FABRIS FILIPPO

FABRIS FILIPPO (1750 - ?)

pittore

Nacque a Udine il 31 gennaio 1750 da una famiglia dedita al commercio. L’atto battesimale, conservato nei registri della chiesa di S. Nicolò, costituisce l’unico documento in patria che comprovi la sua esistenza, e nulla si conosce circa la sua educazione e la sua prima formazione di pittore. Il verbale di un lungo processo inquisitoriale, attraverso le dichiarazioni personali e quelle dei testimoni, consente tuttavia di ricostruire buona parte delle sue vicende umane e professionali, e di mettere in luce una personalità di avventuriero e di libero pensatore quale si delineava nella seconda metà del secolo XVIII. Giovane diciottenne, esercitò il mestiere di pittore su commissione, allontanandosi dalla città natale verso Gorizia e Lubiana, quindi verso Trieste e l’Istria, infine verso Venezia e Roma, secondo itinerari consueti per un artista friulano. A Roma si fermò due o tre anni, frequentando la bottega di un maestro, Girolamo Ricci, finora non documentato. L’esercizio della professione lo portò poco più che ventenne successivamente verso il santuario di Loreto, quindi a Bologna, Milano, Torino, Chambery e, infine, a Grenoble. Qui alcune commissioni decorative lo avvicinarono agli ambienti massonici e venne infine iniziato alla massoneria. Dalle sue dichiarazioni processuali risulterebbe che vi avesse aderito per convenienza, nella prospettiva di ingaggi importanti; risulta anche una sua adesione alla cultura laica e al razionalismo francese. Intorno al 1775 si recò a Montpellier e quindi ad Avignone, dove contrasse matrimonio con una Constanza Ricart, alla quale rimase legato per cinque anni. L’esercizio professionale e l’inquietudine lo portò a spostarsi a Nîmes e a Lione, dove l’intensa attività editoriale lo mise in contatto con le stampe pornografiche, di cui avrebbe poi fatto commercio. Specializzato nel genere del ritratto, iniziò a dedicarsi anche parallelamente alla pittura erotica e pornografica, che aveva quasi dovunque una proficua e sotterranea fortuna. ... leggi Inquietudini e commissioni, nonché la rottura dei legami coniugali, lo fecero viaggiare verso Marsiglia e Barcellona, nel 1782, infine verso Cadice. In Spagna dovette rimanere qualche tempo, se nell’inverno del 1784 si imbarcò per Veracruz, dove giunse nel mese di aprile. Lo spingevano ragioni professionali. Nel 1781 era stata fondata a Città di Messico l’Academia de S. Carlos, che godeva della protezione di Carlos III, ma soffriva di un organico insufficiente. F., allettato dalla speranza di maggior fortuna e spinto dal suo desiderio di avventura, seppe guadagnarsi importanti commissioni ed allacciare rapporti con l’Academia, per la quale operò come artista e forse come docente. Risultano documentati due busti di terracotta, uno di Carlos III, re di Spagna, ed uno del viceré della Nuova Spagna, Matías de Gálvez: sono tra le pochissime opere dell’artista alle quali si può far riferimento con certezza. La commissione dei due busti era stata fatta dal direttore della Casa de la Moneda, Fernando Mangino, e dal presidente dell’Academia, Gerónimo Antonio Gil. La riconosciuta bravura professionale nel genere del ritratto gli aveva nel frattempo procurato buoni contatti: fu autore di un quadro che ritraeva la promessa sposa del marchese di San Cristóbal, così come di un parallelo disegno preparatorio (che mai sarebbe divenuto pittura definitiva) per un nudo quasi integrale dello stesso soggetto, per lo stesso committente. Ed è sul genere della pittura erotica e pornografica, oltre che sulle affermazioni ritenute ereticali e sulla sua malcelata appartenenza alla massoneria, che scivolò l’artista nelle maglie dell’Inquisizione. Arrestato l’11 dicembre 1784 a Città di Messico con la denuncia circostanziata di un prete che aveva viaggiato sulla stessa nave da Cadice a Veracruz e lo aveva visto portare alcuni simboli massonici, il processo veniva istruito anche intorno al riconosciuto possesso ed al commercio di materiale pornografico, oltre che alla formulazione di proposizioni ereticali. Il processo sarebbe durato cinque anni, mentre rimaneva detenuto dal Santo Oficio. A discolpa della sua produzione di pitture «poco honestas», adduceva come motivo il fatto che Maria Maddalena veniva solitamente rappresentata discinta; ma si trovava in difficoltà a difendersi di fronte alle accuse di aver dipinto soggetti che rappresentavano suore in atteggiamenti osceni e del tutto nude, a parte la cuffia. L’artista probabilmente giocava tra una produzione di genere, legata tanto alla mitologia che alla storia sacra, che trovava posto anche nei repertori accademici, in qualche modo legale ed accettata in virtù della scappatoia tematica, ed una produzione apertamente erotica. Il Santo Oficio tuttavia, che considerava i massoni alla stregua di rivoluzionari sociali, non accolse la debole difesa. Il F., in quello che rimase l’evento centrale della sua vita, il processo, dimostrò di condividere tuttavia la linea di pensiero massonica e la teologia riformulata dal razionalismo illuminista, circa gli articoli di fede, la morale e la produzione e il culto delle immagini. Da detenuto aveva ottenuto di poter dipingere in cella per il proprio svago. Le amicizie consolidate prima della sua entrata in carcere, alcune importanti, come quelle con la famiglia dell’artista Gerónimo Antonio Gil, con il pittore d’origine spagnola Tomás de Suría e con altri ancora, le probabili solidarietà massoniche, gli valsero un trattamento in certo modo fuori della norma, pur nella severità e rigore del processo, che si chiuse nel 1789. Nel 1790 fu emanata la sentenza definitiva, che lo obbligava ad atti personali di penitenza e lo destinava a ritornare in Spagna per scontare una pena di quattro anni nel presidio del Peñón di Vélez de la Gomera, ed infine ad essere esiliato dai dominii spagnoli. Approfittando delle disposizioni date dal viceré affinché il pittore viaggiasse senza scorta e si consegnasse da solo al commissario portuale, nell’aprile del 1791, munito di un lasciapassare, il F. faceva perdere le proprie tracce. Di lui quindi non si ebbero più notizie. Non è da escludere che le simpatie massoniche di Revilla Gigedo gli abbiano di fatto spianato la strada per altre protezioni, non ultima quella della sua riapparizione negli Stati Uniti, recentemente fondati, di Franklin e di Washington. Rimangono ignoti la data e il luogo della sua morte.

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Bibliografia

A.L. CORDERO HERRERA, La Academia de San Carlos dentro del Movimiento de la Ilustración en México, t.d., Università Iberoamericana, Città di Messico, 1967; M. FALESCHINI, I pittori inesistenti, t.l., Università degli studi di Udine, a.a. 1989-1990; J.T. MEDINA, Historia del Tribunal del Santo Oficio de la Inquisición en México, México, Porrúa, 1987 (prima ed., Santiago de Chile, 1905); Precursores ideológicos de la Guerra de Independencia de 1789-1794, ed. N. RANGEL, México, Publicaciones del Archivo General de la Nación, I, 1929; M. SARTOR, Filippo Fabris pittore, “perfecto bellaco y aventurero”, «Atti dell’Accademia udinese di scienze, lettere ed arti», 90 (1997) [1998], 239-252; M. TOUSSAINT, Arte colonial en México, México, UNAM/IIE, 1999 (prima ed. 1948), 242-243.

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