COSTANTINI CELSO BENIGNO LUIGI

COSTANTINI CELSO BENIGNO LUIGI (1876 - 1958)

cardinale, saggista

Immagine del soggetto

Celso Costantini (Udine, Civici musei, Fototeca).

Nacque a Castions di Zoppola (Pordenone), secondo di dieci figli, il 3 aprile 1876 da Costantino (alias Costante) e Maddalena Altan. Costei, appartenente a un ramo illegittimo della nobile famiglia di San Vito al Tagliamento, ebbe a ispirarsi, nella scelta del nome attribuito al secondogenito, alla lettura di una biografia della santa fondatrice delle “Visitandine”, Jeanne-Françoise Frémiot de Chantal, che così chiamò il proprio figlio. Il padre, titolare di una piccola impresa edile, iniziò ben presto C. – la cui preparazione scolastica, come uso fra le famiglie non abbienti, si fermava alla terza elementare – al lavoro in cantiere, trasmettendogli nel contempo un qual certo interesse per il bello artistico e assecondando l’inclinazione del giovinetto al disegno figurativo e alla modellazione in creta. Meditata la vocazione religiosa in un periodo di convalescenza per un incidente occorsogli sul lavoro all’età di quattordici anni, C. entrò in seminario a Portogruaro, dopo il superamento dell’esame previsto per chi non aveva seguito il corso di studi regolare, nel novembre 1892, rimanendovi fino al luglio 1897 e guadagnando il primo premio per rendimento alla prima, terza e quarta ginnasio. Constatata l’inadeguatezza dell’offerta formativa dell’istituto diocesano, C. chiese al neoeletto vescovo Francesco Isola di poter proseguire gli studi a Roma. Ottenuto l’assenso del presule, ma osteggiato dai superiori in Seminario, che inizialmente non gli fornirono alcuna lettera di presentazione, C. si iscrisse alla Pontificia Università della Minerva, retta dai domenicani, e contemporaneamente all’Accademia di San Tommaso della Pontificia Università Gregoriana, dove conseguì la laurea in filosofia il 10 maggio 1899 e il 14 luglio successivo anche in teologia; a questi anni risale l’avvio di quella che sarebbe stata una feconda attività pubblicistica: con lo pseudonimo di Uranio d’Arco collaborò alla rivista fiorentina «L’Ateneo» e pubblicò con i tipi di B. Graziano il volume Primavera di Martiri. Ordinato il 23 dicembre 1899, il neo presbitero aspirava a qualche ufficio che valorizzasse le sue capacità intellettuali: ricevette invece, il 4 gennaio 1900, l’incarico di cappellano dell’ospedale civile di Portogruaro di rettore dell’annessa chiesa di S. Giovanni Evangelista; successivamente, l’8 giugno, venne trasferito alla parrocchia di Roraigrande, nel comune di Pordenone, in qualità di economo spirituale. ... leggi Alla reiterata richiesta di potersi allontanare dalla diocesi per dar corso ai suoi progetti professionali legati all’insegnamento, il vescovo oppose un fermo rifiuto, ritenendo che le doti di C. dovessero essere spese per la cura d’anime: il 21 febbraio 1901 lo destinò perciò a reggere la comunità di Concordia. Preso possesso della prestigiosa parrocchia il 2 marzo col titolo di vicario attuale, essendo allora titolare della stessa il Capitolo, C. la guidò fino all’8 luglio 1915, attendendo al riatto della cattedrale e della piazza antistante e coltivando le proprie ambizioni artistiche, sia in ambito teorico che pratico. Al periodo concordiese infatti risale gran parte della sua produzione plastica (sculture d’impronta realistica conservate oggi tra Zoppola, Pordenone e Concordia) e principia quella di saggista: data al 1907 Nozioni d’arte per il clero, testo che fu subito adottato per l’insegnamento al Seminario in Portogruaro; al 1909 Athena: compendio di storia dell’arte, scritto in collaborazione col fratello Giovanni. Nel 1911 nacque l’idea di una società di “amici dell’arte cristiana”, sull’esempio del modello della tedesca “Gesellschaft für christliche Kunst”, che fondò ufficialmente a Milano con atto notarile del 24 ottobre 1912, dando poi vita l’anno successivo all’omonima rivista, tutt’ora edita, che diresse fino al 1917 pubblicandovi oltre cinquanta articoli fino al 1951. Il periodico, inizialmente osteggiato in certi ambienti cattolici ostili al modernismo propugnato fra quelle pagine, rese alquanto noto il nome di C. entro l’élite culturale. Fu così che Ugo Ojetti, divenuto tenente dell’esercito con il compito di presiedere alla conservazione delle opere d’arte nella zona di guerra, scoppiata il 24 maggio 1915 contro l’Austria-Ungheria, lo volle ad Aquileia “liberata”, nella duplice veste di reggente della parrocchia, che faceva capo alla celebre basilica, e di conservatore della stessa; i due strinsero una sincera amicizia, testimoniata dal lungo carteggio – esteso anche alla moglie Fernanda – e dalla collaborazione (Ojetti ne stilò la prefazione) alla guida storico-artistica di Aquileia e Grado che C. diede alle stampe nel 1916. Con la disfatta di Caporetto, C. seguì l’esercito italiano (28 ottobre 1917), inizialmente come cappellano di un ospedale da campo e poi della Terza Armata comandata da Emanuele Filiberto di Savoia, ottenendo una croce al merito. Il 3 novembre 1918, seguendo l’avanzata vittoriosa delle truppe italiane, C. giunse a Concordia, dove apprese che il vescovo Isola, accusato di connivenza col nemico austriaco, era stato fatto oggetto di una furente aggressione da parte della popolazione a Portogruaro. Corso in aiuto al presule, questi lo nominò all’istante suo vicario generale, destituendo mons. P. Sandrini, allora profugo a Roma e affidando di fatto la diocesi nelle sue mani, dovendo egli abbandonare la sede vescovile per ovvi motivi di opportunità politica. Nel periodo di reggenza, C. dovette affrontare lo spinoso problema del trasferimento del Seminario a Pordenone; fondò inoltre a Portogruaro (2 dicembre 1918) l’Istituto San Filippo Neri per i “figli della guerra” (disconosciuti dalle madri italiane che ebbero a concepirli con soldati austriaci) dichiarato opera pia, secondo il regio decreto del 10 agosto 1919, e costituì, con l’ausilio del fratello Giovanni, incardinato nel patriarcato di Venezia, l’Opera di soccorso per le chiese rovinate dalla guerra, cui si devono, grazie a contributi pubblici e privati, quasi 200 chiese ricostruite, altre 700 riparate e riattate, circa 10.000 campane acquistate. Divenuto “monsignore” nel gennaio 1919 con la nomina a canonico onorario da parte del vescovo Isola, C. rifiutò l’offerta del nuovo ordinario diocesano, Luigi Paulini, di proseguire nell’attività di vicario, preferendo, dopo il 15 ottobre, tornare ad Aquileia per dirigere il Museo archeologico nazionale. In seguito alla presa di Fiume da parte di D’Annunzio (settembre 1919), la Santa Sede decise di inviare in quella città come amministratore apostolico mons. C. (nominato con decreto del 30 aprile 1920), in virtù della sua provata capacità di districarsi nelle contingenze più delicate, nonché del rapporto personale intrecciato col “vate” negli anni aquileiesi. Compiaciuto della sua opera diplomatica e pastorale, Benedetto XV nominò C., in data 22 luglio 1921, vescovo titolare di Gerapoli (essendo la comunità fiumana non ancora costituita in diocesi). Medesima stima gli riservò Pio XI che, tramite una lettera della Sacra Congregazione de Propaganda fide dell’11 giugno 1922, lo designò primo Delegato apostolico in Cina, affidandogli l’arduo compito di attuare concretamente in una nazione vastissima, tormentata da guerre intestine e “colonizzata” da missioni straniere, sostanzialmente disinteressate alla formazione di un clero nativo, la lettera apostolica Maximum illud, emanata da Benedetto XV il 30 novembre 1919. Giunto a Hong-Kong l’8 novembre 1922, C. (elevato il 9 settembre alla dignità di arcivescovo titolare di Teodosia) agì con tatto e risolutezza nella riorganizzazione della chiesa locale, con l’intento di svincolarla dal protettorato francese. Queste le principali tappe dell’impresa: 15 maggio-12 giugno 1924, indizione del primo Concilium Plenarium Sinense a Shangai con la partecipazione di quarantadue vescovi e cinque prefetti apostolici; 28 ottobre 1926, consacrazione per le mani di Pio XI dei primi sei vescovi cinesi dell’epoca moderna; 4 gennaio 1927, fondazione della Congregatio Discipulorum Domini per sacerdoti nativi da dedicare all’apostolato fra gli intellettuali cinesi; 26 luglio 1928, richiesta alla Santa Sede di approvazione dei nuovi statuti dell’azione cattolica cinese: «il laicato cinese è maggiorenne»; 14 novembre 1929, prima pietra dell’Università Cattolica “Fu Jen” di Pechino. L’attività serrata che vide C. (Kang Heng-hy in lingua locale) percorrere tutta la Cina continentale s’interruppe nel 1933 per le precarie condizioni di salute, dovute all’asportazione di due fibromi e a una successiva flebite. Tornato in Italia, il 3 dicembre venne nominato consultore della Congregazione de propaganda fide (dal 1967 Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli) diventandone, il 17 dicembre 1935, segretario. Da questa nuova influente carica poté proseguire con altri mezzi la sua opera missionaria, dettando la politica della Santa Sede in materia: soluzione della secolare questione dei riti cinesi mediante l’Istruzione di Propaganda dell’8 dicembre 1939; concessione del Sant’Ufficio, su richiesta di Propaganda, di tradurre il rituale romano nella lingua cinese (9 maggio 1941) e in quelle africane (8 luglio 1942); costituzione della gerarchia episcopale in Cina (bolla Quotidie nos dell’11 aprile 1946); 22 febbraio 1947, fondazione del Pontificio collegio S. Pietro Apostolo (a beneficio degli studenti più dotati provenienti dalle terre di missione) in Roma; 12 aprile 1949, concessione del Sant’Ufficio di tradurre il Messale romano in lingua cinese. C. prefigurava una Chiesa sorretta da un governo più internazionale, da uno spirito maggiormente ecumenico, decentrando la potestà della Sede apostolica a favore dei pastori diocesani: questi propositi, raccolti nel 1939 in una memoria presentata a Pio XII, avrebbero dovuto portare alla convocazione di un Concilio vaticano, che verosimilmente non si tenne anche per l’imminente scoppio della seconda guerra mondiale. Nei mesi più duri in cui Roma fu occupata dalla Wehrmacht e i membri del Comitato di Liberazione nazionale (CLN), se catturati, venivano fucilati all’istante, C. ospitò Alcide de Gasperi (conosciuto alla Biblioteca Vaticana, dove il politico trentino inviso a Mussolini trovò impiego nel 1929), assieme ad alcuni sodali, nel palazzo di Propaganda: il 7 febbraio 1944 avevano dovuto lasciare il seminario del Laterano ormai considerato non più sicuro. Il 12 gennaio 1953 C. venne creato cardinale, assumendo il titolo legato alla basilica dei Ss. Martiri Nereo e Achilleo in Roma e mantenendo lo stemma che già aveva scelto come vescovo e aveva confermato come arcivescovo: la croce monogrammatica di Aquileia con il cielo sullo sfondo e con le lettere di evocazione apocalittica alfa e omega, sotto il braccio orizzontale del simbolo arricchito dall’iscrizione IN HOC SIGNO. Il 22 maggio 1954 il porporato venne promosso cancelliere di Santa Romana Chiesa e ricevette un titolo cardinalizio più prestigioso del precedente, connesso all’ordine dei presbiteri: quello di San Lorenzo in Damaso. Membro di varie congregazioni pontificie, ma meno pressato dagli impegni d’ufficio, C. poté dedicare gli ultimi anni della propria esistenza alla stesura del volume di memorie Ultime foglie (1954), alla pubblicazione di articoli e saggi su tematiche a lui care (arte, missioni, cooperazione internazionale), a cicli di conferenze. Alla vigilia del conclave che avrebbe eletto Giovanni Paolo XXIII C., che voleva un papa non italiano e con esperienza di vita missionaria, spirò per improvvisa embolia polmonare la sera del 17 ottobre 1958. Ai suoi funerali, celebrati a Roma nella basilica di S. Giovanni dei Fiorentini il 21 ottobre 1958, parteciparono trentanove cardinali oltre a esponenti del governo e del Parlamento italiano, diplomatici stranieri e altre personalità. Le spoglie mortali furono trasportate a Castions di Zoppola per un ultimo rito funebre tenuto il 23 ottobre.

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Bibliografia

ASDPn, Celso Costantini.
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