LEONARDO

LEONARDO (1444 - 1500)

conte di Gorizia

Immagine del soggetto

Leonardo e Paola di Gorizia in preghiera davanti alla Madonna della Misericordia, affresco (1490-96) della cappella del castello austriaco di Bruck presso Lienz.

L’antica e potente dinastia comitale, che aveva portato il nome di Gorizia per quattro secoli e che aveva la sua residenza nel castello di Gorizia ma poi anche a Lienz (Schloß Bruck), si estinse il 12 aprile 1500 con la morte dell’ultimo conte, L., ormai principe palatino, che, figlio di Enrico IV (1376-1454) e di Caterina Gara, era nato nel 1444. La sua figura ha ancora i caratteri propri di una cultura medievale, anche perché per lui come per la contea di Gorizia (dal 1271 abbinata al titolo del Tirolo) il passaggio delle terre patriarcali a Venezia (1420) non ebbe lo stesso significato che per il Friuli veneto; nella contea di Gorizia erano compresi però anche feudi già patriarcali (e per questo dal 1424 in poi i Goriziani furono obbligati a rendere omaggio ai dogi), ma per il resto i possessi della casata avevano compreso la Pusteria, l’alta e la bassa Carinzia, le terre meridionali lungo l’Isonzo, il Carso e parte della Carniola, dell’Istria e della Marca Vendica. Le terre meridionali della contea erano ambite da Venezia, ma anche da parte degli Absburgo che volevano avere uno sbocco sull’Adriatico e tenere lontane le mire di Venezia. Non avendo avuto figli maschi dalla prima moglie, Elisabetta di Cilli/Celje, Enrico IV verso il 1438 si sposò con Caterina, figlia del conte palatino ungherese Nicolò Gara: per i tre figli maschi, Giovanni († 1462), Ludovico († 1457) e appunto L. la madre Caterina resse le sorti del governo, anche in contrasto col marito che fece persino imprigionare. Giovanni, che aveva invano sperato di entrare in possesso della contea di Cilli (con cui si erano istituiti rapporti di parentela e taluni patti ereditari) nel 1456, alla morte dell’ultimo conte Ulrico, progettò di estendere i possessi in Carinzia, scontrandosi però con Federico III d’Absburgo che, avendolo sconfitto, gli sottrasse addirittura la signoria di Lienz (pace di Pusarnitz del 25 gennaio 1460). Alla morte repentina di Giovanni, L. ereditò dunque la contea in condizioni precarie, ma ben presto poté ricuperare le sue posizioni e tentare di estendere i suoi possessi nell’alta Carinzia, in ciò contrastato da Federico III, al quale nel 1493 succedette Massimiliano I che invece gli fu favorevole, specialmente perché prevedeva, anche in base a patti ereditari a lui ormai favorevoli, di poter includere presto tra i suoi possessi tutta la contea di Gorizia, sia nei settori alpini, sia in quelli meridionali, dove si facevano sempre più gravi le incursioni dei Turchi. ... leggi Questi, invano contrastati dalla pesante cavalleria veneziana (che suscitò l’ironia di L., parlandone ai Gonzaga di Mantova), attaccarono soprattutto oltre l’Isonzo, dove la Serenissima aveva costruito in terra goriziana la fortezza di Gradisca (1470-79), ma anche lungo la Drava minacciando Lienz stessa. Poco si sa delle nozze che L. probabilmente contrasse con Eufrosina, figlia del re di Boemia, mentre molto ricca è la documentazione delle sue nozze con Paola, figlia del marchese di Mantova, Ludovico, e di Barbara di Wittelsbach: dopo lunghe e contrastate trattative, il matrimonio fu celebrato solennemente a Bolzano il 15 novembre 1478. Si univano due figure fisicamente molto diverse, essendo Paola (effigiata anche nella Camera degli Sposi di Mantova) alquanto debole e, benché definita dal Santonino «satis formosa et onesta», lo stesso cancelliere patriarcale notò che «humerum tamen habet dextrum sinistro altiorem ex quo alquantisper deformis redditur». Già parlando del padre di L., Enrico IV, Enea Silvio Piccolomini, peraltro segretario di Federico III e quindi interessato politicamente a dare giudizi poco lusinghieri sul conte di Gorizia, aveva parlato per quelle nozze di «dispar coniugium», per la differenza di indole ma anche di età, avendo Caterina Gara molti anni meno del marito; la stessa definizione è stata applicata in seguito alla coppia Leonardo-Paola, per la differenza di età (diciannove anni), per la distanza nella cultura e nel comportamento, tenendo conto della ruvida personalità del conte, avvezzo fin da ragazzo a fatti d’arme e legato a una mentalità convenzionalmente medievale, rispetto a Paola imbevuta di raffinata cultura umanistica. Nel catalogo che riguarda la sua dote portata in matrimonio, compaiono anche vari autori classici, come Virgilio e Petrarca. Paolo Santonino descrisse con acutezza la coppia comitale, che incontrò nel 1485, e mise in risalto l’impeto iracondo di L. e la delicatezza elegante di Paola. La contessa ricorse invano a cure mediche e termali. Gli sposi non ebbero figli, se non una bambina prematura («puellula»), la cui immagine compare accanto a quella della madre nella tavola che, per desiderio di Massimiliano I, sovrastava l’altare della chiesa parrocchiale di Lienz; e ciò fu determinante per l’estinguersi della dinastia: Paola morì alla fine del 1496, prima dunque dello sposo. L. era affiancato nel suo governo dagli Stati provinciali goriziani, che però non comprendevano la rappresentanza del clero, per l’assenza di una diocesi all’interno della contea; egli, come già i predecessori, vantava di reggere l’avvocazia per la Chiesa patriarcale di Aquileia, ma anche per le diocesi di Trento e di Bressanone. Governò con saggezza le sue terre: è notevole tra l’altro il suo intervento nella sollevazione dei contadini a Cordenons (nel 1496). Si premurò di tenere lontane le ingerenze di Venezia: il 27 febbraio 1497 attuò con Massimiliano I una permuta cedendo le enclaves goriziane nel Friuli veneto (Belgrado, Codroipo, Castelnuovo e Flambro, ma anche Latisana benché questo porto fosse già stato concesso in prestito), mentre a Gorizia sarebbero spettati Moosburg, la valle del Vipacco e vecchie signorie carinziane (Kirchheim, Oberdrauburg, Grüburg, Pittersberg); al primo posto in questo patto comparve inoltre Cormons, i cui statuti erano redatti in latino e in italiano (Massimiliano avrebbe chiesto che gli venissero tradotti in tedesco, come anche quelli di altri centri del Friuli goriziano e del Carso). L’operazione non fu eseguita in tempo, sicché Cormons (Cramaun), Belgrado (Velgrad) e Castelnuovo (Newburg) furono ceduti al duca Federico di Sassonia già nel 1498. Gorizia disponeva di statuti che derivavano da quelli marquardini e che furono mantenuti da L. L’operazione, con l’insediamento delle difese di Massimiliano I, mirava ad assicurare che i possessi goriziani più esposti alle azioni venete costituissero un ostacolo alle velleità di Venezia, che non esitò a tentare di corrompere sia il medico di L., sia il capitano di Gorizia, Virgil von Graben, il quale tergiversò ma alla fine impedì l’avanzata di Venezia. Massimiliano I fece in tempo per incaricare L., con un compenso ragguardevole, di intraprendere azioni contro i Turchi. Nella contea di Gorizia si distinsero azioni culturalmente molto impegnative, ivi compresa l’architettura dotata di caratteri propri che nell’elaborazione del «cantiere goriziano» (die Görzer Bauhütte) costituì un modello largamente diffuso, con riscontri evidenti anche nei settori meridionali del territorio. Si trova documentazione di molta attività artigianale raffinata e di artisti, specie pittori, ivi compreso quel Simon von Taisten o di Tesido, probabile pittore di corte proprio al tempo di L. Il conte si sentì sempre legato alla cultura tedesca o austro-tedesca; si sa che per conversare in italiano doveva ricorrere all’interprete. Massimiliano, che prese possesso della contea fin dal 17 aprile 1500, volle onorare L. il 28 aprile dello stesso anno con una solenne celebrazione liturgica ad Augusta, dove si teneva la dieta imperiale, e fece eseguire da Christoph Geiger per la parrocchiale di Lienz un prezioso monumento sepolcrale (1506-07); un cenotafio gli era già stato collocato a Gorizia nel duomo forse nel 1497. In ambedue i monumenti, tra di loro alquanto diversi iconograficamente e formalmente, compaiono (precisati dalle iscrizioni) gli stemmi delle contee di Gorizia, del Tirolo e della Carinzia, ma anche quello dei Gonzaga; a Lienz compare anche lo stemma dei Gara, benché la madre di L. fosse scomparsa da più di trent’anni. Immagini del conte si riconoscono inoltre a Lienz nella chiesa dei Francescani, almeno due volte nel castello (Schloß Bruck) e ad Auzza; ma anche in due monete da lui fatte coniare e più tardi nell’arco d’onore di Massimiliano e nel corteo trionfale dello stesso. Con L. si estinse una dinastia di origine bavarese e di lingua tedesca ma regnante su un territorio trilingue, la quale aveva occupato un posto e funzioni essenziali per la politica imperiale in Italia, godendo dei diritti di una vera sovranità, battendo sue monete (con un distacco dal modello patriarcale), esercitando talora i compiti dei vicari imperiali e quasi sempre quelli avvocaziali per Aquileia, Trento e Bressanone e vantando tradizionalmente la fondazione di almeno tre monasteri, uno in Friuli (Rosazzo), un altro in Carinzia (Millstatt) e il terzo in Tirolo (Sonnenburg/Castelbadia).

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Bibliografia

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