PORCIA (DI) BARTOLOMEO

PORCIA (DI) BARTOLOMEO (1540 - ?)

ecclesiastico, teologo, visitatore apostolico

Immagine del soggetto

Rapporto del 1570 di Bartolomeo di Porcia sulla presenza luterana a Gorizia, contenente accuse a Lorenzo Lantieri e alla sua famiglia (Udine, Archivio curia arcivescovile, 3/15).

Figlio di Giambattista Porcia della linea di sotto e di Claudia di Federico di Porcia e Brugnera, B. nacque nel 1540. Tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta studiò all’Università di Padova (e molto probabilmente anche a Bologna), dove entrò in contatto con Torquato Tasso, presente tra Venezia e Padova nel biennio 1559-60. Ottenuto il dottorato in teologia, iniziò la sua carriera ecclesiastica ricevendo in commenda il priorato di S. Leonardo, detenuto in precedenza da un suo zio e, successivamente, nel 1562 il vicariato della chiesa di S. Paolo a Mortegliano. Tra febbraio e marzo dello stesso anno lo si ritrova a Roma, dove oltre a curare alcuni affari per conto del conte Girolamo della Torre, il giorno delle ceneri tenne nella cappella papale un’orazione sul digiuno, successivamente data alle stampe. La sua precoce presenza alla corte di Pio IV, per il quale ricoprì diversi incarichi, induce a considerare la stima di cui il giovane e colto ecclesiastico friulano – definito da Erasmo di Valvasone «studiosissimo, et di belle lettere» – godeva presso la curia papale. È probabilmente questo il periodo nel quale entrò in contatto con il cardinale Carlo Borromeo, fondatore dell’Accademia delle Notti Vaticane, di cui facevano parte personalità come Francesco Alciati, futuro cardinale, Gian Francesco Bonomi, vescovo di Vercelli e nunzio papale, Carlo Visconti, innalzato in seguito alla porpora cardinalizia, Silvio Ruggeri, Curzio Gonzaga, Agosto Medici. Dopo essere stato incaricato di accogliere al loro arrivo in Italia i figli di Massimiliano II (novembre 1563), seguì il cardinale Borromeo nel suo viaggio verso Milano (1564), dove non rimase però a lungo, dato che nel novembre del 1565 lo si ritrova ad Avignone, come testimoniano alcune lettere dirette allo stesso Borromeo. ... leggi Nel medesimo anno (1565), in seguito alla rinuncia di Ludovico Porcia, ottenne il beneficio di S. Michele Arcangelo a Porcia, per l’assunzione e gestione del quale molto probabilmente nel mese di dicembre del 1566 venne ordinato sacerdote. Un ruolo cruciale nell’affidamento a B. di tali benefici e di diversi altri incarichi dovette giocarlo proprio il Borromeo, il quale, dopo esser giunto a Milano e aver rinunciato alla commenda dell’abbazia di Moggio, si adoperò affinché la stessa venisse affidata al P., come effettivamente avvenne all’inizio del 1567 (la bolla papale inviata da Pio V al patriarca d’Aquileia porta la data del 14 gennaio). Nel documento di nomina si obbligava il P. a rispettare in toto le norme conciliari e a sottoporsi ad un esame da parte degli esaminatori sinodali del patriarcato: per questo motivo il P. si recò a Udine a sostenere l’esame davanti a Iacopo Maracco, vicario generale del patriarca Giovanni Grimani, superandolo brillantemente. Mantenne il ruolo di abate commendatario fino al giugno del 1573, limitando però la sua presenza effettiva a periodi ristretti, intercalati da continue assenze per i molteplici impegni ed incarichi curiali e dai soggiorni che talvolta si concedeva nel castello paterno di Ragogna. Anche per questa ragione, il Maracco, in seguito ad una visita delle parrocchie soggette all’abbazia di Moggio (1569), sottolineò a più riprese la cattiva condotta e amministrazione del P. addossandogli la critica di non aver attuato in modo soddisfacente i dettami imposti dal concilio tridentino. Il P. godeva tuttavia della considerazione del cardinale Borromeo e di papa Pio V dato che quest’ultimo nel settembre del 1569, dati i gravi disordini e problemi sia religiosi sia giurisdizionali che affliggevano la parte austriaca del patriarcato d’Aquileia, decise d’inviarvi un visitatore apostolico, scegliendo per tale incarico, dietro richiesta esplicita dell’arciduca Carlo, proprio il P. Dopo alcuni mesi di convalescenza e un breve soggiorno presso il pontefice per la risoluzione di alcuni dubbi e questioni, la visita iniziò nel febbraio del 1570. L’obiettivo principale era quello di produrre una descrizione dettagliata della situazione religiosa, morale ed economica dei territori in questione, rinnovarvi l’ortodossia religiosa, moralizzare i costumi del clero e dei laici, controllare la situazione economica e l’amministrazione delle chiese e dei beni ecclesiastici. In accordo con l’arciduca Carlo, che rappresentando gli interessi dell’Impero si opponeva alla volontà papale di far agire in modo libero ed indisturbato il visitatore apostolico, il P. visitò la contea di Gorizia con gli annessi capitanati di Gradisca e Tolmino e l’attività di correzione si concentrò esclusivamente sui religiosi, nonostante le richieste del pontefice di ampliarla anche ai laici. Ad accompagnarlo troviamo Barnaba di Prampero, dottore utriusque iuris, nonché vicario sostituto dell’abbazia di Moggio, Giacomo Rudio, canonico e teologo bellunese, Tommaso de Rizzardis, governatore dell’abbazia di Moggio, Agostino Varisco, notaio e cancelliere, e, in un secondo momento, in qualità di commissario arciducale, Andrea Rapicio, vescovo di Trieste. Il vicario Maracco, pur sollecitato dallo stesso P. a partecipare alla visita, decise di rifiutare l’invito, perché il visitatore apostolico aveva anche il compito di indagare e valutare l’operato e le scelte dello stesso vicario patriarcale. Nel corso della visita il P. ebbe modo di percorrere quasi tutto il Friuli soggetto all’Austria. L’itinerario seguito, partendo da Udine il 4 febbraio, toccò progressivamente Aquileia, Fiumicello, Villa Vicentina, Ruda, Cervignano, S. Martino di Terzo d’Aquileia, Carlino, Strassoldo, Visco, Joannis, Jalmicco, Aiello, Crauglio, Gradisca d’Isonzo, Cormons, Bigliana, Gorizia, Merna, Dornberg, Reifenberg, Comen, S. Daniele del Carso, S. Croce, Camigna, Cernizza, Sambasso, Voghersca, Salcano, Tolmino, Caporetto, per concludersi a Cormons in data 3 giugno 1570. I risultati della visita, ben descritti nella relazione di fine mandato compilata dal P. e stilata materialmente dal Varisco, non furono incoraggianti e le disposizioni emanate rimasero in gran parte inascoltate ed inapplicate, dato che negli anni successivi la situazione precaria e problematica di diverse parrocchie era tutt’altro che risolta. Inoltre, la visita si interruppe e il P. fece rientro a Moggio in conseguenza di una malattia che lo colpì e che non gli consentì di proseguire alla volta della corte arciducale. La sua presenza a Graz nel febbraio dell’anno seguente può essere letta quindi come la prosecuzione dell’incarico affidatogli. Fondate ragioni spiegano dunque l’incontro avvenuto nell’ottobre del 1570 a Padova tra lui e papa Pio V che lo incaricò di recarsi alla corte dell’arciduca Carlo, per accordarsi sulle misure da prendere per fronteggiare il diffondersi delle nuove idee ereticali che dalla Stiria si stavano diffondendo in Carinzia e Carniola e da lì avrebbero potuto facilmente raggiungere Trieste e la contea di Gorizia. La scelta del P. va ricondotta ad almeno tre motivazioni: in primo luogo la fiducia di cui godeva presso la curia romana, nonostante il contrasto aperto con Iacopo Maracco; in secondo luogo la profonda conoscenza dei territori e delle problematiche che li riguardavano, approfondite nel corso della precedente visita pastorale; in terzo luogo il prestigio di cui godeva presso la corte arciducale la sua famiglia, appartenente alla nobiltà friulana filoimperiale. Prima di recarsi a Graz, nel novembre del 1570, il P. fu a Venezia per consultarsi con il patriarca d’Aquileia Giovanni Grimani visto che la nunziatura avrebbe toccato interessi spirituali e temporali del patriarcato. Fu in seguito a Udine dove incontrò il Maracco; visita ufficiale che molto probabilmente aveva da un lato l’obiettivo di ricomporre i dissidi intercorsi fra i due prelati negli anni precedenti, dall’altro quello di raccogliere i suggerimenti del vicario, esperto conoscitore della diocesi che da quindici anni amministrava a nome del Grimani. Iniziato il viaggio verso Graz, si fermò dapprima a Gorizia, dove nel dicembre del 1570 si trovò “sedente pro tribunali” ad assolvere dalla scomunica monsignor Aristeo da Zara, vicario d’Aquileia per il conte di Gorizia, e successivamente a Marburg, dove avvenne l’incontro con il cardinale Zaccaria Delfino, a sua volta in viaggio verso la sua nunziatura ungherese. Presumibilmente i due prelati proseguirono assieme fino a Graz, dove giunsero agli inizi di gennaio del 1571. Già dai primi incontri il P. avanzò all’arciduca le istanze del pontefice e principalmente quelle che gli stavano maggiormente a cuore: in primo luogo, purgare la regione dalle eresie che si stavano diffondendo molto rapidamente, e ripristinare una corretta disciplina ecclesiastica; in secondo luogo far cessare gli abusi perpetrati dai ministri arciducali a detrimento dei diritti giurisdizionali della Chiesa aquileiese. Su questo secondo punto ad essere messa in discussione era la legittimità della giurisdizione arciducale su alcuni territori, che richiamava una controversia apertasi ancora nel 1511 quando gli imperiali avevano occupato alcune zone del distretto aquileiese sottraendole al controllo temporale dei patriarchi. Durante il mese di permanenza a Graz il P. entrò in contatto, oltre che con l’arciduca, anche con il cancelliere, barone Hans (Giovanni) von Cobenzl, con il vescovo di Gurk, Urbano von Oesterreich, consigliere arciducale, e con il gesuita Stefano Stimel, confessore e predicatore di corte nonché anch’egli consigliere arciducale. Contatti che se da un lato gli permisero di esporre ampiamente le posizioni del Santo Padre, dall’altro tuttavia non gli valsero l’appoggio e la spinta sufficienti perché l’arciduca ne assecondasse le richieste. Concluso il suo incarico e rientrato in Friuli, inviò al pontefice, tramite il cardinale di Como Tommaso Galli, una relazione sull’attività svolta in cui venivano descritte le diverse eresie presenti nella parte austriaca del patriarcato e le proposte avanzate per fronteggiarle. Tra il 1571 e il 1573 viaggiò fra il Friuli, Milano e Roma e nel maggio del 1573, probabilmente per l’affidamento da parte di Gregorio XIII di un nuovo importante incarico, decise di rinunciare alla commenda dell’abbazia di Moggio in favore di Giacomo Rudio. Il 5 maggio di quell’anno venne infatti designato, da un’apposita commissione cardinalizia, nunzio per la Germania sud-orientale (Tirolo, Stiria, Baviera e provincia ecclesiastica di Salisburgo). Ricevute le credenziali il mese seguente, partì da Roma il 19 giugno per poi raggiungere rispettivamente Venezia, Trento ed infine Innsbruck. Qui iniziò rapidamente la sua attività, con il titolo di protonotario apostolico e di nunzio “ad partes Germaniae”, percorrendo in lungo e in largo i territori arciducali e l’arcidiocesi di Salisburgo, coadiuvato dal domenicano Niguarda. Tale nunziatura stabile, istituita proprio da Gregorio XIII, fu soppressa nel 1583 e, in un certo senso, sostituita dalla nunziatura di Graz, istituita a sua volta nel 1580. L’incarico assunto dal P. era in realtà più ampio di quello di un semplice nunzio e aveva inoltre una caratterizzazione particolare visto che l’aspetto diplomatico appariva di minor importanza rispetto ai compiti di natura religiosa, che facevano del nunzio una specie di visitatore apostolico permanente. Il principale compito affidatogli era quello di stimolare vescovi e superiori regolari a promuovere, eventualmente con il coinvolgimento dei principi, la riforma tridentina. Obiettivo che venne perseguito con tenacia sia dal P. sia dal Niguarda, in particolare attraverso la convocazione di sinodi diocesani e concili provinciali, come per esempio quello celebrato nel 1573 nella provincia ecclesiastica di Salisburgo. Per questa nuova visita in Germania, oltre che sull’esperienza maturata in precedenza, B. poté contare anche su un memoriale intitolato Istruzione del patriarca d’Aquileia a Nostro Signore per le cose di essa Chiesa inviatogli nel dicembre del 1573, per mezzo del cardinale di Como, dal vicario patriarcale Maracco. In esso tornavano le mai risolte questioni della reintegrazione del patriarca nei suoi diritti su Aquileia e sul suo territorio e la risoluzione degli impedimenti al pieno e libero esercizio della giurisdizione spirituale. In realtà la missione di B. riguardò un ventaglio ben più ampio di problematiche a partire dall’istituzione di un collegio di gesuiti alla definizione del ruolo che i tre vicari (patriarcale, imperiale, e arciducale) avevano all’interno del capitolo di Aquileia, tema al centro di un’accesa diatriba pluridecennale. Ben presto il P. si rese però conto che delle due questioni principali, quella della giurisdizione temporale e quella della giurisdizione spirituale, solo la seconda avrebbe potuto essere accolta, mentre la prima, nella quale rientravano anche antiche controversie confinarie e giurisdizionali fra casa d’Austria e patriarcato, non avrebbe mai trovato presso la corte arciducale la possibilità di essere riconsiderata. È così che, nel marzo del 1574, B. decise di puntare su una serie di “petitiones” di carattere prettamente spirituale da sottoporre all’arciduca tra cui la richiesta di accettare pubblicamente le disposizioni del Concilio Tridentino, l’espulsione degli eretici e la distruzione dei libri proibiti, il ripristino del celibato ecclesiastico, il rispetto del foro ecclesiastico, l’erezione dei collegi dei gesuiti, nonché la restituzione della piena giurisdizione (da intendersi spirituale) al patriarca d’Aquileia e la libertà da parte di quest’ultimo di usare il titolo di principe. Questioni, queste ultime due, rimaste inevitabilmente inascoltate da parte arciducale per le delicate implicazioni politiche. Nell’aprile del 1574, su richiesta del pontefice, il P. raggiunse Augusta, rimanendovi per buona parte dell’anno successivo, mentre tra papa, patriarca e imperiali si accendeva la questione del voto in capitolo. Nel corso del 1575, sempre per ordine papale, si spostò più volte tra Friburgo, Augusta e Costanza; nel febbraio del 1576 lo si ritrova in viaggio verso Besançon, abbandonata rapidamente per recarsi ad Ensisheim e, infine, nuovamente a Friburgo. Alla fine di giugno, afflitto da una febbre che durava da più di un anno, raggiunse Ratisbona per partecipare alla dieta imperiale, esprimendo però il desiderio, legato alle sue condizioni di salute, di rientrare in Italia alla chiusura dei lavori della dieta. All’inizio del 1577 ricevette l’ordine di recarsi a Monaco, per poi raggiungere l’area renana ed in particolare Treviri, ove giunse accompagnato dal segretario Minuccio Minucci. Rimase nella regione del Reno inferiore e soprattutto nei dintorni di Colonia fino agli inizi di febbraio del 1578 quando lo raggiunse la nomina a nunzio presso la corte imperiale. Dopo essere passato per Monaco e Vienna arrivò a Praga dove morì il 12 agosto 1578 – vittima «della sua fedeltà al dovere e del suo zelo per il servizio della Santa Sede» – e fu sepolto nella cappella reale.

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Bibliografia

ACAU, Moggio, XII, Atti in visita, Documenti vari datati 1570-71 tra i quali alcuni di B., in particolare diverse lettere a lui dirette ed un interessante Rapporto di Bartolomeo di Porcia sulla presenza luterana a Gorizia (1570); Ibid. Vale, 706, Minuta della visita apostolica di B. (1570); Ibid., 754/2: 1570, Visita di Bartolomeo di Porcia (il fascicolo contiene lettere e atti connessi con la visita apostolica di B.); BAU, 330/I, 1r-21r, Costituzioni aquileiesi dei visitatori apostolici Bartolomeo di Porcia (1570) e Paolo Bisanti (1580); ASU, Caimo, 97/7, Lettera di Enea di Porcia a Girolamo de Renaldis datata 11 giugno 1788 (contiene una relazione sulla morte di B. e sul funerale svoltosi a Praga); mss BCU, Principale, 467, 47-58, Summario di lettere del conte B. di Porcia a Carlo Borromeo, e ai suoi familiari e viceversa; ivi, 1039, Visitatio apostolica facta per […] Bartholomaeum Purliliarum […] in civitate et dioecesis Aquileiensis […]; Ibid., Joppi, 614, 26, Instruzione del Patriarca d’Aquileia a nostro Signore per le cose di sua Chiesa; mss Biblioteca Civica di Verona, 298 91.6, Lettere di Bartolomeo conte di Porzia e di altri a lui scritte negli anni 1570 e 1571; Diverse lettere dirette da Carlo Borromeo al P. e da quest’ultimo al cardinale milanese sono conservate presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano.

B. DI PORCIA, Oratio magnifici D. Bartholomaei […] die Cinerum in cappella sanctiss. D. N. habita anno 1562, Dilingae, Mayer, [1562].

De le rime di diversi nobili poeti toscani raccolte da M. Dionigi Atanagi, Venetia, Avanzo, 1565 (contiene alcune poesie di Erasmo di Valvasone dedicate al P.); T. TASSO, Lettere inedite poste insieme dall’abate Pier Antonio Serassi, Pisa, Capurro, 1827, 263-264; T. TASSO, I dialoghi di Torquato Tasso, Firenze, Le Monnier, 1858, I, 255; D. TESSITORI, Memorie storiche dell’abbazia di Moggio ai tempi del suo abbate commendatario s. ... leggi Carlo Borromeo 1561-1566, Udine, Patronato, 1887; Die Suddeutsche Nuntiatur des Grafen Bartholomäus von Portia, in Auftrage des K. Preussichen Instituts in Rom bearbeitet von Karl Schellhass, I-III, Berlin, Bath, 1896-1909; A. BATTISTELLA, Una missione di Bartolomeo di Porcia anteriore alla sua nunziatura di Germania, «Atti della Accademia di Udine», 14 (1906-07), 73-124; ID., La prima visita apostolica nel Patriarcato aquileiese dopo il Concilio di Trento, «MSF», 3 (1907), 133-154, 4 (1908), 17-29, 113-124, 153-196; A. DE PELLEGRINI, Il conte Bartolomeo di Porcia e la controriforma in Germania, «Pagine friulane», 17 (1906), 194-195; P. PASCHINI, Un diplomatico friulano della controriforma, Bartolomeo di Porcia, «MSF», 30 (1934), 17-51; ID., Eresia e riforma cattolica al confine orientale d’Italia, Roma, Facultas Theologica Pontificii Athenaei Lateranensis, 1951, 131-161; A. FORNIZ, Il conte Bartolomeo di Porcia nunzio in Germania e abate di Moggio, «Il Popolo», 25.02.1973; G. PAOLIN, Le visite pastorali di Iacopo Maracco nella diocesi aquileiese nella seconda metà del XVI secolo, «Ricerche di storia sociale e religiosa», 13 (1978), 169-193; B. STAFFUZZA, Visita pastorale di mons. Bartolomeo di Porcia a Cervignano, Terzo e S. Martino nel 1570, Gorizia, Tip. Sociale, 1979; G. FORNASIR, Alcune illazioni sulla visita pastorale effettuata dal Porcia nel 1570 alla pieve di S. Michele Arc. di Cervignano, «MSF», 61 (1981), 69-86; G. PAOLIN, La visita apostolica di Bartolomeo da Porcia in alcuni paesi del goriziano (1570), in Marian, 151-173; A. DE PELLEGRINI, Cenni storici sul Castello di Porcia. Segue: Porcia: i luoghi della memoria. Repertorio documentale per servire allo studio di una realtà locale, a cura di S. BIGATTON, Pordenone, GEAP, 1990, indice; G. PAOLIN, La visita apostolica di Bartolomeo da Porcia nel goriziano nel 1570, in Katholische Reform und Gegenreformation in Innerösterreich 1564-1628 = Katoliska prenova in protireformacija v notranjeavstrijskih dezelah 1564-1628 = Riforma cattolica e controriforma nell’Austria Interna 1564-1628, Graz/Wien/Köln, Hermagoras/Mohorjeva Styria, 1994, 133-142; Enciclopedia dei papi, III, Innocenzo VIII-Giovanni Paolo II, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 2000, 169-193; A. KOLLER, Bartolomeo Porcia. Nuntius in Deutschland, Herzberg, Bautz, 2000; Nuntiaturberichte aus Deutschland nebst ergänzenden Aktenstücken. Dritte Abteilung: 1572-1585, IX., Nuntiaturen des Giovanni Delfino und des Bartolomeo Portia (1577-1578), A. KOLLER (Bearb.), Tübingen, Niemeyer, 2003; A. KOLLER, Le relazioni tra Roma e la corte imperiale agli inizi del regno di Rodolfo II. La fine della nunziatura di Delfino e l’intermezzo Portia, in Gli archivi della Santa Sede e il mondo asburgico nella prima età moderna, a cura di M. SANFILIPPO - A. KOLLER - G. PIZZORUSSO, Viterbo, Sette Città, 2004, 147-172; E. C. LAI, Una pagina della storia di Jalmicco. La Visita Apostolica di Bartolomeo da Porcia nel 1570, Udine, Ribis, 2007.

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