ZAMBURLINI PIETRO

ZAMBURLINI PIETRO (1832 - 1909)

arcivescovo

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Monsignor Pietro Zamburlini (Pordenone, Archivio storico diocesano).

Nacque a Bagnoli (Padova) nel 1832. Studiò nel Seminario diocesano all’interno del quale si snodò fino al 1878 il suo cammino di studente, di docente (s’era laureato in teologia nel 1866) e, infine, di rettore, intrecciando una solida amicizia col futuro Pio X col quale – quando il servizio pastorale li separò – tenne una costante corrispondenza. Nel 1878 fu nominato canonico della cattedrale di Padova e, successivamente, vicario generale della diocesi. Nel 1894 fu eletto vescovo di Concordia-Portogruaro dove rimase fino al 1897, anno in cui fu trasferito all’arcidiocesi di Udine. Quando ormai il problema interno alla Chiesa udinese s’avviava a salutare soluzione (ivi compresa l’inopportuna diatriba per la momentanea compresenza delle due testate giornalistiche diocesane), il presule si trovò tra le mani la non facile gestione della neonata Democrazia cristiana (DC) udinese di don Romolo Murri. In seno alla Chiesa italiana, in realtà, l’ammorbidimento del “non expedit” per opera di Leone XIII aveva visto la discesa in campo – con il placet dei vescovi, ma solo per le elezioni amministrative – dei cattolici italiani. Avvenne così anche in Friuli tra il 1899 ed il 1902 uscì dal suo schieramento un consigliere comunale in Udine città, l’avvocato Vincenzo Casasola, un sindaco – a Cividale, l’avvocato Giuseppe Brosadola – e due consiglieri provinciali, monsignor Protasio Gori e don Ivan Trinko. L’obiettivo di don Murri, però, era la partecipazione alle elezioni politiche con un partito indipendente dalla Santa Sede. ... leggi Nel 1903 anche la neonata DC friulana tenne nel teatro del Seminario il suo primo congresso sotto la guida dell’avv. Brosadola e di don Giuseppe Ellero. Nonostante il grande entusiasmo di quest’ultimo per i risultati del dibattito, il congresso mise in evidenza le due anime – tradizionalista l’una, innovatrice l’altra – del mondo cattolico friulano (ecclesiastico e laico). Ne scaturì una conflittualità (in primis quella che contrappose Casasola a Ellero) che continuò per molto tempo anche attraverso la stampa cattolica accentuata dagli interventi, non certo positivi, del docente di dogmatica, Protasio Gori. In Seminario, nel frattempo, il “metodo critico” adottato da Ellero aveva trovato un convinto assertore in Pio Paschini e, anche se in misura minore, nel docente di morale e di diritto canonico, don Luigi Miconi. Il documentatissimo lavoro di Paschini sull’inesistenza storica della protoevangelizzazione di san Marco ad Aquileia, provocò una reazione scandalizzata nella maggior parte del clero, costringendo Z. a prendere decisioni drastiche anche se sofferte: Miconi fu fatto parroco di Buttrio, Gori abate di Moggio Udinese, Ellero e Paschini, pur rimanendo in Seminario, vennero privati della cattedra. Questa situazione, in una con la “fuga in avanti” di don Murri e della sua DC, spinse il presule – in anticipo sulle decisioni vaticane – a stroncare la neonata DC udinese (1905). I tre anni successivi offrirono a Z. un’unica grande soddisfazione, la solenne inaugurazione del grandioso Seminario minore di Rubignacco (1906), ma con una pesante eredità debitoria. Nello stesso anno, però, giunse il visitatore apostolico dell’arcidiocesi (e del Seminario), p. Tommaso Boggiani, domenicano. Nel 1907 arrivò da Roma l’atto conclusivo, costituito da una devastante relazione sul presbiterio diocesano e sul Seminario. Il presule, a questo punto, dovette difendere e giustificare le linee del proprio governo pastorale e, soprattutto, smontare il marchingegno domenicano delle accuse (frutto spesso di passaparola) rovesciate sul clero udinese. Consolatoria, nel tardo autunno del 1907, giunse a Z. una lettera tranquillizzante dell’“amico” Pio X, tuttavia, a distanza di pochi mesi, nella primavera del 1908, il Seminario ebbe un nuovo visitatore apostolico che ammorbidì la relazione Boggiani ma puntò all’allontanamento dal Seminario dei “modernisti” Ellero e Paschini. Una decisione che l’arcivescovo si guardò dal prendere ma che evidenziò, in ultima istanza, le difficoltà del suo governo episcopale vissuto quasi sempre in trincea. Il suo non lungo governo episcopale (dodici anni), più che dalla linea magisteriale è infatti contraddistinto da un momento storico civile ed ecclesiastico, anche locale, di rilevante importanza. Una situazione che mise in notevole difficoltà il presule e lo costrinse – suo malgrado – a prendere decisioni drastiche. Sul piano civile c’era, a monte, l’ostica posizione dei “sorestàns” massoni friulani che nel presbiterio locale, soprattutto dopo l’annessione all’Italia, leggevano un tiepido amor di Patria (si veda l’assalto all’episcopio nel 1867) con una conseguente e dolorosa separazione tra le due realtà. Dall’altra c’era il Presbiterio diocesano che – profondamente ancorato alla tradizione – tenacemente rifiutava di prendere atto della situazione e del “nuovo” che si stava profilando sia sul piano ecclesiale (Leone XIII) sia su quello sociale (emigrazione di massa). Z. si trovò a gestire quest’eredità aggravata dalla frizione tra il clero locale, di cui una buona parte voleva come successore del presule Giovanni Maria Berengo il suo vescovo ausiliare, il friulano Pier Antonio Antivari. La situazione venne resa ancor più calda dalla presenza di un increscioso nodo che indubbiamente poteva trovare altre soluzioni, vale a dire il problema del quotidiano dell’arcidiocesi, «Il Cittadino italiano». Ne erano proprietari i fratelli Loschi che non vollero cederlo all’arcidiocesi ed allora il vertice ecclesiastico optò per una testata nuova: per un brevissimo periodo, di conseguenza, l’arcidiocesi ebbe due giornali in contrapposizione: «Il Cittadino italiano» ed il neonato «Il Crociato». Al delicato problema si sommava quello relativo al Seminario, dove personalità come Giuseppe Ellero, Pio Paschini e il giovane Trinko rappresentavano una ventata di novità. Inoltre le proposte di innovazioni radicali da parte della DC di Romolo Murri e il “metodo critico” adottato per una lettura diversa anche della cultura laica ed anticattolica, legati alla linea magisteriale di Leone XIII, ma subito “cementati” dal successore, Pio X, creavano un fermento nell’ambiente cattolico udinese. Z. morì a Udine nel 1909.

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Bibliografia

BSAU, Memorie del Seminario arcivescovile di Udine, agosto 1906-luglio 1925; ACAU, 976, Visite Apostoliche (solo Boggiani, a. 1907), 1906-1908, Riassunto della Relazione del visitatore apostolico e circolari di mons. Zamburlini.

G. ELLERO, Le nuove tendenze del pensiero moderno ed i doveri del clero, Udine, Tip. del Patronato, 1900; P. PASCHINI, Sulle origini della Chiesa di Aquileia, «Rivista di scienze storiche», 1/1 (1904), 3-54; G. BIASUTTI, San Pio X, Lettere a mons. Pietro Zamburlini, Udine, AGF, 1959; M. TOLLER, Sessant’anni dalla morte di un sacerdote esemplare, Udine ebbe nell’Arcivescovo Zamburlini un precursore dell’opera di Papa Giovanni, «MV», 22 settembre 1969; B. COLAVIZZA, La Diocesi di Udine 1891/1906, fermenti innovatori e tendenze conservatrici, Udine, IFSML, 1979; G. ELLERO, Cronaca del Seminario Arcivescovile di Udine (1902-1924), a cura di L. NEGRISIN, Udine, Casamassima, 1986, 97, 99-100, 103-104, 107-108, 110-111, 130-131, 173-174. Sul Seminario e sulla crisi modernista: G. VALENTI, Aspetti e problemi dell’episcopato udinese di mons. Pietro Zamburlini (1897-1909), t.l., Università degli studi di Trieste, a.a. 1984-1985; E. ELLERO, Il Seminario di Udine 1900-1928, Udine, [Seminario arcivescovile], 2008, 101-119.

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