DONADINO DA BRUGNONE

DONADINO DA BRUGNONE

orafo

Immagine del soggetto

Busto reliquiario di san Donato patrono di Cividale, unica opera trecentesca locale di certa provenienza e di documentata attribuzione (Cividale, Tesoro del duomo).

L’attività di D. da B. (notizie dal 1330 – † ante 1401), orafo cividalese di origine toscana vissuto nel secolo XIV, è stata in tempi recenti oggetto di ulteriore ampliamento grazie alla scoperta di nuova documentazione. Figlio di Brugnone di Volognano (Firenze) e di Altafiore fu Giovanni Rosso da Firenze, marito di Palma fu Lazzaro da Tolmino e in secondi voti di Antonia fu Bassano da Osnago (Milano), D. è presente a Cividale dove operò per almeno un cinquantennio (dal 1344 al 1394; nel 1401 risulta già morto): un lungo arco di tempo durante il quale ebbe senza dubbio modo di produrre molte opere di cui al momento le carte danno ridottissima testimonianza. Scomparsa la croce (astile) eseguita per i domenicani nel 1380 con l’aiuto di Franceschino, il giudizio e la fama dell’orefice si affidano al reliquiario a busto di san Donato facente parte del tesoro del duomo. Dell’eccezionalità del prodotto furono consapevoli gli stessi contemporanei, tant’è che il notaio e letterato Nicolò Canussio magnificando i tesori della chiesa della propria città (1497) descrive in termini enfatici «divi Donati patris patriae caput, ex puro argento fuvoque auro caelatum adfabre factumque, de cuius cervice et umeris splendentibus pendent monilia gemmis». Per l’esecuzione della custodia del cranio del santo patrono (la calotta è apribile), D. ricevette dal capitolo centouno once d’argento, come attesta un rogito del 5 maggio 1374 conservato presso l’Archivio del museo cittadino. L’opera in argento sbalzato e dorato, smalti e paste vitree, rientra nella interessante categoria dei reliquiari antropomorfi o “parlanti”, i quali grazie proprio alla loro efficacia comunicativa rispondevano alle esigenze della spiritualità medioevale e della devozione popolare. ... leggi Lo splendido reliquiario eseguito dopo ben trent’anni di permanenza dell’orefice a Cividale, non si spiega, nella sua modernità, nell’uso abbondante di smalti traslucidi nel suo complesso discorso iconografico, se non ipotizzando una cospicua disponibilità di mezzi e circolazione di idee o frequenti viaggi dell’orefice in Toscana e nel Veneto o, meglio ancora, entrambe le cose. Poiché l’artista aveva antenati fiorentini (ma del padre Brugnone o Brugnoro è dubbia la professione di orefice), si sono voluti cercare precedenti dell’effetto cividalese in esemplari toscani, secondo confronti tuttavia affatto esteriori e marginali, relativi più che altro alla meccanica del montaggio di smalti e pietre preziose sulla dalmatica, nel mentre che in termini di pertinenza stilistica occorre guardare agli intenti ritrattistici presenti nelle «punte più avanzate del giottismo» come Puccio Capanna e più specificatamente alla «grande avventura neogiottesca che nella seconda metà del secolo si incardina intorno al veronese Altichiero», avventura di cui l’opera cividalese può addirittura leggersi come «preciso parallelo orafo» (Collareta); senza dimenticare l’esperienza di un Tommaso da Modena quale traspare dalla forte caratterizzazione e dall’accentuata espressività del volto (Magrin). Per quanto il busto non riproduca le fattezze di una specifica persona e dunque non costituisca un vero e proprio ritratto, esso denota la tendenza a concepire l’immagine sacra in termini di naturalismo e di forte individualizzazione. Se certa è la paternità relativa alla parte propriamente ritrattistica, permane un’ombra di dubbio sulla ricca e iconograficamente complessa decorazione a smalto traslucido (apostoli, Madonna col Bambino, san Giovanni Battista, santo patrono, martiri e patriarchi aquileiesi) che potrebbe anche rispondere a mano e cultura diverse. Diversa e più tarda è comunque la crocettareliquiario di sotto l’omerale. I rapporti (non sempre facili) con i colleghi quali risultano nelle circostanze della consegna dell’argento per il busto di san Donato al 1374 e della perizia al 1380 della parte avuta da Franceschino da Venezia nella fattura della “croce” per i domenicani (presenziano Giacomo di Nicolussio di Tano da Spilimbergo, Udine e Cividale, Pietro fu Privignussio di Cividale residente a Udine e, appunto, Franceschino da Venezia residente a Cividale), nell’attestare il raggio delle conoscenze di D. confermano l’intensa e dinamica attività orafa nella cittadina nel corso del Trecento.

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Bibliografia

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