WALTHER VON DER VOGELWEIDE

WALTHER VON DER VOGELWEIDE

poeta

Immagine del soggetto

Walther von der Vogelweide in una miniatura del codice Manesse (Heidelberg, Universitätsbibliothek, cod. Pal. Germ. 848, f. 124r).

Considerato già durante il medioevo come uno dei cantori più illustri, W. rappresenta tutt’ora il culmine della lirica medio alto tedesca per «la forza del linguaggio creativo, la ricchezza di metafore e la molteplicità e varietà dei suoi Lieder» (U. Schulze). La sua ampia produzione (circa 550 Lieder in più di 120 “Töne”) è stata tramandata in molti manoscritti fino al basso medioevo. La sua opera comprende tre forme poetiche: il “Minnesang”, la “Spruchdichtung” e il “Leich”. Nonostante i due primi generi letterari non siano in realtà nettamente distinti, si preferisce ugualmente mantenere tale suddivisione per motivi di praticità (Hahn). Il “Leich” invece occupa un posto a parte. La critica più recente ha sottoposto a una totale revisione la vita e l’opera di W., che soprattutto a partire dall’Ottocento erano state fraintese. W. era stato considerato, da L. Uhland in poi, il primo poeta nazionale tedesco, la personificazione dell’anima e della coscienza della Germania, ed era stato poi sfruttato per scopi politico-ideologici, soprattutto durante il nazionalsocialismo, mentre oggi viene definito piuttosto un “agitatore politico”. Non si possiede alcun documento relativo al luogo di nascita di W. e non risulta neppure una famiglia con questo nome nel secolo XIII. Si sono trovati molti toponimi Vogelweide e numerose località hanno rivendicato l’onore di avergli dato i natali, ma l’ipotesi più accreditata sembra essere, secondo U. Müller, quella di Bern Thum, che colloca il luogo di nascita di W. nel Waldviertel austriaco, presso il convento di Zwettl. Non è chiaro neppure se Vogelweide fosse il nome di famiglia, una designazione di origine o uno pseudonimo di poeta vagante (Wehrli). La critica più recente nega inoltre l’appartenenza di W. alla classe di cavaliere che gli è stata attribuita dalla germanistica del passato, non tenendo conto che il “von” nel medioevo significava di solito semplicemente la provenienza e anche l’attributo di “Herr” non doveva necessariamente indicare un’origine nobile. ... leggi L’unico documento storico in cui W. viene menzionato è il resoconto di viaggio di Folchero da Erla, vescovo di Passau, che si recava a Vienna per le nozze di Leopoldo VI. Il 12 novembre 1203, a Zieselmauer, Folchero notò che al «cantor Waltherius de Vogelweide» era stata assegnata la somma di “5 soldi lunghi” per l’acquisto di una giacca di pelliccia («seguenti die apud Zei[zemurum] Walthero cantori de Vogelweide pro pellicio. V. sol.longos»). Un’altra data decisiva è il 1220: appena verso la fine della sua vita, a 50 anni, W. ricevette il tanto sospirato feudo dall’imperatore Federico II, che il poeta ringraziò con un canto di gioia espresso nello “Spruchlied” «Ich han min lehn» (“ho il mio feudo”). Non sappiamo però dove si trovasse questo feudo (che probabilmente era molto modesto). Da questi dati e dalla dichiarazione di W. stesso di aver cantato poesie d’amore per «ben quaranta anni e anche più», si è cercato di collocare la sua vita fra il 1170 e il 1230, dato che gli ultimi suoi testi databili si riferiscono al periodo intorno al 1228. Da quanto tramandato, all’inizio del XIV secolo, da Michael de Leone, canonico di Würzburg, W. è colà sepolto, nel chiostro del convento collegiale di Neumünster (oggi chiamato Lusamgärtlein). Ciò potrebbe far pensare che il feudo concessogli da Federico II si trovasse vicino a Würzburg. È probabile che W. abbia trascorso l’infanzia e la prima giovinezza in Austria: «Ze Oesterrich lernde ich singen unde sagen» (“in Austria imparai l’arte di parlare e cantare”), cioè l’arte della “Minnelyrik”, non solo dal punto di vista del contenuto e della forma, ma anche della composizione musicale. Che poi sia stato un allievo del cantore di corte Reinmar der Alte, fatto considerato finora certo, è stato oggi messo in discussione da Schweikle e altri studiosi. W. rimase al servizio presso la corte di Vienna fino alla morte del duca Federico I (caduto in battaglia durante una crociata, nel 1198). Costretto ad andarsene, forse a causa di certe divergenze con il successore Leopoldo VI, W. cominciò una vita di cantore vagante. L’anno 1198 segna la fine del primo periodo nell’arte e nella vita di W., il suo passaggio alla “Spruchdichtung” (poesia politica) e una nuova dimensione nella poesia d’amore. Fu al servizio di diversi signori, potenti sovrani come Filippo e Federico II di Svevia e Ottone di Braunschweig, e principi come il langravio Hermann I di Turingia, della cui corte W. ci ha lasciato una gustosa descrizione. Per quanto riguarda i suoi rapporti con il duca Bernardo di Carinzia, Enrico di Mödling, il conte Diether di Katzenellenbogen, Folchero da Erla (poi patriarca di Aquileia) e forse anche con il duca Lodovico I di Baviera non possiamo datarli con certezza. Dalle sue note biografiche sappiamo dei suoi costanti e inutili sforzi di stabilirsi definitivamente alla corte di Vienna, dove ritornò diverse volte fra il 1202 e 1219 (Hahn). Sulla base delle affermazioni contenute nella sua opera si è cercato di ricostruire i luoghi del suo pellegrinare; «Ich hab viel Land gesehn»: «ho visto molti paesi dall’Elba al Reno e di nuovo indietro fino al paese degli Ungari, / là ci sono le donne migliori / che ho conosciuto al mondo». E in un altro “Sangspruch” dice di aver viaggiato «dalla Senna fino alla Mur [in Stiria] / dal Po fino alla Trave [cioè fino al Baltico]». La critica più recente ha escluso quasi del tutto di poter stabilire una cronologia «anche solo relativa» (Hahn) dei “Minnelieder” di W., pur volendo distinguere una fase di “Frühe Lieder”, in cui il poeta sta ancora sperimentando, e una serie di Lieder della vecchiaia, in cui W. fa un bilancio del suo canto e della sua vita. Si possono raccogliere in un altro gruppo i Lieder che testimoniano la grande varietà di temi e di forme di W., un altro ancora relativo alla tenzone con Reinmar e infine il gruppo dei Lieder in cui W esprime le sue riflessioni sul “Minnesang” stesso (G. Hahn). È quasi impossibile tracciare una linea conseguente nello sviluppo della lirica amorosa di W. perché spesso coesistono contemporaneamente diversi stili, a seconda delle diverse circostanze (Wehrli). W. doveva inoltre tener conto delle esigenze del pubblico, per cui doveva anche adattarsi a comporrete dei Lieder più convenzionali, soprattutto alla corte di Vienna, dove il pubblico era abituato ai Lieder di Reinmar. È stato già stabilito da tempo che la maggior parte dei Lieder di W. non trattano di un rapporto individuale uomo/donna, ma dei rapporti sociali in cui uomo e donna rappresentano dei ruoli (il corteggiatore e l’oggetto del suo desiderio) secondo le regole dell’amor cortese. Il primo periodo di W. sta sotto l’influsso di Reinmar e della sua tematica della “Minneklage” (lamento d’amore), che appare con variazioni nei primi Lieder di W. dalle forme semplici e brevi. Ma questo stile non era adatto al temperamento di W., che grazie all’incontro con Heinrich von Morungen ebbe la possibilità di liberarsi dall’influenza di Reinmar, di maturare e di raggiungere il primo culmine della sua lirica con la canzone Si wunervol gemachet wip (53, 25), in cui viene cantata per la prima volta la bellezza di una donna reale. Sorgerà così il primo conflitto fra Reinmar e W., la cosiddetta “Reinmar Fehde”. Non si può stabilire se fosse stato lo stesso Reinmar a iniziarla (von Kraus), quanto fosse dipesa da motivi personali, se fosse stata una contesa di carattere ideologico (Birkhan) o dovuta alla concorrenza fra i due poeti (Schweikle) e al tentativo di W. di prendere il posto di Reinmar (Hahn) e quindi fosse una lotta per l’esistenza da parte di due cantori rivali e per il riconoscimento da parte del pubblico (il che significava anche la sicurezza economica). Inoltre la germanistica precedente, che considerava W. un allievo di Reinmar, aveva dato maggior peso al suo rapporto con Reinmar e individuato tre diverse fasi della tenzone, mentre oggi si è molto più prudenti a questo proposito. Abbandonata la corte viennese e liberatosi dall’influsso di Reinmar, W. trovò alla corte degli Staufen un ambiente politico pieno di vita, dove la tradizione della scuola di Hausen era ancora molto viva. Al seguito di Filippo W. si recò in Turingia dove conobbe Wolfram, e a Meißen. Th. Bein ha distinto nel “Minnesang” di W. due concetti: quello della “hohe Minne” e quello caratterizzato dal desiderio di opporsi a questa tradizione, di metterla in discussione o addirittura di sostituirla. Può essere che W. nel corso del tempo sia passato da un concetto di “Minne” a un altro, che in diversi Lieder si rispecchino diversi sviluppi letterari, ma è anche possibile che concetti diversi coesistano contemporaneamente. Un tipico esempio della “hohe Minne” è il Lied L.93, 19 «Waz hat diu Welt ze gebenne» (“Cosa il mondo più offrire di più piacevole / di una donna che può rallegrare un cuore pieno di struggimento?”), in cui la donna è qualcosa di assoluto che niente può superare. All’uomo è riservata la sofferenza nella consapevolezza di non poter avvicinarsi a lei fisicamente e neppure al suo mondo etico-morale. Questa era la classica tematica della “Minneklage” (lamento d’amore) secondo la tradizione del “Minnesang”. In altri Lieder invece (come nel Lied 69, 1) W. afferma che la “Minne” è tale solo se è felicità e non sofferenza (come affermava Reinmar), e se è basata sulla reciprocità. La nobile dama non è la donna ideale se non ha le qualità che la rendono nobile e degna di essere amata. «Voglio volgere il mio canto di lode a donne che sanno ringraziare. / Che me ne faccio di quelle troppo in alto?». Invece della irraggiungibile bellezza delle dame di alto ceto W. preferisce cantare la nobiltà interiore delle donne e la reciprocità del sentimento. Il concetto di “Wip” (donna, senza l’accezione negativa che ha oggi la parola “Weib”) acquistò di peso rispetto a “Frouwe” (allora: dama) e il concetto di “Minne” impallidì di fronte a quello di “Herzeliebe”. Ritornato a Vienna dai suoi lunghi viaggi fra Reno, Elba e Ungheria., W. si presenta trionfante al pubblico viennese per offrire un canto di lode mai sentito prima: il cosiddetto “Preislied” («Ir sult sprechen Wilekomen», “Dovete darmi il benvenuto”), il celebre elogio degli uomini e delle donne tedesche, che sono superiori a tutti gli altri, non in senso nazionalistico, come è stato interpretato dall’Ottocento in poi, ma nella realizzazione dell’ideale cortese. Questo Lied aveva però anche lo scopo di ottenere il favore e la ricompensa da parte della corte di Vienna presso la quale W. sperava di poter stabilirsi definitivamente. Forse era stato composto in risposta a un analogo elogio della Provenza da parte di Peire Vidal. Sembra che una terza fase della tenzone con Reinmar terminasse con il cosiddetto “Sumerlatenlied” nel quale l’elogio della dama si tramuta in scherno. Se Reinmar aveva cantato «Stirbet si, so bin ich tot» (“Se muore lei, io sono morto”, 158, 28), W. capovolge il senso «sterbet si mich, so ist si tot» (“se lei mi fa morire, lei è morta”, 73, 16). È l’artista che con il suo canto permette alla dama e con lei alla società cortese di raggiungere bellezza e onore. Sono stati raccolti sotto il nome di “Mädchenlieder” (canti delle fanciulle) alcuni testi derivati dalla pastourelle provenzale e antico-francese, ma piuttosto rari nel medio alto tedesco. Trattano di solito dell’incontro d’amore fra un signore e una fanciulla del popolo, che avviene sempre in una cornice naturale. Nei “Mädchenlieder” di W. però è impossibile stabilire il ceto sociale del cantore e della donna, che ricambia il suo amore e che viene trattata come una dama. Il più celebre è il Lied Under der Linden (“Sotto i tigli”), canto di un amore esaudito e ricambiato, narrato da una fanciulla, di cui non è nota la classe sociale. Non è questa che conta, ma solo l’accordo e la reciprocità del sentimento. Questo Lied si distingue per la particolare eleganza della narrazione, priva di ogni volgarità. Ancor più esemplare per questo genere di Lieder è Herzeliebe frowelin (“Mia cara piccola signora”, 49, 25) in cui W. protesta contro coloro che lo accusano rivolgere il suo canto verso una fanciulla di ceto inferiore e reagisce con eccezionale violenza: «Per il fatto che non capiscono cosa sia amore, che siano maledetti!». Nei canti dell’ultimo periodo W. cerca con l’aiuto della figura allegorica Frau Maze (= Madonna Moderazione) di creare un concetto di “Minne” che possa procurargli un riconoscimento ben motivato non solo a corte, ma anche nella vita di cantore vagante. Segue un necrologio di Reinmar der Alte («Deswar, Reimar, du riuwes mich», 83, 1) che però contiene alcune malignità personali contro il collega. Secondo l’opinione unanime dei critici si può far risalire la nascita della “Spruchdichtung” in lingua medio alto tedesca al 1198, l’anno in cui W., perduto il suo mecenate alla corte di Vienna, inizio la sua vita di poeta vagante. È un sottogenere della lirica tedesca di cui W. può essere considerato il vero e proprio creatore, nonostante ci siano stati dei precursori prima di lui. La “Spruchdichtung” è costituita da Lieder cantati (detti perciò anche “Spruchlied”, “Sangspruch” e “SpruchLied”) le cui singole strofe sono spesso concluse in sé. Sono state unite appena in tempi recenti, in “catene di strofe”, anche se non sempre costituiscono un’unità. Si tratta di circa 16 diverse forme strofiche, che comprendono da 1 a 18 strofe, superando così in lunghezza un Lied normale. Alcuni “Töne” di cui ci è pervenuta una sola strofa, sono probabilmente resti di una precedente tradizione lirica più breve. Il contenuto degli “Sprüche” riguarda la morale (condotta di vita giusta o sbagliata), la politica e la religione, ma anche problemi riguardanti l’esistenza del poeta, tematiche che sono talvolta imprescindibilmente legate fra loro. Le poesie a più strofe di W. chiamate “Töne” (strofe identiche nella metrica e nella melodia) portano dei titoli che sono stati attribuiti appena più tardi da Simrock (1833) e Burdach (1900). Così il Reichs-Ton (considerazioni sull’Impero), Otten-Ton (dedicato a Ottone) Erster Philipps-Ton, Zweiter Philipps-Ton (dedicati a Filippo di Svevia), Kaiser-Friedrichs-Ton (dedicato all’imperatore Federico II). Con questo genere letterario W. entra a far parte di una tradizione più antica, non cortese, ma popolare, quella dei poeti vaganti, che però arricchisce di temi e forme. Si deve essere estremamente prudenti nel parlare di “poesia politica” medioevale. A meno che l’autore non nomini espressamente personaggi e fatti noti e ben documentati (Filippo e Federico di Svevia, Ottone di Braunschweig, papa Innocenzo III), è spesso difficile trovare, sia pure a grandi linee, i riferimenti storici. In molti “Sprüche” W. ha omesso i nomi dei personaggi a cui allude perché erano ben noti al pubblico che lo ascoltava, mentre noi oggi dobbiamo invece ricostruirne faticosamente l’identità. Dall’Ottocento in poi i germanisti, in un’ottica nazionalistica, avevano esaltato un opportunista come W. come l’“annunciatore dell’idea dell’Impero”, la coscienza morale della Germania, non tenendo conto invece del fatto che i poeti vaganti dovevano guadagnarsi il loro pane alle corti dei potenti. Non dobbiamo però giudicare secondo i nostri criteri moderni l’opportunismo di W. Era una politica praticata anche dai grandi signori feudali, primo fra tutti il margravio Hermann di Turingia, in un periodo storico di grande caos come quello in cui W. era vissuto, un’epoca di lotte civili, di sovrani contrapposti (prima Filippo, poi Federico di Svevia contro Ottone di Braunschweig) e di contrasti fra papato e impero. Il Reichs-Ton, il primo degli “Sprüche” a poter esser datato con sicurezza, in quanto antecedente all’incoronazione di Filippo (8.9.1198) è la prima e una delle più note “poesie politiche” di W. Inizia con il celebre verso «Ich saz uf einem Steine» (“Stavo seduto su una roccia”, 8, 4): l’immagine del poeta seduto su un sasso a meditare, con le gambe accavallate e il mento appoggiato a una mano, fu già ai suoi tempi considerata così significativa da essere riprodotta a colori nella miniatura dei codici B e C e ancora oggi è l’immagine più nota del “Minnesang” tedesco. W. meditava sui tre valori (“bona”): l’onore, i beni terreni e la grazia di Dio, «che vale molto più degli altri due». Vi si aggiungevano “pace” e “giustizia”, rappresentate nella miniatura dalla spada. «Pace e giustizia sono gravemente violati / e finché i primi tre (beni) non saranno sicuri, neanche gli altri due potranno essere sani». Segue in un’altra strofa la celebre invettiva «Guai a te, popolo tedesco […] Convertiti! I principi sono troppo superbi, / i vassalli ti premono / che termina con l’invito a Filippo a farsi incoronare imperatore». Nell’ultima strofa («Vidi con i miei occhi») il poeta immagina di aver appreso a Roma degli intrighi che papa Innocenzo III stava tramando contemporaneamente contro i due rivali, Filippo e Ottone, e pronuncia un duro rimprovero contro la politica della curia romana. Nella terza strofa dell’Erster-Philipps-Ton W. descrive la solenne processione di Filippo di Svevia a Magdeburgo, il giorno di natale, insieme alla consorte, la principessa greca Irene Maria. Questa processione doveva sottolineare la legittimità e il potere del sovrano. Qui W. usa per Filippo attributi divini e per la sua consorte gli attributi di Maria (“Rosa senza spine”). La critica corrosiva e spesso violenta nei riguardi dei suoi tempi e della società, in particolare contro il papa e la Chiesa, si trova soprattutto nell’Unmutston (“il canto dello scontento”, di 18 strofe). «Il pastore è diventato un lupo fra le sue pecore»: W. accusa il papa di aver cercato di far precipitare l’impero nel caos e di usare per ben altri scopi il denaro raccolto per intraprendere una crociata. La polemica contro il potere temporale del papa continua in un altro “Spruch” («Künic Constantin der gap so vil», “Re Costantino donò così tanto”) in cui rimprovera Costantino di aver consegnato al papato, mediante la sua donazione, sia la sovranità spirituale che quella temporale. Lo “Spruch” («Ahi wie kristenliche nu der babest lachet», “Ahimè come il papa si piega dalle risate”) è un aspro, sarcastico attacco contro il papa che sfocia in una caricatura di Innocenzo III di cui W. beffeggia il modo di parlare tedesco tipico di un italiano. Questo violento tono polemico gli valse un rimprovero da parte di Tommasino da Cerclaria, nel suo Welscher Gast (v. 1119). È quindi un testo interessante anche per l’immediato riscontro dell’efficacia che ebbe sui contemporanei. Mentre il Lied è composto da un qualsiasi numero di strofe uguali dal punto di vista metrico, che vengono cantate con la stessa melodia, il “Leich” è composto da unità strofiche diverse, allineate secondo i principi della ripetizione. Anche in questo campo W. dimostra la sua grande versatilità. Il più ampio componimento religioso è un canto dedicato a Maria, nella continuazione della tradizione letteraria. Il Palästinalied non va interpretato come la dichiarazione da parte di W. di aver partecipato a una crociata, ma piuttosto come un canto di propaganda a favore di una crociata ed è impossibile datarlo.

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Bibliografia

Heidelberger Liederhandschrift, A’ (Heidelberg cpg. 357); Weingartner Liederhandschrift B’ (Stuttgart, LB, cod. HB XIII 1); Heidelberger Liederhandschrift C’ (Heidelberg cpg. 848), contiene la più ricca raccolta delle opere di W. (con il Leich e 447 strofe).

Walther von der Vogelweide: Werke. Gesamtausgabe: Band 1: Spruchlyrik – Mittelhochdeutsch/Neuhochdeutsch, Herausgegeben, übersetzt und kommentiert von G. SCHWEIKLE, Stuttgart, Reclam, 1994; W.v. V: Leich, Lieder und Sangsprüche, 14. völlig neu bearb. Aufl. der Ausg. K. LACHMANNS mit Beiträgen von T. BEIN - H. BRUNNER, hrsg. von CH. CORMEAU, Berlin, de Gruyter, 1996; W.v. V. Gedichte, 11. Aufl. auf der Grundlage der Ausg. von H. PAUL hrsg. von S. RANAWAKE mit einem Melodienanh. von H. BRUNNER, Tl.1: Der Spruchdichter, Tübingen, Niemeyer, 1997.

H. BRUNNER - G. HAHN - U. MÜLLER - F. SPECHTLER, W.v. V. Epoche - Werk - Wirkung, München, C.H. Beck, 1996; Th. BEIN, W.v. V., Stuttgart, Reclam, 1997; U. SCHULZE, W.v. V., Lexikon des Mittelalters, VIII, Stuttgart & Weimar, Metzler, 1997; G. HAHN, W.v. V., in Verfasserlexikon. Die deutsche Literatur des Mittelalters, 10, Berlin-New York, de Gruyter, 1999; M.G. SCHOLZ, W.v. V, Stuttgart, Metzler, 1999; Lyrik des Mittelalters II - Probleme und Interpretationen - Mittelhochdeutsch - Mittelenglisch hrsg. H. BERGNER [La lirica in medio alto tedesco è curata da U. MÜLLER], Stuttgart, Reclam, 1983; Deutsche Gedichte des Mittelalters. Mittelhochdeutsch/Neuhochdeutsch, Ausgewählt, übersetzt und erläutert von U. MÜLLER, Stuttgart, Reclam, 1993.

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