LOZER GIUSEPPE

LOZER GIUSEPPE (1880 - 1974)

ecclesiastico, politico

Immagine del soggetto

Il chierico Giuseppe Lozer, in piedi a sinistra, con alcuni compagni di seminario (Pordenone, Archivio storico diocesano).

Nacque a Budoia (Pordenone) da Bortolo e Lucia Fort il 24 luglio 1880. A dodici anni lasciò il paese natale per andare a studiare in Seminario a Portogruaro. Studente attento e preparato, particolarmente interessato al diritto canonico, manifestò negli anni un atteggiamento critico nei confronti dei metodi e dei contenuti dell’insegnamento impartito, in modo particolare per l’impostazione neotomista e l’avversione al rosminianesimo dei suoi insegnanti. Tra il 1900 e il 1901 si formò nella città del Lemene un circolo facente riferimento al movimento di Democrazia cristiana di Romolo Murri. Il chierico L. ne fu uno degli ispiratori. Abbonato alle riviste «La cultura sociale» e «Il domani d’Italia», diffondeva le idee del sacerdote marchigiano, che sosteneva la necessità di uno stretto rapporto tra religiosità, azione sociale e democrazia politica, sin dentro il Seminario. Negli anni seguenti, con l’amico Annibale Giordani, cercò di diffondere le sue convinzioni tramite la rivista «La Concordia» con una serie di articoli graffianti contro agrari, industriali, massoni e socialisti. Il suo atteggiamento convinse il vescovo Francesco Isola della necessità di allontanarlo dal Seminario e di non permettergli di intraprendere un percorso universitario. Terminati gli studi di teologia, L. fu quindi consacrato sacerdote nel febbraio del 1903 e inviato come economo spirituale a Torre di Pordenone, in una zona a forte densità industriale, dove il socialismo aveva già fatto molti proseliti. Nominato parroco di Torre nell’anno successivo, L. non si perse d’animo: riallacciati i rapporti con il Giordani, divenuto cappellano a Pordenone, e con Giovanni Maria Concina, parroco di Prata, fondò nella città sul Noncello un circolo del movimento cattolico friulano, cominciando a interessarsi anche alle condizioni di vita e di lavoro del proletariato locale. ... leggi A questo periodo risale la sua convinzione della necessità di un’unità sindacale apartitica e aconfessionale, contestatagli anche violentemente dai socialisti locali. Nel 1906 papa Pio X pubblicò l’enciclica Pascendi, con la quale condannava il modernismo. Il vescovo Isola convocò, quindi, don Concina per chiedergli di prendere le distanze dal movimento della Democrazia cristiana e di convincere della necessità di questo passo anche don L.: il parroco di Torre, però, non era in sede perché in quei giorni partecipava segretamente al primo congresso della Lega democratica nazionale a Milano. Tornato in diocesi, egli si attenne a quanto indicato dal vescovo, pur non rinunciando alla lotta sindacale e alla difesa dei diritti del proletariato della sua parrocchia. Nel 1910 L. ottenne il permesso dal vescovo di iscriversi alla Facoltà di diritto del Seminario patriarcale di Venezia. La sua esperienza universitaria fu però di breve durata: accusato di modernismo dagli insegnanti, venne ben presto richiamato in diocesi. Gli anni successivi furono caratterizzati dalla collaborazione con don Concina, che, con il sostegno del vescovo Isola, cercò di organizzare le leghe bianche nelle campagne della destra Tagliamento. Allo scoppio del primo conflitto mondiale, il sacerdote manifestò pubblicamente le proprie idee pacifiste e anti-interventiste, venendo accusato di istigazione alla rivolta e di austriacantismo da «Il Popolo d’Italia». Sebbene prosciolto da ogni accusa dalla Corte di appello di Venezia, don L. fu comunque mandato al confino, prima in Sardegna e poi a Roma. Nel 1916, durante la sua permanenza nella capitale, tentò nuovamente l’esperienza universitaria alla Gregoriana; il richiamo alle armi e l’assegnazione alla 7a compagnia di sanità presso l’ospedale militare del Celio gli impedirono di proseguire gli studi. In seguito all’armistizio L. affiancò il vescovo Isola che, dopo l’aggressione subita a Portogruaro, volle ottenere dalla Santa Sede l’autorizzazione a trasferire il Seminario e la sede dell’episcopato di Concordia a San Vito o a Pordenone. Nel 1919 nacque il Partito popolare italiano di don Sturzo; L., pur non aderendovi ufficialmente, aiutò l’amico Concina nell’organizzazione del nuovo soggetto politico nella destra Tagliamento. Nel settembre dello stesso anno i due parroci rappresentarono la diocesi di Concordia a un convegno udinese, che voleva riunire attorno a un programma comune tutto il movimento cattolico friulano. Il 12 ottobre nacque la Federazione tessile friulana, in cui L. svolse un ruolo di primo piano nell’individuazione degli obiettivi sindacali. Il 16 dicembre prese vita l’Unione del lavoro, sindacato di ispirazione cattolica, che si contrapponeva alla Camera del lavoro socialista: anche in questo caso L. era tra i consiglieri. Tra il 1920 e il 1922 la lotta sindacale cattolica si indirizzò verso le campagne, dove la condizione dei mezzadri e dei salariati, dopo la fine del primo conflitto mondiale, si era fatta veramente dura e precaria. In questo periodo il parroco di Torre fondò con Natale Turco anche un giornale per sostenere il movimento cattolico, «Il Popolo. Il settimanale per gli interessi morali ed economici delle nostre popolazioni», che sarebbe diventato modello per l’organo di stampa del Partito popolare di don Luigi Sturzo. In questa sua attività fu sostenuto dal nuovo vescovo di Concordia Luigi Paulini. Nel 1921 L. e Concina furono accusati dal parroco di Portobuffolè di bolscevismo bianco e di instillare l’odio di classe nelle popolazioni: il presule concordiese intervenne per difenderli. Con l’affermarsi della violenza fascista in regione, L. assunse ben presto una posizione di forte opposizione. Nel maggio del 1921 fu uno dei promotori, insieme ai comunisti Sartor e Moras, della resistenza di Torre alle squadre fasciste, giunte in paese per una rappresaglia punitiva. L’instaurarsi della dittatura fascista rese impossibile la permanenza del parroco, troppo compromesso, in quella città. Monsignor Paulini cercò di trovargli una nuova collocazione, ma il personaggio scomodo non era gradito né a San Giovanni di Casarsa né a San Vito. Nominato quindi canonico residenziale, L. si trasferì a Portogruaro, dove assunse la direzione del consiglio amministrativo diocesano (1926). Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943 entrò in contatto con la Resistenza a Venezia. Arrestato per ben tre volte dai nazisti, alla fine della seconda guerra mondiale si trovò in disaccordo con il nuovo vescovo Vittorio D’Alessi, che lo allontanò dalla curia, trasferendolo alla parrocchia di Lorenzaga. Nel 1947 don L. tornò a Torre, dove per un decennio, negli anni della ricostruzione, svolse un ruolo particolarmente attivo nella vita sociale e religiosa della comunità che gli era stata nuovamente affidata. Morì nel 1974.

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Bibliografia

G. LOZER, Ricordi di un prete, Udine, Arti grafiche, 1960; ID., Piccole memorie. 1893-1967, Pordenone, Cosarini, 1967.

S. TRAMONTIN, Giuseppe Lozer, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, a cura di F. TRANIELLO - G. CAMPANINI, III/1, Torino, Marietti, 1984, 481-482; F. MARIUZZO, Cattolicesimo democratico e Modernismo tra Livenza e Tagliamento. Mons. Giusepe Lozer (1880-1974), Pordenone, La Voce, 1999; A. SCOTTÀ, Età contemporanea, in Concordia, passim.

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