SIGUALDO

SIGUALDO

patriarca di Aquileia

Immagine del soggetto

Particolare del pluteo di Sigualdo (Cividale, Museo cristiano del duomo).

S. fu patriarca di Aquileia all’incirca nel periodo fra 756 e 786. Successore di Callisto, risiedette anch’esso a Cividale e la sua vicenda si inserì nel periodo conclusivo del regno longobardo in Italia che vide l’affermazione del nuovo dominio franco ad opera di Carlo Magno. La figura dell’ultimo patriarca del periodo longobardo appare abbastanza sfuggente a causa della carenza di notizie. Dopo la caduta del regno (774) e in particolar modo dopo la disfatta della ribellione di Rodgaudo (776) anche il patriarca S., massima espressione del clero del ducato friulano, dovette risultare sottoposto a forti pressioni e sentire il peso della volontà di rinnovamento e della riorganizzazione imposta da Carlo. A nulla valse il suo intervento nel tentativo di rendere meno dura la repressione dei nuovi dominatori verso coloro che si erano sollevati. Al di là delle possibili lacune documentarie, la mancanza di un cenno di benevolenza del futuro imperatore, nuovo re dei Longobardi, nei confronti di S. o della Chiesa aquileiese in quel periodo potrebbe in qualche modo essere un segno inequivocabile dei freddi rapporti che intercorrevano tra il presule e i nuovi dominatori. Carlo stava scegliendo i nuovi fedeli cui affidare il potere: non è un caso che proprio in questi stessi momenti, più precisamente nel 777, si concedeva al grammatico Paolino, cividalese, che diverrà il futuro patriarca di Aquileia dopo S., i beni confiscati ai nobili longobardi che si erano da poco ribellati. Il patriarca S. dal canto suo non poteva che far sentire la sua voce, come fece con una lettera rivolta allo stesso Carlo, in difesa dei beni delle chiese della sua diocesi. Nonostante il periodo del patriarcato di S. sia stato dunque interessato da parecchie vicissitudini, non mancano però prove di un certa continuità nell’opera di abbellimento e rinnovamento degli arredi liturgici della sede patriarcale e del ducato. ... leggi Sicuramente rappresenta un’importante testimonianza della diretta attività del patriarca in Cividale la pregevole e famosa lastra marmorea, ora inserita nel parapetto del fonte battesimale posto presso il duomo e coronato dal celebre tegurio dell’epoca del patriarca Callisto. In origine doveva costituire la decorazione frontale di un altare realizzato dal patriarca all’interno del battistero di S. Giovanni come permette di ipotizzare la dedica al Battista iscritta al centro del paliotto e nella quale compare anche il nome di S.: HOC TIBI RESTITUIT SIGUALD BAPTESTA IOHANNES. Probabilmente l’altare era collocato nella terminazione occidentale del vano battesimale ed era preceduto da una recinzione con pergula di cui rimangono alcuni frammenti. La decorazione della lastra appare singolare dal punto di vista iconografico ma con una composizione improntata ad un linguaggio dalle forme equilibrate. Il messaggio simbolico in chiave salvifica appare sicuramente esplicito e ben compatibile con una collocazione nell’ambito battesimale. Nella porzione laterale della lastra due nastri con tralci di foglie cuoriformi definiscono quattro medaglioni entro i quali trovano posto i simboli tetramorfi dei quattro evangelisti. Al centro un listello con l’iscrizione dedicatoria separa il campo in due settori: in quello superiore due candelabri incorniciano una croce centrale i cui bracci risultano affiancati, sotto e sopra, rispettivamente da due alberelli e due fiori; nella parte inferiore ai lati di un albero della vita, dai cui rami escono teste leonine, si affrontano due grifi sovrastati da due colombe, in posizione speculare, che beccano dei grappoli d’uva. Nei quattro vangeli aperti retti dai simboli tetramorfi (la coppia aquila e bue a sinistra; quella angelo e leone a destra) si legge rispettivamente: MORE VOLANS AQUILAE VERE PETIT ASTRA IOHANNIS; IURA SACERDOTIS LVCAS TENIT ORE IVVINCIT; MATTEUS AGENS HOMINEM GENERALITER IMPLENS; MARCUS UT ALTA FREMENS VOX PER DESERTA LEONIS. Questa lastra, fatta indubbiamente realizzare dallo stesso S., appare dunque come un documento scultoreo unico, anche perché tra i pochi riferibili ad una committenza certa che permette di seguire gli sviluppi dell’arte del tardo periodo longobardo alle soglie di quella significativa svolta che produsse il nuovo linguaggio diffuso ad opera dei carolingi.

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Bibliografia

C.G. MOR, S. Paolino e Carlo Magno, in Aquileia e le Venezie nell’alto medioevo, Udine, AGF, 1988 (Antichità altoadriatiche, 32), 65-81; A. TAGLIAFERRI, Le diocesi di Aquileia e Grado, Spoleto, CISAM, 1981 (Corpus della scultura altomedievale, 10), 216-219; S. LUSUARDI SIENA - P. PIVA, Scultura decorativa e arredo liturgico a Cividale tra VIII e IX secolo, in Paolo Diacono ed il Friuli altomedievale (secc. VI-X). Atti del XIV congresso internazionale di studi sull’alto medioevo (Cividale, 24-29 settembre 1999), II, Spoleto, CISAM, 2001, 493-594.

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