PAULI-STRAVIUS CATERINA LAMBERTINA

PAULI-STRAVIUS CATERINA LAMBERTINA (1633 - 1693)

orsolina, fondatrice delle orsoline di Gorizia

Immagine del soggetto

Ritratto di madre Caterina Lambertina Pauli-Stravius di ignoto pittore viennese, 1672 (Gorizia, Monastero di Sant'Orsola).

Nacque il 6 marzo 1633, nella famiglia Pauwels-Strauven o Pauvels-Strauven ovvero, in forma latinizzata, Pauli-Stravius. La sua vicenda s’iscrive nel processo espansivo delle orsoline claustrali. La Compagnia di S. Orsola, fondata da sant’Angela Merici (1474-1540) a Brescia, nel 1535, aveva espresso il desiderio di conciliare vita contemplativa e impegno sociale ed ecclesiale, secondo un modello che il rifiuto dei voti solenni diversificava da quello claustrale. Viventi in famiglia o in case di vita comune, le orsoline si diffusero in Italia e fuori, in primo luogo in Francia. A inizio Seicento l’applicazione dei decreti posteriori del concilio di Trento portò i vescovi francesi a non autorizzare forme di vita conventuale che escludessero l’emissione dei voti religiosi e l’osservanza della clausura. In breve, pertanto, tutte le case delle orsoline francesi furono trasformate in monasteri di stretta clausura con voti solenni, pur ottenendo il permesso di aprire scuole per alunne esterne. Furono, di conseguenza, claustrali le orsoline che da Bordeaux, fondata nel 1606 e trasformata in senso monastico nel 1618, si trasferirono a Liegi nel 1622. Entrata nel monastero di Liegi, la P. vi fece la vestizione il 13 gennaio 1649, la professione il 15 gennaio 1651. Passò quindi a quello di Praga, costituente una filiazione di Liegi. La conoscenza della lingua tedesca la fece prescegliere a far parte, nel 1660, delle dieci orsoline fondatrici del monastero di Vienna, ove divenne prefetta. Lasciò Vienna il 26 marzo 1672 per raggiungere Gorizia e fondarvi, quale superiora, una nuova comunità. Il 24 marzo 1672 aveva ottenuto dal nunzio apostolico in Vienna mons. ... leggi Mario Albrici il decreto di fondazione del monastero, dal vescovo di Vienna la licenza e il placet. Raggiunse Gorizia l’8 aprile con cinque consorelle. Le difficoltà connesse all’impianto del monastero costituirono, per la P., una dura prova. La fondazione era sorta su impulso della goriziana Maria Bonsi che, entrata a far parte delle “Gesuitesse” o “Dame Inglesi”, era tornata a Gorizia in seguito alla soppressione di quell’ordine, decretata nel 1629, per dedicarsi con la sorella all’insegnamento della dottrina cristiana. Su impulso del gesuita Francesco Gullini aveva destinato a sede delle orsoline la propria casa. Questa, tuttavia, dove la P. pervenne la sera dell’8 aprile, si rivelò angusta e inadatta. Ciò nonostante vi furono accolte le prime educande e istituita una scuola esterna, ove s’insegnarono, come narrano gli annali ufficiali del monastero, «la pietà, e lavori». In tal modo a Gorizia, per il tramite delle orsoline provenienti da Liegi, s’introdusse la lavorazione del merletto a tombolo e fuselli. La P. si preoccupò di reperire una sede idonea a garantire l’osservanza della clausura. La comunità si trasferì già il 9 agosto del 1672 in una casa con orto e cortile, sita ai piedi del colle del castello e nel 1675 acquistò dal barone Lorenzo d’Orzon l’edificio contiguo, di cui s’iniziò nel 1678 la ristrutturazione in funzione del nuovo monastero. La sua costruzione si protrasse fino al 1685, interrompendosi nel 1682 a causa dell’epidemia di peste che colpì la città. Costante fu il controllo esercitato, sui lavori, dalla superiora che «anche nel sole cocente, andava sopra le armature ad osservare il tutto». Prescelta nel 1686 a superiora del nuovo monastero di Graz, lasciò Gorizia il 28 giugno 1686 per ritornarvi il 2 febbraio 1687. Sofferente di calcoli ai reni, morì il 26 gennaio 1693 all’età di sessantatré anni, di cui diciannove di superiorato. Il necrologio composto a posteriori la dipinse obbediente alla regola, composta e silenziosa, paziente e serena, impegnata a formare le religiose che le erano sottoposte «su l’amore della solitudine, ma solitudine operante nei loro impieghi dall’obbedienza imposti», instancabile nell’allacciare relazioni utili al monastero, che fece crescere «come giglio fra le spine, e come la vela di nave, quanto più lacera tanto più bella».

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Bibliografia

Numerose testimonianze sono conservate nell’archivio del monastero di S. Orsola di Gorizia, regg. 151-152, 155, 159 e b. 301, f. 73.

G. KREN, Il monastero delle Orsoline nei 250 anni di sua esistenza. Discorso detto dal sacerdote G. K. nelle feste anniversarie il 4 e il 7 maggio 1922, Gorizia, s.n.t., 1922; COSSAR, Storia dell’arte, 124; C. MEDEOT, Le Orsoline a Gorizia 1672-1972, Gorizia, Monastero di Santa Orsola, 1972, 47-82; Donne per Gorizia, a cura di A. GALLAROTTI, Monfalcone, EdL, 1993, 24; L’arte del merletto nel Goriziano. Storia di una tradizione che si rinnova, a cura di A. GALLAROTTI, Monfalcone, EdL, 19972, 19; L. TAVANO, La vita religiosa a Gorizia: fisionomia e influsso sociale, in Gorizia barocca, 172; D. CURTOTTI, “Tutte le religiose che in questo monastero di S. Orsola vissero, e morirono”. Coriste, converse ed educande tra Seicento e Settecento, in Il monastero di Sant’Orsola a Gorizia. Trecento anni di storia e arte, a cura di L. GERONI, Milano, Silvana Editoriale, 2001, 49; M. BELLINA, Il merletto a Gorizia tra Sei e Settecento, in Merletto a fuselli. Note di storia e materiali d’archivio, a cura di L. PILLON, Monfalcone, EdL, 2002, 30; L. PILLON, Il monastero di Sant’Orsola a Gorizia dalle origini al priorato di madre Maria Giovanna Lantieri (1672-1730), in Barok na Goriškem. Il Barocco nel Goriziano, a cura di F. ŠERBELJ, Nova Gorica, Goriski Muzej, 2006, 95.

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