MARSILI GIOVANNI

MARSILI GIOVANNI (1727 - 1795)

botanico

Immagine del soggetto

Busto di Giovanni Marsili sul muro di cinta dell'Orto botanico di Padova, diretto ed ampiamente ristrutturato dal botanico dal 1760 al 1794.

Nacque il 4 giugno 1727 a Pontebba e per questa coincidenza viene sempre citato tra gli scienziati friulani. Era figlio di Fabiano, di nobile famiglia veneziana, che si era trasferito nell’alto Friuli per i suoi commerci di legname. Nulla si sa di G. M. circa il periodo della sua permanenza nel pontebbano. L’agiatezza della famiglia certamente gli garantì un’istruzione più che adeguata, soprattutto in campo umanistico. Gli studi regolari proseguirono presso i gesuiti a Venezia. Appena ventenne fu aggregato all’Accademia dei Granelleschi, fondata nel 1747 da Daniele Farsetti, Gaspare e Carlo Gozzi, ed un gruppo di amici. Il M. si distinse come poeta bernesco e le sue composizioni furono raccolte nelle Rime granellesche. Sempre nel 1747 conseguì il dottorato in filosofia e medicina presso lo Studio patavino. Dopo la laurea si trasferì prima a Bologna e poi a Firenze per approfondire gli studi classici con il celebre medico e letterato Antonio Cocchi; acquisì apprezzate competenze “in scribendo” tanto in latino che nella lingua italiana. Ben presto rivolse i suoi interessi alla medicina e soprattutto alla botanica, scienze che approfondì visitando a proprie spese accademie, orti botanici e università di Francia ed Inghilterra, diventando uomo colto «eruditionis et scientiae omnibus munitus». Durante il soggiorno londinese fu ascritto alla prestigiosa Royal Society come socio estero. Proprio in quegli anni la botanica europea riceveva un forte impulso dalle nuove idee di Carlo Linneo. In Italia i progressi erano modesti e all’Università di Padova la botanica continuava ad essere disciplina legata al settore medicoterapeutico. ... leggi Nel 1757, alla morte di Giulio Pontedera, prefetto dell’orto botanico dello Studio patavino, il M. si trovava ancora nella capitale inglese e si affrettò a pubblicare il suo primo lavoro scientifico: Nova, ad praxim medicam praecipue utilissima, universae Botanices rudimenta. La fama della sua cultura e l’appoggio importante di Marco Foscarini, procuratore di S. Marco e futuro doge, gli consentì di essere nominato nel 1760 professore di botanica e prefetto dell’Orto botanico, preferito ad altri candidati e soprattutto a quello che ne era l’apprezzato custode, Pietro Arduino, autore, tra l’altro, di un’interessante produzione scientifica. Lo stipendio iniziale era di 400 fiorini. Il M., incaricato della “Lectura simplicium” all’Università, ben presto comprese che era necessario rivedere i contenuti dell’insegnamento, studiando i vegetali anche al di là delle esigenze medico-teoriche. In questa pur timida revisione si doveva scontrare con una situazione accademica e politica arroccata su posizioni di conservazione e di difesa che seguivano passo passo il tramonto della potenza politica di Venezia. Dovette soprattutto misurarsi con il suo predecessore, il Pontedera, avversario tenace delle metodologie proposte da Linneo, che adottavano il “metodo sessuale” nella tassonomia, difendendo con forza il “metodo erbario o tournefortiano”. Il M. solo nel 1794 tuttavia prendeva posizione nella discussione teorica, definendo, nel saggio Memoria del genere d’una nuova spezie di Phytolacca, il metodo tournerfortiano più semplice ed adatto ai giovani studiosi, mentre il metodo linneano si prestava ad essere utilizzato dai botanici più esperti. In vita pubblicò tre soli lavori, due manoscritti furono dati alle stampe alcuni mesi dopo la sua morte. Nel 1766 uscì, per i tipi di Gio. Battista Penada, Fungi Carrariensis Historia, il primo lavoro sui funghi prodotto da un botanico a Padova, ma che avviava un ambito di studi che avrebbe fatto, un secolo dopo, dell’Orto botanico patavino un punto di riferimento a livello mondiale. Il M. è noto, più che per la modesta produzione scientifica, per un accurato erbario, il primo dell’Orto botanico di Padova dove è tuttora conservato. Si tratta di oltre quattrocento specie, disposte in ordine alfabetico, secondo una nomenclatura in gran parte polinomica e le etichette raramente portano luogo e data di raccolta. Il valore scientifico è modesto, molte specie sono esotiche, ma il M. utilizzava l’erbario come strumento didattico per allenare gli studenti al riconoscimento delle piante che avrebbero utilizzato nella loro professione di medici o farmacisti. Appassionato e dotto bibliofilo, lasciò un notevole patrimonio librario che il suo allievo e successore Giuseppe Bonato acquistò dagli eredi e donò nel 1836 all’Orto botanico dell’Università patavina. Il famoso codice erbario di P. A. Michiel fu invece donato dal Bonato alla Biblioteca Marciana. A confermare la sua fama di uomo coltissimo e di raffinati gusti, il M. aveva raccolto nella sua casa una quadreria di prim’ordine: tra le altre, due opere di Tiziano, due di Cima da Conegliano, uno di Giovanni Bellini, otto del Piazzetta. Contribuì alla fondazione dell’Orto botanico di Parma (1773), organizzandone il giardino, il personale e il bilancio. A lui è attribuito il merito di aver fondato anche quello di Pavia. Concluse la sua prefettura dell’Orto di Padova cercando di porre rimedio a quello che sembrava un suo irrimediabile declino. «Qui da noi a forza di larghezza e di impieghi mal distribuiti l’Università va in rovina e il povero Orto manca di tutto il necessario: stufe, fontane, fabbriche e fino le muraglie sono in precipizio e nemmeno posso arrischiarmi a domandare soccorso», scriveva il M. al Guatteri che era stato suo allievo e che sarebbe stato il primo prefetto dell’Orto di Parma. Riuscì, con le sue insistenze e grazie al suo prestigio, a riedificare le mura del giardino botanico proteggendolo dalle frequenti esondazioni dei canali che lo circondavano. Ricostruì l’abitazione del prefetto, la macchina idraulica che, sollevando l’acqua dal canale Alicorno, la immetteva per condutture sotterranee in piombo, verso le sedici fontane distribuite nell’interno del giardino. Impiantò anche un arboreto per rimediare alla mancanza «della più nobile e speziosa parte del regno vegetabile»; nel 1771 gli alberi erano centossessantacinque «non meno nostrani che forastieri […] procurati dalli monti e dagli altri giardini d’Europa […]». Attivò uno scambio di semi con vari Orti stranieri e con quasi tutti quelli italiani. Ciò gli permise di passare dalla 4000 alle 12.000 circa piante coltivate. Anche grazie all’apprezzamento del suo impegno per l’orto botanico, visitato ed ammirato da illustri uomini di cultura stranieri, tra i quali J.W. von Goethe, il suo stipendio raggiunse, nel 1780, la ragguardevole cifra di 950 fiorini annui. Dal 1770 divenne prorettore dell’Università e nel decennio successivo ricoprì importanti incarichi, come quello di consigliere in una commissione incaricata di compilare la nuova farmacopea ufficiale della Repubblica. Tra i naturalisti dell’epoca mantenne relazioni, tra gli altri, con Lazzaro Spallanzani, Gaetano Monti e Giovanni Antonio Scopoli. Colpito da una paralisi progressiva, fu affiancato nell’insegnamento da Giuseppe Antonio Bonato dal 1793; l’anno successivo il Bonato gli succedette nella cattedra e nella prefettura dell’Orto. Morì il 9 maggio 1795 e l’Università della Serenissima gli riservò i massimi onori: sepoltura nel chiostro della basilica del Santo e un busto marmoreo sulla balaustra monumentale dell’Orto che tanto curò. A G. M. è stato dedicato il genere Marsilea, al quale appartengono felci acquatiche.

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Bibliografia

G.A. BONATO, Elogio dei veneti promotori della scienza erbaria. Letto nell’apertura degli studi nella Università di Padova l’anno 1812 [….], Padova, Sicca, 1851; P.A. SACCARDO, Il primato degli italiani nella botanica, Genova, Ciminago, 1894; A. BÉGUINOT, I materiali di archivio del R. Istituto ed Orto botanico di Padova, «Bullettino dell’istituto botanico della R. Università di Sassari», 1/10 (1922), 1-47; L. ROSSETTI, L’Università di Padova. Profilo storico. Milano, Fabbri Editori, 1972; M. AZZI VISENTINI, L’Orto botanico di Padova e il giardino del rinascimento. Milano, Il Polifilo, 1984; L. CURTI, Erbari e sviluppo della ricerca nell’800 presso l’Orto botanico di Padova, «Webbia», 48 (1993), 501-514; M. AZZI VISENTINI, L’orto botanico e l’orto agrario, in Istituzioni culturali, scienza, insegnamento nel Veneto dall’età della riforma alla restaurazione (1761-1818). Atti del convegno di studi (Padova, 1998), a cura di L. SITRAN REA, Trieste, 2000, 120-124; L. CURTI - F. MENEGALLE, Giovanni Marsili, in Professori e scienziati a Padova nel Settecento, a cura di S. CASELLATO - L. SITRAN REA, Treviso, Antilia, 2002 (Centro per la storia dell’Università di Padova. Profili biografici, 3), 305-312; G. ONGARO, Marsili, Giovanni, in DBI, 70 (2008), 761-764.

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