BIRINGUCCIO VANNOZZO

BIRINGUCCIO VANNOZZO (1480 - ?)

esperto di metalli

Nacque a Siena dal noto architetto Paolo, sovrintendente alle opere pubbliche della città e da Lucrezia di Bartolomeo; fu battezzato il 20 ottobre 1480. Nelle lotte ricorrenti delle fazioni cittadine si schierò dalla parte di Pandolfo Petrucci che presto, intuita la predisposizione allo studio dei minerali del B., lo avviò, ancora giovinetto, come artigiano metallurgico ad apprendere le tecniche legate all’attività di estrazione e lavorazione del ferro a Boccheggiano, paese delle colline metallifere toscane. Nel 1507 gli fu affidata la direzione della miniera argentifera del Monte Avanza, nell’alta Carnia. Nel trattato che lo avrebbe reso celebre, De la pirotechnia, ricorda la sua esperienza: «Talché di nessuna sorte di quante n’ho vedute in quel di Venetia come in Carnia et in più altri luoghi dir non posso d’haver veduto la miglior, anchor che molte cave vi siano, ben che le più son di rame con argento, infra le altre in el monte d’Avanzo, dove io anchora già intervenni in compagnia di certi gentilhomini […] e certo n’haveresimo tratto buon frutto, se la fortuna in quei tempi non havesse sucitato una guerra infra Massimiliano Im peratore e li Signori Venetiani, quale fé che quelli luochi del Frioli e della Carnia non si potevano habitare, e così ci costrinse ad abbandonare l’impresa nostra et a guastare ogni ordine fatovi». Fu in questo periodo che il B. ebbe modo di visitare centri minerari d’oltralpe, come quelli di Bleiberg, Innsbruck, Halle, Rottenberg, dedicandosi con passione allo studio delle tecniche di estrazione adottate. Nel 1508, a causa della guerra, la miniera dell’Avanza fu chiusa e il B., dopo un soggiorno a Milano dove si recò per prendere conoscenza delle tecniche adottate da una fabbrica nella produzione dell’ottone, tornò a Siena e si dedicò a perfezionare alcuni aspetti tecnici delle miniere di Boccheggiano. ... leggi A Milano, secondo molti studiosi, ebbe modo di conoscere e frequentare Leonardo da Vinci con il quale forse discusse la possibilità del getto in bronzo della famosa statua equestre di Ludovico il Moro, mai realizzata. Nel 1512 morì Pandolfo Petrucci e il B. seguì il partito di suo figlio, Borghese, che l’anno dopo lo nominò responsabile dell’armeria del comune e nel 1514 gli concesse l’appalto della zecca senese per cinque anni, ma appena un anno dopo Borghese fu costretto a fuggire e il B., accusato di aver alterato la lega delle monete per trarne illecito profitto, fu esiliato e riparò a Roma. L’accusa divenne definitiva dopo un processo al quale il B. non partecipò, tanto che come traditore fu posto al bando. Il B. continuò i suoi viaggi di studio: fu a Napoli e in Sicilia, acquisendo esperienze nel campo dell’artiglieria e nelle fusioni artistiche. Ritornò in patria quando il figlio minore di Pandolfo, Fabio, ebbe il governo di Siena. Ottenne il dissequestro dei suoi beni e anche la concessione a fabbricare il salnitro in tutto il territorio. A seguito del nuovo tracollo della famiglia Petrucci e della cacciata di Fabio, fu costretto ancora una volta ad andare in esilio, prima in Germania poi a Firenze dove pose al servizio della città la sua abilità tecnica e diresse l’artiglieria durante lo sfortunato assedio di Siena del 1526. Fuse per la Repubblica fiorentina una celebre colubrina a testa d’elefante. Le mutate condizioni politiche lo richiamarono in patria nel 1530 e divenne architetto e capomastro dell’Opera del duomo. La sua notorietà era nel frattempo giunta anche al papa che nel dicembre del 1534 gli affidò l’incarico di mastro fonditore della Camera apostolica e di capitano dell’artiglieria. Morì improvvisamente a Roma in data incerta, ma un manoscritto dell’agosto del 1539 lo attesta defunto. Non è stata conservata nessuna delle sue opere; anche la colubrina di Firenze fu fusa, per recuperare il metallo, verso il 1544. Un anno dopo la morte veniva edita in Venezia De la pirotechnia, opera in volgare che raccoglie la sua lunga esperienza nella tecnica di estrazione mineraria, di preparazione delle leghe, della fusione di armi e campane e della coniazione di monete. Il grande successo dell’opera fu provato da ben quattro edizioni italiane in meno di vent’anni e dalle traduzioni che, verso la metà del secolo XVI, portarono alla stampa delle edizioni in francese, inglese e spagnolo, ma anche dalle ampie parafrasi in lingua latina di elevato stile che inclusero importanti capitoli della Pirotechnia nell’altro grande trattato del Cinquecento sulla tecnologia dei metalli: il De re metallica di Georg Bauer detto Agricola. Il B. diede nel suo lavoro originali contributi alla metallurgia, in particolare alle tecniche di fusione dell’argento, alla fabbricazione dell’acciaio, all’estrazione del mercurio, alle leghe, nonché alle tecniche per gettare il metallo fuso nelle forme (per la fabbricazione dei cannoni e delle campane). Osservando cristalli di pirite, intravvide la legge della costanza dei diedri che sarebbe stata enunciata nel 1688 dal bolognese Domenico Guglielmini. Il B. distingueva nei suoi discorsi due tipi di alchimia: una di carattere pratico che, seguendo la natura, porta a risultati utili, come la preparazione di medicine, profumi, colori per la pittura; un’altra che pretendeva invece di trasmutare i metalli. Proprio quest’ultima fu oggetto di violenti attacchi da parte di questo precursore della metallurgia che la criticava per l’oscurità del linguaggio e per l’assenza di metodo sperimentale. Questo aspetto giustifica la convinzione di alcuni storici della scienza che attribuiscono al B. il ruolo di fondatore del metodo sperimentale nelle scienze della natura, un secolo prima di Galileo. Nella miniera del Monte Avanza, una galleria è a lui dedicata: si tratta di quella che parte alla base della parete di roccia verde.

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Bibliografia

V. BIRINGUCCIO, De la pirotechnia, Venezia, Navò, 1540 (= a cura di A. CARUGO, Milano, Il Polifilo, 1977).

M. DONDI - A. PALENZONA - G. PUGILI, La miniera di Monte Avanza; Forni Avoltri (Udine), «Rivista mineralogica italiana», 2 (1995), 125-136; A. CLERICUZIO, Mineralogia e scienze della terra, in Storia della civiltà europea - Il Cinquecento, a cura di U. ECO, 3, Milano, F. Motta, 2007, 65-71.

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