Mario, all’ebraica Shemariah, figlio di Isach Gabriel e di Bella e fratello maggiore di Elia, nacque nel 1730 con tutta probabilità a Gradisca. I Morpurgo primeggiarono nella comunità ebraica della fortezza sull’Isonzo (dov’erano presenti dal secolo XVI al XX), ne furono la famiglia più cospicua ed importante, in particolare all’epoca in cui la fortezza ed il suo circondario (1647-1717) costituivano una contea principesca sottoposta agli Eggenberg e governata per loro conto dai della Torre Valsassina. Il cognome, tipicamente geografico, secondo le abitudini ebraiche, derivava dalla città di Marburg (Maribor in Slovenia), dove erano giunti da Ratisbona e da dove poi si spostarono per raggiungere Vienna, la Moravia, la Polonia e Trieste, per stanziarsi infine a Gradisca e da lì muovere in altre direzioni, fra le quali Venezia, tornando talvolta a Gradisca. Alcuni rami della famiglia furono più volte privilegiati dagli Asburgo (1509, 1624) quali “Hofjuden”. Nelle contee di Gradisca e di Gorizia si occuparono del prestito di denaro, di commercio e dell’attività manifatturiera e preindustriale. Gli interessi culturali ed intellettuali furono per loro una costante, una vera e propria tradizione. M. M. era omonimo del nonno, anch’egli medico che aveva esercitato la professione a Venezia. La sua esperienza può essere considerata un esempio illustre di quel notevole contributo culturale e scientifico che i medici ebrei diedero alla comunità. Come molti altri correligionari, il M. apprese l’arte medica a Padova. Da tutta Europa e dal Levante giovani ebrei venivano a studiare medicina alla gloriosa facoltà dello Studio patavino, un’eccezione nel generale panorama di interdizione agli studi universitari; sino all’epoca giuseppina gli Ebrei furono esclusi anche dall’Università di Vienna, che avrebbe potuto costituire l’ateneo di riferimento per i giovani dei domini italiani della casa d’Austria. ... leggi A Padova la facoltà di medicina era del resto l’unica cui gli Ebrei potevano accedere, in quanto era considerata aconfessionale. Ottennero dapprima il solo grado di “magister”, che permetteva l’esercizio della professione, da un certo momento in poi anche quello di “doctor”, che dava lo “ius docendi et esaminandi” e sino al 1616 veniva conferito loro dai conti palatini, dopo di questa data, invece, dal vescovo della città. Il grado veniva loro conferito in “medicina e filosofia”. Per diverse famiglie ebraiche friulane, sia della parte veneta sia di quella sottoposta agli Asburgo, lo studio e la pratica della medicina costituivano una tradizione. Un’impostazione culturale ed una scelta professionale di questo genere erano consuete nel mondo ebraico della diaspora: antica era l’inclinazione degli Ebrei per la scienza medica, che consentì per secoli l’unica libera professione loro permessa e che non impediva il contemporaneo studio della Bibbia e dei fondamenti della religione ebraica. Di ingegno precocissimo, il M. si laureò nel 1747, a soli diciassette anni, ma nel 1748, come attestano alcuni documenti notarili, si trovava ancora a Padova, città dove sin dal medioevo era presente un’importante comunità ebraica, di rilievo nel giudaismo della diaspora, che annoverava una “yeshivàh”, un’Accademia rabbinica di grande tradizione, risalente al Quattrocento, uno dei più noti centri di cultura rabbinica in Italia. La laurea del M. fu festeggiata nell’ambiente ebraico delle contee di Gorizia e Gradisca con la pubblicazione di componimenti poetici in ebraico, scritti dai goriziani Manasseh Gentili e Jacob Vita Gentili. Il M. fu uno di quei medici ebrei che dovettero abbandonare la loro terra di origine a causa delle interdizioni che, a più riprese, giungevano ad ostacolare o a impedire loro la pratica della professione medica, in particolare tra i Cristiani. Esercitò egli infatti la professione di medico prima a Gorizia e poi a Gradisca sino al 1755, quando il consiglio provinciale delle contee, nonostante una sua supplica, gli proibì di svolgere la sua attività nei confronti dei Cristiani. Nel 1756 dovette quindi esulare, nonostante il rimpianto di molti concittadini, fra i quali la nobile famiglia del conte Filippo Cobenzl, ministro plenipotenziario che espresse in un documento il suo personale rammarico. Il M. si trasferì a Venezia, dove il 10 aprile di quell’anno ottenne dal Magistrato alla sanità la licenza di praticare. La sua competenza gli consentì una carriera brillante, tanto che il nobile Marco Foscarini, che sarebbe divenuto doge di Venezia (dal 1762 al 1763), gli affidò la sua salute e, impressionato dalla vastità delle sue conoscenze e dalla sua cultura, amava definirlo la sua «biblioteca ambulante», come ricordò il fratello Elia nel suo Discorso, cogliendo l’occasione delle lodi alla patente giuseppina di tolleranza, fondamentale per consentire agli Ebrei l’accesso agli studi e alle professioni, per elogiare l’erudizione del fratello medico, «dotato di tanta memoria e di tali cognizioni». Dopo pochi anni, nel 1760, il M., appena trentenne, morì a Venezia, compianto da quanti avevano potuto apprezzare la sua competenza, come ricordò il fratello nella stessa opera citata.
ChiudiBibliografia
Notizie su M. in diverse opere sulla famiglia e sui medici ebrei: E. MORPURGO, Discorso pronunziato da Elia Morpurgo capo della nazione ebrea di Gradisca, nel partecipare a quella comunità la clementissima sovrana risoluzione 16 maggio 1781 […], Gorizia, de Valeri, 1782, 86-90; E. MORPURGO, La famiglia Morpurgo di Gradisca sull’Isonzo, Padova, Premiata società cooperativa Tipografica, 1909, 20-21; A. MODENA - E. MORPURGO, Medici e chirurghi ebrei dottorati e licenziati nell’Università di Padova dal 1617 al 1816, a cura di A. LUZZATTO - L. MÜNSTER - V. COLORNI, Bologna, Forni, 1967, 93-94; M. DEL BIANCO COTROZZI, La comunità ebraica di Gradisca d’Isonzo, Udine, Del Bianco, 1983, 33, 123-124, 126, 217; D. B. RUDERMAN, The Impact of Science on Jewish Culture and Society in Venice (With Special Reference to Jewish Graduates of Padua’s Medical School), in Gli Ebrei e Venezia, secoli XIV-XVIII, a cura di G. COZZI, Milano, Edizioni di Comunità, 1987, 442; A. SALAH, Ben ghevulé Ashkenaz we-Italia: Elia Morpurgo nel contesto delle riforme scolastiche delle Unite Contee di Gorizia e Gradisca tra Sette e Ottocento, in Cultura ebraica nel Goriziano, a cura di M. GRUSOVIN, Udine, Istituto di Storia sociale e religiosa di Gorizia/Forum, 2007, 102.
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