ROCCA ENRICO

ROCCA ENRICO (1895 - 1944)

germanista, scrittore

Immagine del soggetto

Il germanista Enrico Rocca.

È uno degli ultimi, se non proprio l’ultimo, degli intellettuali goriziani che vissero e si formarono negli anni a ridosso della guerra del 1914-1918. Più degli altri si dimostrò coinvolto nelle aspirazioni nazionali di tipo irredentistico e addirittura fautore di una guerra “purificatrice” e “redentrice”, anche però come fuga dalla realtà. Di famiglia ebraica – il padre, di famiglia ferrarese, era irredentista e la madre lealista –, R. era cugino di Carlo Michelstaedter. Nacque a Gorizia il 10 gennaio 1895 e frequentò fino alla settima classe la K. K. Staatsoberrealschule dalla quale fu espulso. Completò gli studi a Venezia, dove poi si iscrisse a Ca’ Foscari: in quella città frequentò l’ambiente futurista, facendo propri i modi dannunziani, e scrisse più volte sul giornale irredentista «La guerra» (Alla vigilia della guerra, 3 aprile 1915). Arruolatosi volontario nell’esercito italiano, ebbe la ventura di partecipare nell’agosto 1916 alla conquista di Gorizia, ricevendo anche il battesimo di sangue. L’ardore nazionale, che travolse molti intellettuali giuliani, trascese in lui quasi inevitabilmente nell’adesione al fascismo, come avvenne per Ugo Pellis. Fu tra i fondatori dei Fasci di combattimento a Roma e la sua firma comparve sul mussoliniano «Popolo d’Italia». Sennonché, la reazione e la violenza che derivarono subito dal fascismo lo indussero a dissociarsi per richiamarsi al suo mazzinianesimo di partenza. Nell’agosto 1921 firmò, con Ernesto Rossi, un appello a Mussolini per esprimere la sua delusione; da questa, tuttavia, non passò a un’aperta opposizione. A Gorizia, da dove si seguiva con affetto la sua attività – Sofronio Pocarini recensì i suoi Sei mesi di sole, «La voce dell’Isonzo», 8 febbraio 1921 –, R. fece arrivare più volte la sua voce: si espresse con forza contro le manovre che da Udine erano giunte alla soppressione della provincia (Lettere da Gorizia, «Il Popolo d’Italia», 3 dicembre 1924). Varie voci goriziane risposero a questo suo energico intervento (Gorizia forte del suo diritto attende da Roma la giustizia, «L’Isonzo», 15 dicembre 1924; Concorrenza illecita/Sul gran tema, «L’Idea del popolo», 21 e 28 dicembre 1924). Agli inizi dello stesso anno, ripensando non «senza commozione al carattere dell’intellettualismo giulio d’anteguerra», aveva ricordato con nostalgia alcune personalità (Paternolli, Pocar, Marin) e i loro «lavori coscienziosissimi […] resi in limpida forma italiana […]. La guerra è finita e la virtù ha fatto ritorno prima qui che altrove» («La voce di Gorizia», 5 e 15 gennaio 1924). A riflettere su Gorizia egli sarebbe ritornato durante la guerra 1939-1945; intanto, però, la sua attività si esplicava in saggi, tra cui la Storia della letteratura tedesca dal 1870 al 1933 (Firenze, 1950) e Panorama dell’arte radiofonica (Milano, 1938), e in traduzioni dal tedesco, per le quali si legò d’amicizia con un fitto scambio epistolare anche con Stefan Zweig. ... leggi La sua collaborazione col «Popolo d’Italia» riguardava in prevalenza la critica teatrale e letteraria. Colpito dalle leggi razziali fasciste, tentò dapprima di emigrare all’estero, come aveva fatto Zweig, e poi si ritirò per quanto possibile in luoghi più sicuri e affidò al suo diario riflessioni amarissime: salutò l’«Italia cara» che da fanciullo aveva sognato (ma la delusione si era fatta pungente da anni) e ripensò alla sua Gorizia, dove «alla bonaria popolazione autoctona s’è andata aggiungendo una spuria […] mescolanza piccolo-borghese d’agenti, funzionari […], che si crede in colonia». Dopo il 25 luglio 1943 si inserì nel giornalismo dei sindacati (aveva già lavorato nel «Lavoro fascista»), ma dopo l’8 settembre dovette rifugiarsi ancora lontano, nel Molise e poi a Napoli, dove collaborò in Radio Napoli. Il ritorno a Roma dopo la Liberazione del 4 giugno 1944 non significò la fine dei suoi tormenti: accusato del suo passato e privato della sua casa, il 20 luglio 1944 mise fine alla propria vita.

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Bibliografia

La bibliografia (e la biografia) di E. Rocca in R. LUNZER, Ai ghibellini guelfo e ai guelfi ghibellino. E. R., germanista goriziano, in Irredenti redenti. Intellettuali giuliani del ’900, Trieste, Lint, 2009, 219-242 (ed. originale: R. LUNZER, Triest. Eine italienisch-österreichische Dialektik, Klagenfurt, Wieser, 2002, 274-300); oltre ai titoli citati si segnalano: Il mio cuore all’asta, Milano, Libr. Ed. dell’Ardito, 1921; Studio introduttivo, in G. MEYRING, Il golem (traduzione di E. Rocca), Foligno, Campitelli, 1926; Austria letteraria di oggi, «Il Mattino», 21 settembre 1929; Garibaldi visto da un austriaco, «La Stampa», 26 aprile 1934; Spirito austriaco e spirito tedesco, «Il lavoro fascista», 2 novembre 1934; Legge riparatrice, «Il lavoro italiano», 6 agosto 1943; Congedo, ibid., 27 agosto 1943; La distanza dai fatti, Milano, Giordano, 1964; Diario degli anni bui, Udine, Gaspari, 2005.
A. SPAINI, Il dramma di E. R., «Il Messaggero», 11 marzo 1960; ID., E. R., in ID., Autoritratto triestino, Milano, Giordano, 1963, 215-221; R. LUNZER, “Ich glaube nicht an Morgen, vielleicht an Übermorgen”, Ein bisher un veröfflichtlicher Brief von Joseph Roth an E. R., «Die Presse», 16 e 17 settembre 1995; TAVANO, Gorizia nel 1919, 200-201; R. LUNZER, Irredenti redenti. Il caso di E. R., «Quaderni giuliani di storia», 24/1 (2003), 173-201; S. TAVANO, L’esempio di E. R., «Alpinismo goriziano», 37/2 (2003), 3; S. TAVANO, Rocca, Paternolli e Gorizia, ibid., 38/3 (2004), 3; G. LANCELLOTTI - S. ZONCH, «Addio, Italia cara…». Vita, opere e mistero di E. R. goriziano, Trieste, Hammerle, 2004; R. LUNZER, Una riscoperta importante. La nuova edizione del Diario degli anni bui di E. R., «Quaderni giuliani di storia», 27/2 (2006), 465-472; EAD., “Melificare per gli altri”. I germanisti Ervino Pocar ed E. R., in Cultura tedesca, 204-215.

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