LUSSEMBURGO (DI) NICOLÒ

LUSSEMBURGO (DI) NICOLÒ (? - 1358)

patriarca di Aquileia

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Pietra tombale del patriarca Nicolò di Lussemburgo (Udine, duomo).

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Sigillo del patriarca Nicolò di Lussemburgo (Udine, Archivio capitolare, Pergamene, III, 29).

N., figlio di Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, e di una donna che ci rimane sconosciuta, nacque tra la fine del 1321 e gli inizi del 1322. Ricevette la sua prima educazione a Praga, presso la corte reale, ma non si hanno notizie di un suo studio a livello universitario, che sembra anzi piuttosto improbabile. Il 20 luglio 1342 papa Clemente VI vanificò l’impedimento derivante dalla sua nascita da un legame extraconiugale e lo nominò canonico del capitolo di Vyšehrad nella diocesi di Praga. Pochi giorni dopo fu elevato alla carica di preposito di Saaz (Žatec) in Boemia settentrionale e, sicuro di tale beneficio ecclesiastico, poté trattenersi per lunghi periodi a Praga dove, al servizio del fratello Carlo di Lussemburgo, svolse di tanto in tanto il ruolo di cancelliere per la Boemia. La sua attività diplomatica lo portò a spostarsi non solo all’interno del regno, ma anche in direzione di Avignone (1345) e di Roma (1346). Il 7 gennaio 1349 fu nominato vescovo di Naumburg in Turingia da papa Clemente VI, ma né la decisione papale, né l’appoggio di suo fratello, il futuro imperatore Carlo IV, bastarono ad imporlo su Johann von Militz, il candidato eletto dal capitolo del duomo: N. non ricoprì mai tale incarico. Con grande tenacia Carlo IV si adoperò invece affinché egli subentrasse a Bertrando di Saint-Geniès, morto assassinato, nella veste di patriarca di Aquileia. La rilevanza politica del Friuli e dei suoi valichi alpini in vista dell’incoronazione imperiale a Roma spinsero infatti Carlo IV a scegliere un parente per la carica di signore del Friuli. ... leggi Papa Clemente VI accondiscese alle insistenze del re (“instantia insistentis”) ed il 22 ottobre 1350 nominò N. patriarca di Aquileia. In questo modo si gettavano le basi per porre freno alla sfrontata politica espansionistica di Alberto II di Asburgo, esercitata ai danni dell’impero, ma soprattutto ai danni del patriarcato. L’arciduca d’Austria infatti, in seguito all’uccisione del patriarca Bertrando, si era messo velocemente in azione ed era riuscito a farsi riconoscere a Udine nel giugno del 1350 nel ruolo di “capo e protettore”. Il parlamento si rifiutò tuttavia di eleggerlo capitano dell’intero patriarcato ed egli, in tutta risposta, avanzò con la forza delle armi in Friuli conquistando Udine, Gemona, Venzone e San Daniele. Su sua stessa insistenza venne poi acclamato il 10 luglio 1350 col titolo di “signore e rettore” di vaste zone del patriarcato e fece sue in tal modo importanti funzioni governative: nel mese di agosto in Udine si occupò addirittura delle investiture feudali. Particolari sforzi o concessioni si rendevano necessari per togliere agli Asburgo il potere conquistato all’interno del patriarcato. L’arciduca aveva proposto il suo cancelliere Johann Winlocke alla carica di patriarca, ma papa Clemente VI non tenne conto di questa candidatura. Solo su intervento del re Carlo IV il nuovo patriarca N. e l’arciduca Alberto giunsero a un compromesso e avviarono trattative: in cambio di un armistizio della durata di dodici anni e del ritiro delle sue truppe dai territori friulani Alberto ricevette la sovranità sulle comunità di Venzone e Vipacco; poté inoltre conservare per dodici anni la gestione e le entrate della muda di Chiusa. Il trattato fu sottoscritto da entrambi il 30 aprile 1351 a Budweis (České Budějovice), nella Boemia meridionale, ancora prima che N. si insediasse nella sua carica di patriarca. Entrambi erano inoltre consapevoli che nella conduzione di queste trattative N. aveva scavalcato il capitolo della basilica di Aquileia nel suo diritto di decisione; per questo motivo un secondo trattato, stipulato ugualmente il 30 aprile 1351, costrinse N. a ottenere il consenso del capitolo per la sua politica condiscendente verso gli Absburgi o eventualmente di trascurare una opposizione dei canonici di Aquileia. Solo in seguito a tali negoziati il patriarca si mosse alla volta del Friuli, dove si insediò il 18 maggio 1351. Il resoconto del suo ingresso solenne in Aquileia riferisce in maniera particolarmente dettagliata i diversi passaggi del cerimoniale attraverso cui N. ottenne l’incarico di patriarca e signore temporale. Una delle prime mosse politiche di N. consistette nel perseguimento e nella punizione degli uccisori del patriarca Bertrando. L’azione punitiva fu intrapresa con brutalità: fino alla primavera del 1351 furono distrutti numerosi castelli e condannati molti dei congiurati, anche con la decapitazione. In tale situazione capitò d’altra parte che i signori di Spilimbergo, per citare solo un esempio, grazie ai loro buoni rapporti con la casata dei Lussemburgo venissero risparmiati dalla punizione, sebbene avessero chiaramente fatto parte del novero dei congiurati. Nel perseguimento dei colpevoli N. si era di fatto mosso con prudenza diplomatica, sempre in vista di possibili future alleanze. I cittadini di Udine si decisero a perseguire personalmente i veri colpevoli e distrussero per esempio il palazzo di Francesco di Villalta. Ricchi di conseguenze per l’intero Friuli furono in questo contesto gli sforzi di N. volti ad ottenere la canonizzazione di Bertrando di Saint-Geniès: l’appoggio degli Udinesi, interessati ad avere un santo per la città tanto quanto lo era il patriarca ad avere un ulteriore santo per il Friuli, si preannunciava per N. più che sicuro. Il 6 giugno 1353 la tomba situata nel duomo di Udine venne aperta ed il corpo di Bertrando fu ritrovato completamente intatto. Le spoglie mortali del patriarca furono solennemente trasferite in una nuova urna e N. commissionò la redazione di una Vita e di una raccolta di miracoli. L’arma stessa con cui Bertrando era stato ucciso venne trasferita per volontà di N. da Goldegg, nella diocesi di Salisburgo, ad Udine e lì venerata come reliquia. Significativo è inoltre il contributo di N. per la fondazione di una Università a Cividale, anche se la nuova istituzione non godette di lunga vita. Pur a seguito dei tentativi già avviati nel 1342 dai cittadini di Cividale per ottenere dal papa il privilegio che consentisse l’apertura di uno “Studium generale”, non si registrò in città nessun tipo di sviluppo in tale direzione. N., che era stato testimone della fondazione e dell’attività di organizzazione dell’Università di Praga (1348), assecondò le aspettative dei cittadini di Cividale pregando per parte sua il fratello Carlo di concedere alla città il privilegio di fondazione dell’Università. Così il re consentì all’avvio di uno “Studium” delle arti liberali e del diritto, ma soprattutto concesse alla nuova Università la facoltà di assegnare titoli dottorali (Praga, 1° agosto 1353). Nonostante tutti questi sforzi nessuna attività di tipo accademico prese vita a Cividale, che non fu mai meta di studenti italiani, tedeschi, slavi o ungheresi. N. accolse di persona a Udine il fratello Carlo IV, che si dirigeva a Roma passando per il Friuli. A seguito delle sue stringenti e struggenti richieste (“lacrymarum fluentium precio”), e non di meno dietro l’elargizione di un cospicuo controvalore in denaro, gli ultimi due fascicoli del Vangelo di Marco, venerato ad Aquileia come reliquia, passarono per volontà di N. e del capitolo della basilica di Aquileia nelle mani del re. N. accompagnò il fratello nel viaggio che lo portava all’incoronazione e si trattenne più mesi a Siena e Pisa come capitano e come “vicarius generalis” della Toscana. A Pisa fu vittima di un tumulto insorto contro la sua persona e fu, di conseguenza, preso prigioniero, mentre nel frattempo anche in Friuli prendevano piede azioni di rivolta contro la sua autorità. Nelle città di Udine e di Cividale i capitani da lui insediati vennero uccisi. Al suo rientro in Friuli egli ricevette l’incarico di vicario imperiale per le città di Feltre e Belluno, ma ciò invece di aumentare, pregiudicò la sua attenzione nei confronti dei sollevamenti popolari e nobiliari. Da quel momento, e fino alla sua morte, l’attività politica da lui svolta va inquadrata come reazione alle difficoltà insorte per mano di nemici interni ed esterni piuttosto che come attuazione di precisi progetti o strategie. N. morì il 29 luglio 1358 a Belluno dove ricevette una prima sepoltura: solamente in un secondo momento le sue spoglie furono trasferite nel duomo di Udine.

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Bibliografia

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