COMINI LEONE

COMINI LEONE (1911 - 1978)

giornalista, promotore culturale

Immagine del soggetto

Il giornalista Leone Comini.

Nacque il 27 maggio 1911 a Vendoglio, in comune di Treppo Grande (Udine). Dopo il ginnasio inferiore proseguì gli studi a Udine all’Istituto tecnico Zanon, come convittore del collegio Tomadini. Insaziabile lettore autodidatta, entrò in contatto con il milieu culturale del capoluogo e in particolare con i futuristi friulani eredi del movimento fondato nel 1921 da Michele Leskovic. A diciott’anni, diplomatosi in ragioneria, entrò in contatto con la redazione di Udine de «Il Gazzettino». Col richiamo alle armi nel 1935, in vista della guerra di Etiopia, fece l’intera campagna fino alla presa di Addis Abeba. L’avventura abissina sarebbe diventata molti anni più tardi l’ispirazione per il romanzo, in larga parte autobiografico, Mia moglie Fiore, che lo stesso C. avrebbe pubblicato nel 1971. Rimpatriato e congedato, C. rientrò al «Gazzettino», che lo destinò alla redazione di Vicenza, dove lavorò alla cronaca locale per circa tre anni, prima di essere chiamato a Venezia. Poco prima dell’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, come ufficiale di complemento subì il richiamo alle armi: poté farsi accreditare dal suo giornale come corrispondente di guerra e in tale veste coprì al fronte, per «Il Gazzettino», la campagna dei Balcani del 1941. La Liberazione lo colse a Venezia, e tornò a lavorare al quotidiano. Dal 1948 ebbe un contratto da inviato speciale come “redattore viaggiante”. Poté esplorare l’Italia della faticosa ricostruzione, l’Europa del difficile dopoguerra e praticamente tutti i continenti: il Nordafrica, l’Asia vicina e quella più lontana, le tre Americhe, l’Australia e, con lo stesso spirito, i microcosmi del Veneto e del Friuli. ... leggi Nel 1953 ritornò in Friuli al vertice della redazione udinese. A lui si devono, fra le molte altre cose, l’erma di Carducci ad Arta Terme, il monumento al poeta Arturo Zardini a Pontebba, il progetto di un monumento alla donna carnica a Tolmezzo (poi finalmente realizzato nel 1971), la tomba di Chino Ermacora a S. Eufemia di Segnacco. E anche un altro piccolo monumento a un piccolo grande poeta friulano dell’Ottocento, Giovanni Battista Gallerio, parroco per quaranta anni a Vendoglio, il paese natale che C. non aveva mai dimenticato. Di Gallerio pubblicò nel 1955 un’antologia, Poesiis, con ampia introduzione. C., con Chino Ermacora e Ottavio Valerio, fu anche uno degli inventori, nel 1956, del premio Epifania di Tarcento: premio che egli stesso avrebbe più tardi ricevuto, nel 1964. Nel 1955, benché sempre al «Gazzettino», aveva resuscitato – e cominciato a dirigere – come settimanale di attualità e cultura «Il Friuli», antica testata quotidiana nata nel 1849 (e chiusa nel 1921 dopo un assalto fascista concluso con l’incendio della tipografia). Era un laico, anticomunista e atlantista, sostanzialmente un liberale moderato. Fu a capo di varie redazioni provinciali, in successione Trieste, Padova, Venezia. E infine, dal 1967, in Friuli fino al 1970. Per il suo giubileo professionale del 1972, dopo quarant’anni di mestiere, C. fu festeggiato con un piccolo libro, Nel segno del Leone, una raccolta di testimonianze di colleghi ed amici. Diventato invalido e non autosufficiente, morì il 26 luglio 1978 e fu sepolto, come aveva desiderato, in collina, nel piccolo cimitero di S. Eufemia, a Segnacco, che aveva sempre amato.

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Bibliografia

G.B. GALLERIO, Poesììs, a cura di L. COMINI, Udine, NordEst, 1955; L. COMINI, Mia moglie Fiore, Milano, Pan, 1971; ID., Motti e detti friulani, Venezia, Edizioni Helvetia, 1982.
Nel segno del Leone, Udine, AGF, 1972; G. D’ARONCO, Friuli, regione mai nata, Tricesimo, Marco de Agostini, 1983; N. ZUANELLA, Quando la linguistica diventa un’opinione, «Dom», 31 maggio 1992.

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