MONACI GIOVANNI

MONACI GIOVANNI (1704 - ?)

organaro

Originario del Cadore, era presente in Friuli nella prima metà del diciottesimo secolo. Laborioso risulta ricostruire i suoi tratti biografici, per la presenza in diverse località friulane tra loro vicine (Castions di Strada, Lavariano, Mortegliano) di diversi personaggi che avevano lo stesso nome. Un ramo della famiglia Monaci di Pieve di Cadore si stabilì con il mercante Giovanni (1704-1784) a Castions di Strada. Un altro Giovanni M., figlio di Elisabetta e di un ennesimo Giovanni “ceroico”, nacque a Pieve di Cadore il 29 maggio 1704 e nel gennaio 1734 sposò a Udine la friulana Francesca Piazza, nativa di Lavariano: costui era con ogni probabilità l’organaro, dato che alle nozze era presente quale testimone il liutaio Francesco Goffriller, a conferma di una frequentazione tra costruttori di strumenti musicali. E sempre all’organaro M. sarà da collegare un ex voto conservato nella chiesa parrocchiale di Lavariano, datato 1748 e firmato «Gio. Monaci». L’inizio della sua attività risale al 1734, quando il M. aiutava il maestro Giacinto Pescetti nel restauro dell’organo “in cornu epistalae” del duomo di Udine. Nel 1737 restaurò l’organo delle Orsoline di Gorizia, l’anno seguente riparava l’organo cinquecentesco del duomo di Pordenone, nel 1739-40 quello della pieve di Canale d’Agordo e nel 1741 quello della parrocchiale di Agordo; in quest’ultima occasione i documenti lo dicono organista nella chiesa matrice di Pieve di Cadore. Il 9 giugno 1743 firmava un contratto per realizzare un nuovo organo per la parrocchiale di Mortegliano, l’unico suo strumento conosciuto. ... leggi L’organo aveva tre mantici, una tastiera di 45 tasti, due registri di Principale, file di Ripieno fino alla Trigesimaterza, Flauti in ottava e in duodecima, Voce Umana, Cornetta, Trombe e Contrabbassi al pedale. Erano inoltre previsti il Tamburo, il Cuculo, «un’eco di risposta fiaca» e una curiosa «sfera nel frontespicio, che girerà col vento»; il prezzo pattuito era di 1000 ducati, compresi il cassone e la cantoria. Il nuovo organo risultò funzionante nell’estate 1744 e in diverse occasioni venne suonato dallo stesso organaro, ma trascorsi soli quattro anni il M. fu costretto ad intervenire per rivedere la sua opera. Altri difetti si ripresentarono nel 1757, quando per ripararlo venne chiamato un organaro forestiero, e nel 1770, quando si richiese l’intervento del carnico Angelo Morassi. Stanchi di avere uno strumento difettoso, i camerari di Mortegliano decisero la costruzione di un organo nuovo, affidando l’opera al maestro veneziano Francesco Dacci. L’organo del M. fu ceduto nel 1778 alla parrocchiale di Gonars, e qui in seguito modificato da Pietro Antonio Bossi. Il peregrinare di questo strumento non era terminato, dato che nel 1975 venne ceduto alla chiesa di Orzano, dove il materiale superstite è oggi incorporato in un moderno organo della ditta Zanin di Codroipo. L’ultima testimonianza che riguarda G. M. è un suo intervento all’organo della parrocchiale di Candide, documentato nel 1751.

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Bibliografia

VALE, Organo, 55; LUNELLI, Studi, 204; PARONI - BARBINA, Arte organaria, 20, 29, 75; L. CICERI, Quadretti “ex voto”, «Sot la Nape», 29/3-4 (1977), 17; G. BERNARDI, L’organo nell’arcidiaconale di Agordo, Agordo, Biblioteca-Archivio storico arcidiaconale, 1987, 20-22; METZ, Pordenone, 474, 515-516, 532; R. TIRELLI, Sancta Trinitas. Guida alla chiesa parrocchiale della SS. Trinità di Mortegliano, Mortegliano, Pieve arcipretale di Mortegliano, 1995, 42-48; L. SERAFINI, L’organo di Gaetano Callido e la tradizione musicale nell’antica pieve di Canale d’Agordo, Belluno, Tip. Piave, 2004, 21; Organi e tradizioni organarie nel Friuli Venezia Giulia. L’Arcidiocesi di Gorizia, a cura di L. NASSIMBENI, Udine, Pizzicato, 2004, 200, 201.

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