CARABELLO GASPARO

CARABELLO GASPARO (? - 1629)

notaio, poeta

Era cancelliere del collegio dei notai di Udine nel 1619. I suoi protocolli cominciano il 5 giugno 1620. Morì nel maggio 1629. Così si riassume la vicenda biografica di G. C., secondo un appunto di Vincenzo Joppi nel manoscritto 435 del fondo Joppi della Biblioteca comunale di Udine. Il C. figura tra i componenti della cosiddetta Brigata udinese con lo pseudonimo di “Rumtot” e il manoscritto 575/b del fondo Joppi della Biblioteca comunale di Udine, «tutto di mano di Paolo Fistulario» (Comelli), Compositions in furlan di trops queiettis par man di Turus, che dell’attività metrica della Brigata propone un registro a suo modo ufficiale, ne accoglie un cospicuo insieme di versi: trentaquattro sonetti, altri due stesi in collaborazione con “Lambin”, Girolamo Missio, prete e organista del duomo di Udine, tre canzoni e un “alfabeto” (Comelli). Un numero di componimenti in grado di definire una fisionomia, una personalità. La Brigata, con gli pseudonimi dei suoi adepti, con la loro eccentricità, denuncia subito l’elezione del perimetro separato, la schermaglia di una scrittura che si risolve nello scambio accademico, nella reciprocità dei complimenti, nella ricerca intellettualistica e sofisticata del nuovo: un nuovo a volte solo fonico, a riformulare con inedita crosta sonora il patrimonio di una tradizione nota e condivisa, un nuovo che altre volte confida nella prospettiva insolita, in una quotidianità non chiassosa, non sfacciata, priva di codificazione letteraria e perciò fonte di sorpresa, di “meraviglia”, dove ha larga parte la tematica amorosa, che pure non concede spazio alla pressione dei sentimenti, risolvendosi in oggettiva e riconoscibile prova di abilità. È già dimostrazione di perizia scaltrita la Sente Croos, un espediente mnemonico in origine, che nelle iniziali dei suoi distici a rima baciata esplora l’intero alfabeto nel tentativo di fissare in formule sapienziali, in sentenze lapidarie, la vicenda amorosa: il suo carattere irresistibile, che non ammette possibilità di difesa («Amoor passe lu zach e la corazze / e uul ch’ognom lu teme e honor i fazze» [Amore trapassa maglia d’acciaio e corazza e vuole che ciascuno lo tema e gli faccia onore]), e la scrittura giustappone senza fatica e senza scosse moduli di taglio più popolaresco e colorito («Quarde no tignares la done in stroppe / al timp ch’Amoor la ponz e la foroppe» [Corda non terrebbe la donna in riga al tempo in cui Amore la punge e la trafigge]) e ricordi mitologici («Tan – talo no patìs cutante penne / chu chei chu ’l dioo d’amoor ten in chiadene» [Tantalo non soffre tanta pena quanta coloro che il dio d’amore tiene in catena]), per limitare il prelievo a tre lettere non in sequenza. ... leggi La ferialità dimessa, la similitudine dai colori non smaglianti, che spiazza le attese (e, insieme, appaga un bisogno previsto di infrazione, di scarto dalla norma raggelata), si esemplifica con lo scorcio di un cespo di basilico, a rendere l’arsura amorosa: «Io soi, signore, a la cundittion / d’un bel piit di basili chu l’instaat / sei mittuut in soreli e chu bagnaat / no vigni mai chun aghe sul balcon. // Al ven flap, al si secchie, al no nuul bon / e finalmentri al reste consumaat […]» [Io sono, signora, nella condizione di un bel cespo di basilico che l’estate venga messo al sole e non venga bagnato mai con acqua sul balcone. Diventa vizzo, appassisce, non profuma e alla fine resta consumato (…)]. Ma si osservi il gusto assaporato di questa litania che si immerge in una concretezza fresca e sensuale, a respingere i fantasmi impalpabili di una ossessione tutta interiore e metafisica, con la confidenza intenerita (ma comunque vigile e sapiente) del diminutivo («bussuzzart», «bucchiuzze»), pur se il sonetto non regge nella sua durata un tale registro: «Doolz è lu fii maduur, doolce è la miil, / doolz’ è la manne, doolz è lu confet, / ma un bussuzzart di chee bucchiuzze sclet / ogn’altri doolz faas paree chiose viil […]» [Dolce è il fico maturo, dolce è il miele, dolce è la manna, dolce è il confetto, ma un bacione schietto di quella boccuccia ogni altra dolcezza fa sembrare cosa meschina (…)]. È una delle tecniche adottate per dare corpo alla novità e quindi alla “meraviglia”. Nel brano si sarà colto l’artificio protratto del poliptoto («Doolz» […] «doolce» […] «doolz’ […] «doolz» […] «doolz» […], aggettivo e poi sostantivo). L’esasperazione delle figure retoriche è uno strumento ulteriore, prova provata dell’abilità: del “poeta faber” richiesto dal secolo. Come nel caso dell’“adynaton” che si distende lungo tutto il sonetto: «Si vedaran iu griis sunaa di lire / e lis suriis ziraa d’intor la giatte […]» [Si vedranno i grilli suonare la lira e i topi girare intorno alla gatta (…)], e via via. Di “poeta faber” si tratta comunque ed è vano inseguire spie autobiografiche: anche per Di Rumtot infranzesaat [Di Rumtot colpito dal malfrancese], con il suo modesto saggio di mescidanza linguistica («Furlans poetis, io cugni ’n chest bot / lassaa la vuestr’ insegn’ al mio dispiet. / ‘Uy monsu, par mon foi’ sarà ’l mio det: / mudi lengaz, io no soi plui Rumtot […]» [Poeti friulani, io devo in questo momento lasciare la vostra insegna mio malgrado. Sì signore, sulla mia parola sarà il mio detto: cambio lingua, non sono più Rumtot (…)], varranno i ricchi precedenti burleschi sulla sifilide. Ma in un frangente la parola sembra sincera. Il C. si produce anche in due sonetti in lode dei poeti friulani: «O Friuul vinturaat, legre lu voli / e tu, citaat da Udin gratiiose, / chum’è timp chu ’l to non par du’l mont svoli! // Lu floor dai biei inzens in viars e in prose / son in te, nissun plui ti porà tioli / ch’a paar d’ogn’altre tu no seis famose» [O Friuli fortunato, rallegra l’occhio e tu, città di Udine graziosa, ora è tempo che il tuo nome voli in tutto il mondo! Il fiore dei begli ingegni in verso e in prosa sono in te, nessuno più ti potrà impedire che alla pari di ogni altra tu non sia famosa]. E ancora: «Bielle lenge furlanne fortunade, / chumò sarà di te puur fatte stime / e plui d’ogn’altre tu saraas lodade» [Bella lingua friulana fortunata, ora sarà di te pur fatta stima e più di ogni altra tu sarai lodata]. Lo spirito di gruppo della Brigata è garanzia di sicurezza e si avvantaggia dell’ottimismo del secolo, spavaldo nella ricerca di mondi nuovi: di valori inesplorati anche nel rispetto linguistico.

Chiudi

Bibliografia

Mss BCU, Joppi, 575/b, Compositions in furlan di trops queiettis par man di Turus; Ibid., Principale, 346, Rime friulane del secolo XVII (copia di Jacopo Pirona); Ibid., Joppi, 435.

G. MARCHETTI, Gli pseudonimi sibillini della «Brigata udinese», «Sot la Nape», 13/3 (1961), 43-44; G. COMELLI, Il canzoniere friulano Joppi 575b, «Ce fastu?», 24-25 (1948-1949), 37-49; P. RIZZOLATTI, Due testi inediti friulani: «Per la chiaristia dal 1559 vignint el 1560» e la «Sente Croos di Rumtot», «Diverse lingue», 1 (1986), 79-94; PELLEGRINI, Tra lingua e letteratura, 169-177.

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *