VALERIANO

VALERIANO (? - 388)

vescovo di Aquileia

V. successe sulla cattedra di Aquileia al vescovo Fortunaziano intorno al 368, inaugurando una linea teologica e pastorale di più nitida osservanza nicena: è il momento in cui Aquileia acquista un ruolo preminente tra le Chiese dell’Italia settentrionale, compresa Milano dove sedeva il semiariano Aussenzio, e anche tra quelle poste fra l’Adriatico e il Danubio. La lettera VII dell’epistolario geronimiano (PL, 22, 341) ci offre una testimonianza dell’operosità apostolica del presbiterio di cui V. aveva saputo circondarsi; Girolamo infatti si compiace con Cromazio allora presbitero, con suo fratello Eusebio e con Giovino, rispettivamente diacono e arcidiacono della Chiesa aquileiese e poi vescovi di sedi ignote, i quali, alla gloria privata della confessione in Cristo, potevano aggiungere il pubblico merito di aver estromesso da Aquileia il “virus” del dogma ariano. L’attività pastorale di V. si rivela per la prima volta nella sua partecipazione al concilio convocato a Roma da papa Damaso fra il 369 e il 372 per rimettere in ordine l’Occidente cristiano dopo la crisi provocata dall’arianesimo e per opporsi alle novità teologiche: Aussenzio da Milano, rimasto assente, vi fu condannato insieme col concilio di Rimini. Nella lettera che il concilio inviò ai vescovi orientali, V. è nominato subito dopo Damaso. Delle tre lettere di riscontro scritte da san Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia (PG, 32, 471 ss.), una è indirizzata a V. per ringraziarlo della gioia che gli aveva recato con la sua lettera e per supplicarlo di pregare il Signore a voler liberare l’Oriente dai turbamenti che lo sconvolgevano. ... leggi In essa Basilio, oltre a compiacersi della concordia fra i vescovi di Occidente e della libertà che vi godeva la vera dottrina, chiamava V. vescovo degli Illirici per il grande credito da lui goduto fra i cattolici di quelle regioni, dove non mancavano campioni audaci e convinti dell’arianesimo. Forse fu anche la vigorosa azione per l’ortodossia, oltre alla sua collocazione geografica, che fece di Aquileia la sede di un concilio occidentale nel settembre 381. Questo concilio, in sé di modeste proporzioni, assume ai nostri occhi eccezionale valore, perché è l’unico fra i concili dell’annosa controversia ariana di cui ci siano giunti pressoché integri gli atti ufficiali, oltre alle contestazioni della controparte ariana, che ci consentono di seguire passo passo l’andamento vivace e talvolta drammatico della discussione. Esso si connette a tutta una campagna intrapresa da Ambrogio di Milano, successo ad Aussenzio nel 374, per eliminare dall’Occidente gli ultimi focolai dell’arianesimo soprattutto nelle province danubiane, dove l’opposizione a Nicea aveva radici più profonde che da noi. Il concilio di 32 vescovi presieduto da V. e guidato da Ambrogio, iniziò i lavori il 3 settembre 381 e, per la parte processuale propriamente detta, li concluse nella serata dello stesso giorno con la condanna dei due vescovi imputati, Palladio da “Ratiaria” e Secondiano di “Singidunum”, i più rappresentativi esponenti del declinante arianesimo illirico. La Chiesa di Aquileia stava vivendo allora la sua più bella stagione, quando fiorì presso il centro episcopale un notevole seminario di studi teologici organizzato secondo il modello monastico, forse anche per l’entusiasmo suscitato nella fervente comunità dalla presenza di san Atanasio nel 345, e ispirato all’ideale alessandrino dell’armonia tra fede e cultura classica. Da questo seminario uscì anche una serie di vescovi che occuparono sedi dell’Italia settentrionale, della Rezia, del Norico e della Pannonia. Agli uomini di questo cenacolo va riconosciuto il merito di aver portato un decisivo contributo alla soluzione della crisi ariana in Occidente, quando si pensi alla parte avuta dal vescovo V., accanto al papa nelle sinodi romane e accanto ad Ambrogio nel concilio di Aquileia per sostenere con successo la causa dell’ortodossia. Qualcuno ha pensato di riferire al suo episcopato la dedicazione della “basilica apostolorum” attestata dal Martirologio Geronimiano per un 3 settembre («In Aquileia dedicatio basilicae et ingressio reliquiarum…»), ma forse essa è da riferire all’episcopato di Cromazio in relazione al Sermone 26 «in dedicatione ecclesiae Concordiensis». V. morì un 26 novembre, del 388 probabilmente, perché sotto questo giorno è ricordato nel Geronimiano: «VI Kal. Decem. in Aquileia Valeriani episcopi et confessoris».

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Bibliografia

PASCHINI, Storia, 47-55; S. TRAMONTIN, Origini cristiane, in Storia della cultura veneta, 104-123; G. CUSCITO, Fede e politica ad Aquileia. Dibattito teologico e centri potere (secoli IV-VI), Udine, Del Bianco, 1987, 47-75; CUSCITO, Cristianesimo antico, 1977, 177-187.

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