GALVANI ENRICO GIUSEPPE GIORGIO

GALVANI ENRICO GIUSEPPE GIORGIO (1883 - 1963)

ingegnere, imprenditore, amministratore pubblico

Immagine del soggetto

Il marchio della fabbrica di ceramiche Andrea Galvani di Pordenone.

Il nonno Giorgio Domenico (5 maggio 1832-4 febbraio 1916), figlio di Andrea IV, era stato educato a Lubiana e al collegio Theresianum di Vienna, si era occupato delle imprese familiari praticando anche la poesia in vernacolo. Aveva avuto quattro figli: Giorgio Gustavo (1853-1921), Giuseppe Antonio Valentino (1857-1925), Luciano (1856-1914), che aveva diretto la fabbrica di terraglie, e Giovanni (1855-1898), che si era stabilito a Trieste, dove aveva sposato Erminia Salem, appartenente a una famiglia molto nota in campo assicurativo e mercantile. G., figlio di Giovanni, laureatosi in ingegneria industriale al Politecnico di Milano nel 1907, si impiegò presso una azienda tedesca e alla Breda, lavorando anche nella Repubblica Argentina. Fu ufficiale di artiglieria durante la prima guerra mondiale e nel 1919 successe allo zio Luciano nella conduzione delle aziende di famiglia: la cartiera di Cordenons, l’azienda agricola, potenziata adottando moderni sistemi agrari, e la fabbrica di ceramica, cui dedicò molte delle sue attenzioni. Mutò gli indirizzi produttivi delle attività orientandoli dalle cartiere alla fabbrica di ceramiche, che aveva come marchio un gallo dal nome dei proprietari “Gal dal Vani” ed era caratterizzata dai decori floreali e a decalcomania nelle tipologie Ferrara, Willow, Colandine. G. migliorò le condizioni di vita dei lavoratori istituendo mense aziendali e alloggi, occupandosi di assistenza e istruzione. Nel 1921 un incendio distrusse lo stabilimento ceramico e G. rinnovò completamente la produzione adeguandola al gusto déco, che si diffuse in Italia negli anni Venti. Nella direzione tecnica ai membri della famiglia De Marco e a Giacomo Palleva, che provenivano tutti dall’interno dell’azienda, affiancò professionisti esterni. ... leggi Dal 1920 al 1925 chiamò come direttore dello stabilimento il piemontese Teonisto Deabate, che dal 1928 divenne un esponente di spicco della manifattura ceramica Lenci. Su consiglio del critico veneziano Nino Barbantini, invitò a Pordenone, nel biennio 1922-1923, anche il pittore di Ca’ Pesaro Gino Rossi, che si trovava in gravi difficoltà economiche. Amante delle ceramiche orientali, Rossi si indirizzò a una produzione di decori in serie. Il pittore pordenonese Eugenio Polesello, formatosi all’Accademia di Venezia, rinnovò, insieme al pittore e grafico Leo Leoncini, la produzione dei piatti in ceramica. I motivi floreali, tipici della tradizione rustica, furono modernizzati con delle corolle schematizzate in senso déco, creando una linea pordenonese con fiori, ghirlande, frutti su fondi bianchi e colorati. Numerosi furono i riconoscimenti a livello nazionale e locale. Ceramiche con decori in stile rustico modernizzato, tipici dell’art déco friulana, furono esposte nel tinello Fantoni, disegnato da Giuseppe Barazzutti, alla I Mostra internazionale delle arti decorative di Monza del 1923. Motivi simili caratterizzarono la produzione Galvani alle Fiere campionarie di Milano (1925-1929), alla Mostra internazionale di economia domestica di Roma (1927), alla Fiera di Tripoli (1927), Bolzano e Fiume. Ceramiche Galvani furono abbinate ad arredi rustici Fantoni alla III Mostra d’arte del Friuli occidentale (settembre 1925), alla I Biennale d’arte di Udine (1926), a Cividale, alla Mostra d’arte di Conegliano (1927), dove la produzione fu opera di Carlo Someda de Marco. Ceramiche di Polesello caratterizzarono gli oggetti esposti alla III Mostra internazionale di Monza del 1927, anche in curioso abbinamento con i ferri battuti di Alberto Calligaris, e alla Triennale del 1930. Nel 1927 Enrico sposò Clelia Jesurum ampliando i contatti all’ambiente veneziano. Fu pronto ad accogliere anche stilemi futuristi con i disegni approntati nel 1929 da Giacomo Balla, mentre, grazie ai contatti con la Compagnia di navigazione libera triestina, il pittore novecentista Anselmo Bucci creò innovativi servizi in ceramica per le navi da crociera con disegni animali a colori vivaci. Negli anni Trenta un ruolo importante nella fabbrica fu giocato anche da Giuseppe, detto Pino Galvani, figlio di Giuseppe Antonio Valentino: fu lui a chiamare Ruffo Giuntini, che dedicò alla scultura rinnovando la decorazione a smalto insieme ai pittori Aldo Merlo e Italo Mascherin. Insieme a Ruffo Giuntini arrivò dalla scuola di Nove anche il ceramista Roberto Rosati, una presenza breve, ma significativa, come quella di Armando Pizzinato nel 1935. Ben più continuativa e importante fu l’opera di Angelo Simonetto che, per volere di G., si trasferì a Pordenone nel 1930, prendendo stabile residenza vicino alla villa dei proprietari. Divenuto direttore artistico, modernizzò la produzione Galvani con i disegni déco ad areografo su piatti in terraglia, in cui il disegno e i profili si adattavano alle forme delle stoviglie. G. migliorò anche il settore tecnico: nel 1928 costruì due forni Schultz a fiamma rovesciata, mettendo in funzione anche nuovi forni elettrici (1932-1933) fino a un totale di sei. Superata solo nel 1936 la crisi economica, lo stabilimento fu ampliato a 20.000 metri quadrati, fu avviato un reparto per la decorazione ad areografo, gli operai aumentarono a 350 unità e fu attivato anche un grande molino per gli impasti. Dal 1935 al 1943 G. fu podestà di Pordenone. Durante la guerra la fabbrica fu dichiarata stabilimento protetto per la produzione bellica e così l’attività poté continuare sotto la presidenza di Enrico, mentre dal 1939 Giuseppe era divenuto consigliere delegato. Nel 1942 vasi e coppe dalle forme essenziali e razionaliste furono esposti con grande successo al padiglione Venezia, dedicato alle arti applicate, della Biennale. Negli anni Cinquanta la produzione rustica continuò, ben pubblicizzata da Chino Ermacora nel suo testo Il Friuli. Aspetti caratteristici del lavoro, mentre si sperimentò anche la decorazione a rilievo. G. ricevette il riconoscimento di commendatore per i suoi meriti industriali e morì il 24 maggio 1963. Il 14 giugno 1969 i legami della manifattura con la famiglia Galvani furono definitivamente rescissi e dopo vari tentativi falliti di riconversione e nuove gestioni, lo stabilimento chiuse definitivamente nel 1983.

Chiudi

Bibliografia

Alla esposizione. Storia di una fabbrica, «Patria del Friuli», 22 agosto 1903; C. ERMACORA, Il Friuli. Aspetti caratteristici del lavoro, Udine, Camera di commercio industria e agricoltura, 1953, 39-46; T. PASQUALIS, Cordenonesi illustri, in Cordenons, Udine, SFF, 1963, 220-221; M. LUCCHETTA, 160 anni di storia della Ceramica Galvani di Pordenone, «La loggia», 3/1 (1971); A. ALVERÀ BORTOLOTTO, Ceramiche nel Friuli Occidentale. Catalogo della mostra (Passariano, giugno-settembre 1979), Pordenone, Comune di Pordenone, 1979; G. GANZER, La Famiglia Galvani. Appunti genealogici, in Andrea Galvani 1797-1855. Cultura e industria nell’Ottocento a Pordenone. Catalogo della mostra, a cura di G. GANZER, Pordenone, Studio Tesi, 1994, 7-15; I. MATTOZZI, I Galvani, Fabbricanti di carta (1744-1855), ibid., 17-41; F. CRIPPA, I Setifici Galvani, ibid., 77-89; N. e N. STRINGA, Appunti per la Storia della Manifattura Galvani di Cristallina e terraglia (1811-1855), ibid., 103-125; F. CRIPPA, Andrea Galvani Studioso e Inventore, ibid., 127-161; G. GANZER, Per la tradizione ceramica a Pordenone, in La ceramica Galvani tra le due guerre. Forme e decori di Ruffo Giuntini, Angelo Simonetto. Catalogo della mostra (Pordenone, 15 febbraio-30 aprile 1996), a cura di G. GANZER - N. STRINGA, Pordenone, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 1996, 7-12; N. STRINGA, Tra folklore e design: la ceramica Galvani di Pordenone tra le due guerre, ibid., 13-25; EAD., Angelo Simonetto, ibid., 76-79; EAD., Ruffo Giuntini, ibid., 80-81; EAD., Evoluzione di una manifattura, ibid., 82-86; A. ROSA, Appunti per una storia della ceramica Galvani di Pordenone, in La ceramica Galvani di Pordenone: storia e sviluppo di una manifattura. Catalogo della mostra (Pordenone, 11 settembre-3 ottobre 2004), a cura di A. ROSA, con la collaborazione del Museo civico d’arte di Pordenone, Pordenone, 2004 (ed. consultata 20072), 8-14; M. LUCCHETTA, La Galvani a Pordenone, ibid., 19-22.

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *