; J. J. MURPHY, Rhetoric in the Middle Ages: a history of rhetorical theory from Saint Augustine to the Renaissance, Berkeley, University of California Press, 1974, 259-260; LdM, 5 (1991), col. 558; POTTHAST, Repertorium, 1997, VII, 134; F. L. SCHIAVETTO, in DBI, 55 (2000), 3; DBF, 91; Bibliotheca Scriptorum Latinorum Medii Recentiorisque Aevi, Firenze, SISMEL, 2003, 177.

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