NICOLÒ DI CANDIDO

NICOLÒ DI CANDIDO

monetario

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Autografo di Nicolò di Candido, datato 22 dicembre 1401, con la notizia del contratto stabilito con l'orefice Antonio Dall'Oro per il lavoro all'interno della zecca (Udine, Biblioteca arcivescovile, cod. 513, f. 1r).

Monetario del patriarca dal 19 ottobre 1401, N. di C. s’improvvisò tale quando Zanobi da Ghiacceto non rinnovò il contratto per la coniazione della moneta. La zecca fino a quel momento era stata sempre gestita da appaltatori forestieri, anzi da decenni era quasi feudo di imprenditori fiorentini che contemporaneamente stabilivano importanti relazioni d’affari nel territorio. N. era speziale a Udine almeno dal 1372 con una apoteca in Mercatonuovo e possedeva inoltre una drapperia e un mulino sulla roggia Torricella con relativo sedimine che affittava. Egli faceva parte del consiglio cittadino e in tale veste ebbe vari incarichi: nel 1399 fu membro della commissione incaricata di studiare le difficoltà esistenti fra i daziari urbani e i mercanti; si occupò della manutenzione dei fossati intorno alle mura cittadine (1402); fu revisore dei conti per la fabbrica del duomo; si occupò dei problemi creati dai capomastri nell’esecuzione del progetto e con Giacomo da Montegnacco s’interessò dei materiali per la copertura della chiesa. Con Cristoforo Cignotti l’8 gennaio 1397 si era assunto la gastaldia della Carnia. Nell’anno successivo aveva gestito a Udine il dazio del vino. La zecca fu un affare molto più redditizio, anche se di difficile gestione. Nicolò accortamente mantenne nell’azienda una solida maestranza, come il maturo incisore e saggiatore orefice Domenico Brunacci e confermò tecnici collaudati che avevano lavorato nella gestione precedente. Ciò nonostante emersero difficoltà che lo costrinsero ad accordarsi con Zanobi, il quale nel frattempo era rientrato a Firenze, riconoscendogli l’autorevolezza del prestigio ormai acquisito e debitamente valutato nei rapporti con il mondo economico. ... leggi Pertanto nome della compagnia e sigillo relativo furono di nuovo quelli del fiorentino che tuttavia era azionista di minoranza rispetto a N.: 2.200 ducati contro 2.800. La moneta si batté in casa di Zanobi. Già nel 1403 i due ricavavano dall’impresa 2.800 ducati. Zanobi a Udine era rappresentato dal figlio Paolo e dall’abile suo fattore Domenico di Gerardino, che fecero tanto bene i suoi affari, da raggirare, seppure non in misura grave, N. Costui tenendo un registro di amministrazione, dove segnava scrupolosamente tutte le operazioni dell’azienda, se ne accorse, ma dovette giudicare conveniente continuare a mantenere il rapporto societario, anche se poi gli utili non si mantennero costanti negli anni. La zecca produceva moneta d’argento, ossia soldi, e in quantità ridottissima piccoli di mistura. Il soldo presentava un titolo che in partenza sarebbe dovuto essere 0,528 con un peso di g 0,72. Il peso previsto del piccolo era di g 0,199 con un titolo di 0,092. Il Brunacci sempre confermò nei saggi la bontà del peso e della lega. N. morì prima del 7 luglio 1408, data nella quale il fratello Valentino calcolò le ragioni della società commerciale di panni che N. aveva avviato con Giacomo figlio del notaio Nicolò di Manino.

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Bibliografia

LEICHT, Parlamento, CCCXXVI, 343; CCCXXXVI, 347; CCCLIV, 357; CCCLXXIX, 369; CCCLXXXV, 373; BIASUTTI, Zecca; BERNARDI, Monetazione, 155-157; SCALON, Biblioteca, n° 513, 301-302; MASUTTI, Zecca.

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