MORASSI ANTONIO

MORASSI ANTONIO (1893 - 1976)

storico dell’arte, operatore culturale, docente universitario

Immagine del soggetto

Lo storico dell'arte Antonio Morassi.

Nato a Gorizia il 10 gennaio 1893, coltivò fin da giovanissimo la musica e la pittura, volgendosi poi allo studio dei documenti d’arte nel territorio di Gorizia. Raggiunse la maturità nello Staatsgymnasium di Gorizia, dove si era iscritto ancora decenne ed ebbe quali compagni di classe, almeno nei primi anni, figure notevoli, come Umberto Cuzzi, Biagio Marin, Ervino Pocar e Alessandro Rizzatti. Superato l’esame di maturità nel 1911, M. si recò a Monaco per coltivare la pittura in quell’Accademia: se ne ritirò abbastanza presto, non sopportando la scarsa serietà che vi regnava, e si iscrisse alla Facoltà di filosofia di Vienna, seguendo i corsi di storia dell’arte guidati da Max Dvořák. Nel frattempo si inserì nella cerchia di studiosi che, attorno a Karl Drexler, partecipavano molto attivamente alla vita culturale goriziana, con l’assunzione e la raccolta di fotografie dei monumenti da studiare, con mostre di vario genere, con dibattiti pubblici, specialmente dopo che nel 1909 fu scoperto ad Aquileia il grande mosaico del vescovo Teodoro, e con articoli, affidati in prevalenza a «Forum Iulii», dove il giovane M., continuando nel progetto incominciato da Leo Planiscig, concorse alla redazione del Lessico biografico degli artisti friulani e di quelli che nel Friuli operarono (1914). Partecipò a varie ricognizioni nella valle dell’Isonzo per individuare architetture e pitture “minori”, a cui veniva attribuita la capacità di rappresentare la cultura di tutto un popolo, sulla base di principi herderiani e con l’impulso ma anche con il sostegno del governo di Vienna: se ne sarebbe servito in studi editi dopo la guerra. ... leggi Studiò nello stesso tempo monumenti di grande importanza, come le pitture “tiepolesche” di Crauglio (ma attribuite al Chiaruttini) e la scultura barocca del duomo di Gorizia (1915). Si laureò a Vienna con una tesi sul Sammicheli, ma dopo la guerra si perfezionò a Roma con Adolfo Venturi discutendo una tesi su Iacopo Bellini. Egli entrava in tal modo nel mondo della storia dell’arte veneta, a cui si sarebbe dedicato con grande autorità per tutta la vita, senza omettere altri settori, come spetta a uno che è stato definito “conoscitore” intelligente e sensibile e che trasse il massimo vantaggio dalla formazione viennese, con l’acquisizione di metodi e di criteri storico-formali per tutti i momenti della storia dell’arte: con la stessa padronanza e con lo stesso interesse, M. ha proceduto in ogni campo della storia dell’arte, senza i troppo facili restringimenti d’orizzonte nelle marginalità provinciali ma con un obiettivo senso delle proporzioni. Nel primo dopoguerra continuò a muoversi dell’ambito goriziano e regionale, essendo entrato a Trieste nell’amministrazione delle Belle arti (1920-1925). Nei primi anni Venti riprese a studiare le «chiesette della Val d’Isonzo» (1921, 1922, 1923, 1929), i gravi problemi del restauro dei monumenti danneggiati dalla guerra, incominciando dal castello di Gorizia (1923) [si aggiunge qui, a questo proposito, Il castello di Gorizia («Corriere d’America», 5 agosto 1923), che non è ancora presente nella bibliografia morassiana], e a riaccostarsi agli affreschi medievali della basilica di Aquileia (1923, 1924, 1925, 1931), ma sua è anche l’analisi della basilica giustinianea di S. Maria Formosa di Pola (1924), della predella belliniana di Dignano (1924), degli affreschi di S. Maria di Vermo/Beram (1926), del trittico triestino di S. Chiara (1926). Negli stessi anni mise però in luce anche varie personalità di artisti contemporanei, tra i quali Bolaffio, Croatto, Casorati, Levier, Pocarini. Ed è sua la prima delineazione particolareggiata della storia dell’arte nel Goriziano (1924, 1928, 1930). Organizzò molte mostre, anzitutto la I Mostra goriziana di belle arti (1924) e la I Mostra d’arte antica a Trieste (1924); quando poi curò altre esposizioni, come quelle milanesi della “Pittura cinese” (1934) e dell’“Antica oreficeria italiana” (1936), egli era ormai fisicamente lontano dalle terre più sue, dapprima nel Trentino (1925-1928), dove ha legato il suo nome alla monumentale Storia della pittura nella Venezia Tridentina (1934), e quindi in Lombardia e in Liguria. Tanto nel Trentino, quanto in Lombardia, dal 1928 in poi (e in particolare nel Museo di Brera, dove fu direttore) la sua attività fu molto intensa ed estesa a campi diversissimi. Ottenuta la libera docenza nel 1931, insegnò storia dell’arte a Pavia fino al 1939, quando si trasferì a Genova come sovrintendente alle gallerie della Liguria. Una linea conduttrice si affianca di continuo a tanti interessi costruttivi ed è la pittura veneta tra il Quattrocento e il Settecento: da Giorgione a Tiziano, ai Tiepolo e ai Guardi, a cui avrebbe dedicato sul finire della sua vita un monumento editoriale, i tre volumi sui Guardi (1973, 1975). Un’altra linea, di tipo più raccolto e affettuoso, egli seguì altrettanto costantemente ed è quella della cultura artistica nel Goriziano e nel Friuli: nel 1956 dettò l’introduzione per il catalogo sul Settecento goriziano, nel 1966 per quello su Giuseppe Tominz; intervenne ancora a Gorizia e offrì suoi saggi in più occasioni: per Gorizia viva (1973), per Leopoldo Perco, per Vittorio Bolaffio nel 1975 e per gli Incontri culturali mitteleuropei (1975). A Gorizia fu onorato con la cittadinanza onoraria insieme con gli “antichi” compagni di classe, Ervino Pocar e Biagio Marin (2 ottobre 1976). Nel Friuli in genere fu presente più volte: in occasione del convegno e della mostra su Tiepolo (villa Manin, 1971) o dell’edizione di Cavalcaselle (1973) ma anche della mostra sui “Maestri della pittura veneta del Settecento”, allestita nel palazzo Attems di Gorizia (1973) per iniziativa delle Biennali udinesi. In apertura egli tenne la prolusione L’arte del Settecento a Gorizia («Iniziativa Isontina», 59, 1973). Ed era stata molto pronta la collaborazione del comune di Gorizia e di quello di Udine nella realizzazione del volume Studi di storia dell’arte in onore di Antonio Morassi, a cura di «Arte veneta» (Alfieri, 1971), che ebbe presentazioni solenni tanto a Udine quanto a Gorizia. L’affetto per la sua terra natale lo incitò a due ultimi scritti: un ricordo di Pocarini pittore (nel volume di E. Pocar, Mio fratello Sofronio, Gorizia, 1976) e una recensione incompiuta («Memorie storiche forogiuliesi», 56, 1976, 168-169) che lo ha fatto “ritornare”, affettuosamente vigile, a Grado («Iniziativa Isontina», 56, 1976). Morì a Milano il 30 novembre 1976.

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Bibliografia

La bibliografia di A. M. è stata raccolta dapprima nel volume: Studi di storia dell’arte in onore di A. M., Venezia, Alfieri, 1971, 5-6; altri titoli sono apparsi in altre sedi, tra cui «Studi Goriziani», 45/2 (1977), 36-38 e «Arte veneta», 30 (1976), 282. Oltre a quelli citati nel testo, tra i suoi titoli che superano le trecento unità, si ricordano in particolare: A. MORASSI, Die Malereien in Palazzo Steffaneo zu Crauglio, «Jahrbuch der Zentralkommission für Denkmalpflege», 9 (1915), Beiblatt, 62-82; Skulpturwerke der Barockzeit in Görzer Dom, «MZK», 14 (1915), 193-198 [si veda «MSF», 89 (2000), 77-116]; Chiese gotiche in Val d’Isonzo, «Architettura e arti decorative», 2 (1923), 177-189; Il restauro del Castello di Gorizia, «La voce dell’Isonzo», 16 ottobre 1923; La «mia» Basilica, «Aquileia Nostra», 2 (1931), 99-118; Tiepolo, Bergamo, Ist. It. Arti Grafiche, 1943; Una mostra del Settecento a Gorizia, «Arte veneta», 10 (1956), 251-154; Commemorazione del Tiepolo, in Atti del congresso internazionale di studi sul Tiepolo, Venezia/Milano, Electa, 1970, 10-15; Guardi, Venezia, Alfieri, 1973; Guardi. Tutti i disegni, Venezia, Alfieri, 1973; La pittura nella Mitteleuropa dal 1890 al 1930, «Iniziativa Isontina», 68 (1977), 67-69.

Antonio Morassi, in Studi di storia dell’arte in onore di A. M., Venezia, Alfieri, 1971, 2-4; B. MARIN, Toni Morassi nei miei ricordi, ibid., 420-421; E. POCAR, Ricordo dei giovani anni, ibid., 422-423; S. TAVANO, A. M., «Iniziativa Isontina», 52 (1971), 54-58; E. HÜTTINGER, A. M., «Neue Zürcher Zeitung», 7 gennaio 1973; A. RIZZI (Recensione), «MSF», 53 (1973), 176-178; M. PRECERUTTI GARBERI, A. M., «Arte veneta», 30 (1976), 280-282; S. TAVANO, A. M., «Studi Goriziani», 44 (1976), 17-22; D. GIOSEFFI, A. M., «Studi Goriziani», 45/2 (1977), 27-38; T. PIGNATTI, A. M., «The Burlington Magazine», 1977, 287-288; V. ROCCHIERO, A. M., «Atti dell’Accademia ligure di scienze e arti», 34 (1978), 42-47; M. VUK, Morassi, Antonio, in PSBL, 10 (1984), 460-461; S. VIANI, Lezioni viennesi di Max Dvořák negli appunti di A. M., «Venezia Arti», 2 (1988), 111-114; S. TAVANO, A. M., in TAVANO, Gorizia, 137-143; W. DORIGO, A. M. alla scuola di Max Dvořák, in Quaderni di «Venezia Arti», Roma, Viella, 1992, 9-83; S. VIANI, A. M.: l’articolazione della metodologia viennese nell’area italiana, in La Scuola viennese di Storia dell’arte, a cura di M. POZZETTO, Gorizia, ICM, 1996, 229-232; D. CLINI, A. M. e Adolfo Venturi, «Studi Goriziani», 87-88 (1998), 219-248; TAVANO, Gorizia nel 1919, 184, 192, 296, 201-202; D. CLINI, Sculture barocche nel Duomo di Gorizia: un articolo di A. M., «MSF», 89 (2000), 77-116; C. CATALDI GALLO, A. M., in Dizionario Biografico dei Soprintendenti storici dell’arte (1904-1974), Bologna, Bononia Univ. Press, 2007, 410-417; D. CLINI, Brevi note su A. M., in Il Duomo di Trento tra tutela e restauro (1858-2008), Trento, Temi, 2008, 333-337.

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