ANSELMO

ANSELMO (? - 803)

abate di Nonantola

Immagine del soggetto

Pagina di codice, scritto in una tarda onciale della seconda metà  dell'VIII secolo, acquistato per l'abbazia da Anselmo abate di Nonantola (Roma, Biblioteca centrale Vittorio Emanuele II, Sess. 77, f. 12r).

Santo, duca di Ceneda o del Friuli e abate di Nonantola († 803). Le vicende biografiche di A., quasi certamente discendente del vicentino Wechtari, duca del Friuli tra il 663 e il 671, e imparentato in linea femminile con la stirpe di Liutprando (712-744), re dei Longobardi, restano in parte ancora oscure. La fonte più ricca d’informazioni, purtroppo non sempre attendibili, è la Vita Anselmi abbatis Nonantolani, tramandata da un codice nonantolano risalente all’XI secolo. Stabilire quale ducato fosse stato affidato ad A., all’epoca delle complesse vicende storiche che precedettero la caduta del regno longobardo (774), si rivela piuttosto problematico. Non è infatti semplice interpretare alcuni passi della Vita nei quali l’autore della fonte, a proposito del fondatore dell’abbazia di Nonantola, riferisce: «in militari habitu monarchiam Fori Iuli strenue regisset» e ancora «qui olim dux militum fuit, nunc dux monachorum extitit». Oltre alla Vita, anche alcuni diplomi, rivelatisi falsi o forse semplicemente interpolati, paiono confermare che A. fu anche duca del Friuli. Il silenzio di Paolo Diacono, poiché la sua Historia si chiude con la figura di Liutprando, non consente la ricostruzione degli anni compresi fra la morte del grande sovrano e la caduta del regno. Verosimilmente ad A. fu affidato il ducato di Ceneda; appare tuttavia probabile che A., pur per un brevissimo periodo, sia subentrato ad Astolfo in Friuli, ormai re dei Longobardi (749), nonostante nessuna fonte attesti che Astolfo, dopo l’incoronazione di Ratchis (744), avesse sostituito il fratello in Friuli. Dopo aver fondato le abbazie di Fanano (749-750) e Nonantola (751-752), seguì Astolfo durante la sua campagna militare, che si concluse con l’assedio di Roma (755-756) e in questa occasione ebbe modo di far traslare a Nonantola le reliquie di san Silvestro, al quale l’abbazia fu in seguito intitolata, sostituendo la primitiva dedicazione ai Santi Apostoli. ... leggi Nonostante si fosse ritirato in monastero a Nonantola verso il 750, A. fu vittima del risentimento di Desiderio nei confronti della fazione filoromana. Desiderio in particolare si accanì contro chi, come A., si era schierato con Ratchis quando questi, fra il 756 e 757, aveva avuto modo di ritornare sul trono. L’abate di Nonantola, fedele alla linea politica perseguita a suo tempo da Liutprando e Ratchis, si oppose alla condotta del nuovo sovrano e cadde in disgrazia. Sebbene, dopo aver ricevuto la tonsura, ben difficilmente avrebbe avuto la possibilità di occuparsi della vita politica del regno, l’abate di Nonantola fu costretto a rifugiarsi a Montecassino, dopo aver affidato al presbitero Vigilanzio la comunità nonantolana. Il compito affidato a Vigilanzio e il riferimento all’abate Silvestro che, probabilmente appoggiato dal re, sostituì l’uomo prescelto da A., rappresentarono uno dei motivi alla base della polemica sorta agli inizi del secolo scorso fra Pier Silverio Leicht e Pio Paschini circa la genuinità del celebre documento sestense, redatto nel 762 a Nonantola durante l’esilio cassinese del fondatore. Solamente la conquista franca e la deposizione di Desiderio (774) permisero ad A. di fare ritorno a Nonantola. Probabilmente furono proprio le angherie subite dall’abate a determinare il favore dimostrato dai sovrani carolingi nei confronti della fondazione anselmiana. Carlo Magno affidò infatti ad A. una missione diplomatica con il fine di condurre delle trattative con Potone, duca di Brescia, e con Ansoaldo, vescovo della stessa città, ancora legati a Desiderio, originario di Brescia, anche se l’opera dell’abate non pare abbia raggiunto alcun risultato. A. morì il 3 marzo dell’803; il suo anniversario si commemora a Cividale del Friuli e a Nonantola. L’abbazia di Nonantola, legata a Montecassino, fu unita da una fratellanza di preghiera alla celebre abbazia di Reichenau. Sebbene, dal punto di vista culturale, in età longobardo-carolingia non possa essere attribuito a Nonantola il ruolo di Montecassino, San Vincenzo al Volturno e Bobbio, questo cenobio rappresentò, almeno fino all’XI secolo, un centro certamente vitale della cultura monastica. Ebbe, tra gli altri, il merito di elaborare una particolare grafia libraria, il cosiddetto tipo di Nonantola, relativamente canonizzata e definita nelle sue peculiarità riconducibili ai rapporti che univano il cenobio nonantolano all’area retica ed alamanna. Tale elaborazione non ebbe tuttavia un effettivo sviluppo in quanto la carolina ben presto pose termine al particolarismo grafico che caratterizzò i primi secoli dell’alto medioevo.

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Bibliografia

A. PRATESI, Anselmo di Nonantola, in DBI, 3 (1961), 413-415; P.S. LEICHT, La donazione sestense del 762, «MSF», 8 (1912), 33-48; P. PASCHINI, Ancóra sulla donazione sestense del 762, ivi, 187-189; K. SCHMID, Anselm von Nonantola. Olim dux militium - nunc dux monachorum, «Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken», 47 (1967), 1-122; S. GASPARRI, I duchi longobardi, Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, 1978, 33-34, 50-51; P. DELOGU, Il regno longobardo, in DELOGU, 165, 170, 180; M. BROZZI, Il ducato longobardo del Friuli, a cura di G. FORNASIR, Udine, Grafiche Fulvio, 19812, 31, 47-48; PASCHINI, Storia, 134; H. KRAHWINKLER, Friaul im Frühmittelalter. Geschichte einer Region vom Ende des fünften bis zum Ende des zehnten Jahrhunderts, Wien-Köln-Weimar, Böhlau Verlag, 1992, 64-66, 110, 123, 182.

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