TEODORO

TEODORO

vescovo di Aquileia

Immagine del soggetto

Clipeo e iscrizione del vescovo Teodoro, mosaico della basilica di Aquileia.

Quando col suo rescritto di Milano (313) Costantino concesse ai cristiani la libertà di culto senza rischi, sulla cattedra episcopale di Aquileia sedeva T., succeduto con ogni probabilità a un vescovo che portava lo stesso nome, Crisogono, del martire (e vescovo) che era caduto il 24 novembre 303. Se si può prestar fede alla durata di ciascun episcopato in base ai Cataloghi episcopali, che talora hanno un fondo di attendibilità per i vescovi successivi, si dovrebbe dire che il vescovado di Crisogono II potrebbe essere durato fino al 312 e che quello di T., a cui si attribuiscono undici anni, potrebbe essere durato fino al 323. Per la biografia di T. rimane sicura però soltanto la data del 314 relativa alla partecipazione di T. al sinodo di Arles, contro i donatisti: colà egli si firmò «Theodorus episcopus, Augustus (o Agathon) diaconus de civitate Aquileiensium, provincia Dalmatia». Il riferimento alla Dalmazia non è casuale, poiché Aquileia era stata allora, sia pure temporaneamente, inclusa in quella provincia a causa dell’usurpazione di Licinio cui pose fine Costantino. Se è attendibile la notizia raccolta dal Chronicon venetum (162) che lo vuole «natione Tracie Grecie», troveremmo in lui continuata ad Aquileia la scelta dei vescovi tra coloro che erano di origine orientale. Per altri versi troviamo nomi latini in taluni martiri più apertamente locali e anche in taluni diaconi. In questo caso il diacono Agatone dovrebbe essere lo stesso che succedette a Teodoro, anche se documentato con un nome lievemente diverso, “Agapitus”. Si potrebbe avere anche un indizio per pensare a un diacono (o arcidiacono) che, similmente a quanto era avvenuto per gli augusti rispetto ai cesari, affiancava il vescovo ed era destinato a succedergli. ... leggi Il nome di T. (a cui è aggiunto l’aggettivo “felix”, che potrebbe essere anche un secondo nome) compare però in due iscrizioni inserite nei mosaici di due aule di culto che egli aveva voluto innalzare per la comunità cristiana di Aquileia e che perciò si dicono teodoriane. Nell’aula meridionale si legge: THEODORE FELI(X) (A)DIUVANTE DEO | OMNIPOTENTE ET | POEMNIO CAELITUS TIBI | (TRA)DITUM OMNIA | (B)AEATE FECISTI ET | GLORIOSE DEDICAS | TI. Nell’aula settentrionale invece il suo nome corre in una breve iscrizione che però, come l’altra, mostra di riferirsi a un personaggio benemerito ma scomparso: (THEOD)ORE FELIX HIC CREVISTI HIC FELIX, in cui si allude alla sua crescita spirituale e soprattutto gerarchica qui maturata. In un’insula verso il porto, nel settore sud-orientale della città antica di Aquileia, sorgevano cantieri e magazzini già nel secolo III, edifici al di sopra dei quali subito dopo il 313 sorsero per iniziativa di T. le due aule di culto parallele, con muri sottili e senz’abside. Quella settentrionale doveva essere usata per l’ufficio eucaristico, mentre la meridionale doveva accogliere i catecumeni; nello spazio intermedio, oltre a un’aula simile ma disposta trasversalmente e non mosaicata (forse un consignatorio), sorgeva il battistero con un fonte ellittico in un vano quadrangolare. I mosaici voluti da T. per coprire i pavimenti principali rappresentano un raccordo esemplare e molto significativo tra una cultura figurativa e formale precristiana o extracristiana e le esigenze formali, teologiche e didattiche ma anche liturgiche della chiesa di Aquileia, pronta ad accogliere modelli e forme già in uso e a caricarle di valori e di significati nuovi, benché oggi talora possano risultare poco chiari. Ciò è evidente specialmente in taluni mosaici dell’aula settentrionale, con forme ancora legate a modelli d’età tetrarchica. La cultura di cui T. si fece promotore e animatore voleva anche orientare i mosaicisti verso una nuova civiltà figurativa e verso soluzioni formali che dovevano rispondere con immediatezza essenziale a esigenze didascaliche, evidenti in modo particolare nella storia di Giona (è questa la prima volta che nel mondo cristiano la storia di Giona e la sua figura non vengono proposte con allusioni funerarie bensì quale “signum” della Redenzione), nella figura del Buon Pastore o nella Vittoria cristiana. Gli edifici teodoriani, con la tendenza a chiudersi verso l’esterno mediante pareti rettilinee, non mosse da paraste né arricchite da soluzioni curvilinee, per effetto di scelte calcolate e non a causa di impacci “primitivi”, costituirono un precedente quasi canonico con varianti progressive sia per le architetture episcopali successive di Aquileia (basilica post-teodoriana settentrionale o fortunazianea e basilica post-teodoriana meridionale o cromaziana), sia per le sedi episcopali della giurisdizioni aquileiese tra IV e V secolo (Concordia, Parenzo, Pola, Trieste e così via).

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Bibliografia

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