BOTTARI GIOVANNI

BOTTARI GIOVANNI (1758 - 1814)

agronomo

Nato a Chioggia (Venezia) da Benedetto, commerciante molto facoltoso, e Santina Vianelli il 24 agosto 1758, studiò presso il Seminario di Ceneda (Treviso) e, al termine degli studi, si dedicò all’agricoltura. In un vasto appezzamento di proprietà della famiglia presso Loreo (Rovigo), avviò la coltivazione del gelso, riuscendo a rendere produttiva un’area che era chiamata “deserto”. Nel 1782, a causa di contrasti familiari, probabilmente per il primo matrimonio contratto con una donna di fede protestante, lasciò Loreo per trasferirsi a Cesarolo, presso Latisana, come agente della famiglia Minotto. Qui, rimasto vedovo, sposò in seconde nozze Francesca Morossi, appartenente a una delle famiglie più in vista del paese. Dopo qualche tempo, per contrasti sorti con abitanti del paese, prese in affitto cinquanta campi friulani a San Michele al Tagliamento, avviando un radicale cambiamento dei sistemi di produzione, anche grazie all’aiuto dello zio Bartolomeo, medico ed esperto botanico. Coinvolto in una vicenda giudiziaria per le sue idee filo-francesi e libertarie, al termine di un lungo processo venne condannato a diciotto mesi di carcere, che scontò nella fortezza di Palma. Rientrato a San Michele il 20 dicembre 1793, si ritirò nella sua tenuta, che trovò molto danneggiata in sua assenza e si dedicò completamente ai lavori agricoli. In una Lettera del 9 aprile 1811 al cavalier Filippo Re, professore di agraria nella r. Università di Bologna, sul suo podere modello in S. Michele al Tagliamento (pubblicata sugli «Annali dell’agricoltura del Regno d’Italia», XI, 1811, e poi stampata a parte: Udine, 1893) descrive l’enorme lavoro compiuto nella tenuta di Latisana per rendere produttiva una terra di sola sabbia e argilla, adottando coltivazioni adatte al terreno e di sicuro smercio nei mercati di Trieste e Venezia (asparagi, pesche, mele, uva spina e rose damaschine). Si impegnò anche per la diffusione del gelso, che coltivava in siepi perimetrali per tutto l’appezzamento, e per il miglioramento della qualità del vino prodotto nella zona di Latisana, a partire dalla coltivazione in vigna, ma intervenendo anche sul lavoro in cantina. ... leggi Frutto di queste esperienze dirette è la pubblicazione dell’opuscolo L’accoppiamento delle viti ai gelsi senza che scambievolmente si nuocano (Alvisopoli, 1810; ripubblicato a Udine, 1824 in due edizioni distinte, e infine a Milano, 1838). Sul finire del 1812 si recò a Chioggia per motivi familiari; rientrato a San Michele, morì il 13 marzo 1814. Il contributo più rilevante al progresso del Friuli da parte di questo friulano d’adozione è senz’altro la sperimentazione di nuove forme di produzione agricola e la loro diffusione, che furono senza dubbio di stimolo per il rinnovamento dell’agricoltura nella zona di Latisana. Molte opere uscirono postume, anche perché B. era solito dire che i libri di agraria erano già troppi: Della coltura più propria dei terreni sabbiosi e marini (Padova, 1837), nella quale B. indica nella vite l’unica pianta capace di sopravvivere nei terreni sabbiosi e in grado di dare un buon reddito; Sulla coltivazione dei litorali e precipuamente sulla coltura delle viti (Padova, 1838) pubblicata a cura di Domenico Rizzi. Alcuni dialoghi invece sono rimasti inediti: Istruzione per la migliore coltura dei gelsi, fondata sulla esperienza e sulla ragione e Istruzioni sulla formazione del vigneto nei terreni sterili, sulla piantagione e coltura degli asparagi, delle rose damaschine e delle pesche.

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Bibliografia

DBF, 109-110; F. DE TIPALDO, Biografia degli italiani illustri, VI, Venezia, Alvisopoli, 1838, 213 s.; DI MANZANO, Cenni, 41; F. LUZZATTO, La pericolosa avventura di un agricoltore friulano, «AAU», s. VI, 11 (1948-1951), 343-356; P. PRETO, Bottari, Giovanni, in DBI, 13 (1971), 407-409; MARCHETTI, Friuli, 946.

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