LAVAGNOLO ANTONIO LUIGI

LAVAGNOLO ANTONIO LUIGI (1805 - ?)

ingegnere

Immagine del soggetto

La famiglia dell'ingegnere Lavagnolo, olio su tela di Giovanni Pagliarini, 1852 (Udine, Civici musei).

Nacque a Verona il 5 settembre 1805 da Pietro, imprenditore, e da Elisabetta Soravio, possidente padovana; era residente a Udine in Mercatovecchio al n. 763 quando il 27 settembre 1828 sposò in duomo Giuseppina Tonielli, possidente bergamasca domiciliata in Castello al n. 984. Due figli furono battezzati nella parrocchia del Redentore; negli atti la madre risulta come Antonietta Tonelli. Censito nell’Elenco degli ingegneri civili, architetti e periti agrimensori della provincia di Udine per il 1836, fu nominato ingegnere municipale nella seduta del consiglio comunale di Udine del 3 giugno 1843, anche per il servizio «soddisfacente» espletato dalla fine del 1842 quale sostituto nell’assunzione provvisoria. Nel 1842 ebbe l’incarico di redigere il Piano generale di sistemazione di strade e scolii cittadini; fu tra gli ingegneri municipali che dal 1836 si alternarono alla direzione lavori del Cimitero monumentale di Udine, nel quale il padre Pietro l’8 giugno 1837 ottenne, dalla commissione delegata alla costruzione, un tumulo esclusivo per la propria famiglia. Come capo dell’ufficio tecnico municipale l’8 maggio 1844 fu incaricato dalla commissione fondatrice della Casa di riposo di predisporre il progetto esecutivo dell’edificio, finanziato da benefattori privati, da realizzare sui fondi Venerio in borgo Pracchiuso di Udine, per ospitarvi invalidi e poveri. Tale primo Progetto di costruzione della Casa di Riposo del 14 aprile 1845, a sua firma, seguito dalla posa della prima pietra il 30 maggio 1845, fu riapprovato a lavori già avviati a seguito delle modifiche apportate dalla Deputazione d’ornato (Correzioni al Progetto…, 8 giugno 1846) e completato ad opera dell’ingegnere municipale Gio Batta Locatelli. Tra il 1842 e il 1850 rilevò e disegnò la Pianta della R.a Città di Udine, litografia di notevoli dimensioni (1168 x 860 mm) incisa da G. B. Garlato a Venezia nella litografia di P. Ripamonti Carpano, dedicata al conte Antonio Beretta già podestà della città. Nella pianta i caseggiati dentro le mura sono contrassegnati dai numeri (da 1 a 2000) apposti dal censimento del 1801. Seppur forse non effettivamente «rilevata», come ipotizza Francesco Tentori, essa contiene, assieme ai dati relativi alla «distanza in miglia e chilometri dalla città ai capiluoghi distrettuali…» e alla sua posizione geografica, nonché alla spiegazione dei segni convenzionali e alla scala, almeno due contributi preziosi: la «giacitura di livello del suolo della città…», ovvero la precisazione delle linee di livello altimetrico, e la ricostruzione esatta del tracciato delle prime quattro cerchia di mura. ... leggi Dal 1845 al 1847 fu anche membro della Deputazione d’ornato che dal 1837 richiedeva specifiche competenze professionali; con gli ingegneri e gli architetti che la formavano, egli svolse un ruolo determinante nel rinnovamento edilizio cittadino e nella realizzazione di importanti opere infrastrutturali. Come ingegnere in capo dell’ufficio tecnico municipale per molti anni, lasciò «bella fama del suo operato». Atti relativi soprattutto alla sua funzione pubblica sono pareri, sopralluoghi, ispezioni, collaudi e approvazioni, anche corredati da disegni, per gli anni dal 1843 al 1853 contenuti in Memorie su le antiche case di Udine di G. B. della Porta, con rimandi alle fonti archivistiche. Ad esempio il Programma pella costruzione di un nuovo orologio da collocarsi sulla torre di S. Giovanni nella piazza Contarena della r. Città di Udine, firmato il 30 agosto 1844; la relazione del 24 gennaio 1845 per la «costruzione di mura a difesa della sponda della roggia lungo il passeggio di Chiavris, fuori Porta Gemona, avendo le frequenti tracimazioni recato danni e suscitato proteste». Una pianta del piano nobile della casa Valentinis nella zona di Pracchiuso, con i nomi indicanti la funzione delle singole stanze, firmata il 30 marzo 1849, è contenuta con altri disegni in un fascicolo approntato nel 1860 in occasione della riforma dell’edificio. All’ingegnere, A. Picco attribuisce «varie opere edilizie» in Udine e «luoghi circostanti», tra cui il progetto di sostituire «al volto cadente della torre» del duomo udinese una massiccia volta realizzata nel 1848 a sostegno di un nuovo pavimento. Fuori Udine lavorò nel 1838 per Paluzza, dove in data 12 ottobre risulta un collaudo di importanti lavori eseguiti nel Moscardo, alla rosta sul torrente, a difesa di Paluzza, e due dighe sul Rugo Centa a Rivo, iniziati già nel 1834. Per Cividale stese il Progetto della fontana di Cividale, collocata nella piazza del mercato (oggi Paolo Diacono), a modifica della costruzione del 1805, su progetto di Michele Zuliani detto Lessani, sorta in sostituzione della pubblica fontana di epoca rinascimentale. Il progetto, redatto su richiesta (27 giugno 1838) dei deputati cittadini di modificare la “piramide”, proponeva l’aspetto di ispirazione neoclassica tuttora visibile; datato 22 ottobre 1839, è conservato nell’Archivio del Museo archeologico nazionale di Cividale. A lui si ascrive anche il Progetto delle nuove casse di conserva per la stessa fontana, senza data. Il 30 marzo 1846 rinunciò al posto di ingegnere municipale. Definito «uomo di grandi meriti», fu patriota e affiliato alla Giovine Italia. Nominato dal Governo provvisorio capitano del genio per la difesa della città con decreto del 6 aprile 1848, nello stesso anno subì il carcere austriaco nel castello di Udine (sede delle carceri criminali e politiche, all’epoca divenuto Forte S. Biagio); non sarebbe stato deportato in Moravia per le precarie condizioni di salute. Ciconi (1862, 470) cita un palazzo di sua proprietà sotto la parrocchia della B. V. del Carmine; corrisponde al secentesco palazzo Daneluzzi-Braida, casa n. 24 in borgo Aquileia sulla calle Deciani, che risulta appartenergli nel 1852 (della Porta, 11). Allo stesso anno risale La famiglia dell’ingegner Lavagnolo, grande quadro di Giovanni Pagliarini conservato presso i Civici musei di Udine; in tale ritratto di taglio fotografico è raffigurato in vestaglia rossa da casa e con l’ampio copricapo di velluto nero, assieme alla moglie e ai quattro figli: Italico, ufficiale di artiglieria, nel 1848-1850 partecipò alla difesa di Venezia (sulla cui pianta a stampa mostra ai familiari i luoghi di episodi eroici, assieme al pezzo di pane con cui si sfamarono i combattenti durante l’assedio); Pietro, nato il 25 febbraio 1835, avviato agli studi di ingegneria civile, già arruolato nel 1859 nel reggimento Piemonte Reale, fu ucciso nel 1860 nella seconda spedizione garibaldina in uno scontro con i borbonici a Isernia (ai genitori Giuseppe Garibaldi indirizzò una lettera di cordoglio da Caprera il 15 novembre); Ciro Vittorio, nato il 13 febbraio 1833, avvocato con studio notarile a Verona, come risulta nel 1894 in un contenzioso sul tumulo di famiglia in Udine sopra citato (n. 49 a Ponente); con essi la sorella, definita infelice. Dopo il 1859 L. lasciò Udine; fu nominato cavaliere e assunto dal governo italiano come commissario tecnico, attività che esercitò fino alla morte. Nel 1862 il Ministro dei lavori pubblici lo incaricò dello studio per la costruzione delle strade ferrate meridionali, lodevolmente espletato come ingegnere in capo a Francavilla al Sangro. Nel 1871 era domiciliato con la moglie a Venezia, come risulta nell’atto di matrimonio del figlio Ciro Vittorio, allora residente a Taranto, con Luigia Tacconi di Santa Maria La Longa.

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Bibliografia

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