GISULFO II

GISULFO II

duca del Friuli

Un G., duca di “Forum Iulii” agli inizi del VII secolo, è testimoniato nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono (IV, 37) in occasione della scorreria avara del 610: vicenda che si inserisce nell’ambito delle lotte per il potere tra re e duchi che connotano il regno di Agilulfo. La politica del re, una volta rappacificatosi con i Franchi, mirava infatti a riportare alla sottomissione quei duchi che avevano dimostrato uno spirito autonomistico e avevano attuato una politica filobizantina. G., come sarà nella tradizione del ducato friulano per buona parte del VII secolo ed anche oltre, va senza dubbio annoverato nella schiera di coloro che tentavano di mantenere una sorta di libertà di movimento rispetto alla politica del regno, trovando probabilmente in questo il sostegno dei Bizantini. È opinione ormai assodata tra gli storici che per dare un forte segnale a G. e ai Bizantini, Agilulfo abbia deciso di stroncare ogni velleità autonomistica del ducato del Friuli invitando gli Avari a compiere una spedizione punitiva contro Cividale o comunque non intervenendo a difesa del ducato. L’irruzione avara nel territorio friulano, che condusse alla morte del duca G., fu uno degli episodi più significativi nella storia del ducato agli inizi del secolo VII, e diede luogo a dei riflessi leggendari tramandatici da Paolo Diacono. Infatti, se il racconto relativo alla forza devastatrice avara che costrinse i Longobardi a rifugiarsi in alcuni centri fortificati – tra cui i “castra” di Cormons, Nimis, Osoppo, Artegna, Ragogna, Gemona e “Ibligo”, forse da identificare con Invillino – appare sicuramente credibile, costituendo un’importante testimonianza storica dell’insediamento longobardo nei nuclei castrensi friulani, alquanto pittoresco appare invece il racconto della presa di Cividale e degli sviluppi successivi che vale comunque la pena ripercorrere. ... leggi Nella Historia si legge infatti che dopo la sconfitta e la morte del duca, Romilda moglie di G. e quei soldati che erano riusciti a porsi in salvo le mogli e i figli degli altri periti sul campo, si rinchiusero in Cividale fortificandone il giro di mura. Con Romilda vi erano anche i figli di G.: Tasone e Cacone, già adolescenti, Rodoaldo e Grimoaldo, ancora bambini; vi erano poi quattro figlie per le quali si ricorda solo che una si chiamava Appa ed un’altra Gaila. Gli Avari dopo aver dilagato per il Friuli, devastando con incendi e rapine tutto ciò in cui s’imbattevano, non trascurarono di cingere d’assedio Cividale, tentandone l’espugnazione con il massimo impegno. Il racconto di Paolo Diacono si tinge poi di toni coloriti allorché narra come durante un sopralluogo che il cacano, re degli Avari, andava compiendo in armi e con grande scorta di cavalieri lungo le mura per coglierne il punto più vulnerabile, Romilda, moglie del duca appena defunto, lo scorse e invaghitasi di lui tentò di concupirlo. Tramite un messaggero riuscì a fargli sapere che, pur di diventare sua moglie, gli avrebbe consegnato la città con tutti coloro che vi si trovavano. Proposta alla quale, con uno scatto di malizia, il barbaro acconsentì impegnandosi solennemente a quelle nozze. Romilda, senza frapporre indugio, gli aprì le porte di Cividale permettendo, per disgrazia sua e di tutti coloro che si erano rifugiati in città, che il nemico vi entrasse. Gli Avari, entrati in Cividale con il loro re, misero a sacco tutto ciò che vi trovarono, poi, data la città alle fiamme, ne trascinarono via prigionieri gli abitanti con la falsa promessa di riportarli in quelle terre di Pannonia dalle quali erano usciti. Però, durante il ritorno in patria, gli Avari, giunti a un campo detto Sacro, decisero di passare a fil di spada tutti i Longobardi di maggior età e di dividersi le donne e i bambini per farne degli schiavi. Tasone, Cacone e Rodoaldo, i figli di G. e di Romilda, accortisi però dell’inganno degli Avari, montarono subito a cavallo e si diedero alla fuga. Il piccolo Grimoaldo fu subito catturato da uno degli inseguitori, ma sguainò una spada quale l’età sua gli permetteva di portare e la diede sulla testa all’Avaro con tutta la violenza di cui fu capace facendolo sbalzare di sella e riuscendo in tal modo a ricongiungersi con i fratelli. Romilda, che era stata la causa di tutte queste sciagure, secondo il giuramento che il re degli Avari le aveva fatto, divenne per una notte sposa del cacano, ma in seguito egli la consegnò a dodici dei suoi che approfittarono di lei. Quindi, fatto piantare un palo nel mezzo dell’accampamento, ordinò di configgervi Romilda sulla punta, e per di più la schernì dicendo: questo è il marito che va bene per te. Una tremenda punizione per chi aveva tradito ed ancora poteva macchiarsi di tale colpa. Al di là della versione romanzata di Paolo sembra comunque che la presa di Cividale da parte degli Avari sia stata un evento che sconvolse profondamente la città recandole numerosi danni e probabilmente innescando una dinamica di profondo cambiamento nella topografia urbana. Agilulfo lasciò che tutto questo si compisse per ricondurre dunque il ducato alla fedeltà verso il regno, ma non aveva alcun interesse a proseguire nella persecuzione contro i Friulani. Dopo tali eventi riconsegnò il potere nelle mani dei figli dello sfortunato duca, Tasone e Cacone, probabilmente però dopo aver rinforzato il suo controllo nell’area ponendo dei suoi fedeli a capo dei principali e più importanti insediamenti. La stirpe di G. poté dunque continuare nel governo del ducato. Del duca non rimangono altre tracce oltre al racconto della sua sventurata fine. Non appartengono infatti a lui, come si era in un primo tempo creduto, le spoglie mortali del dignitario scoperto nell’Ottocento in piazza Paolo Diacono a Cividale, che elementi di corredo permettono invece di assegnare ad un personaggio sepolto verso la metà del VII secolo. Forse ancora per lungo tempo questo sepolcro sarà ricordato come la cosiddetta Tomba di Gisulfo.

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Bibliografia

PAULI Historia Langobardorum, 45-187; L. VILLA, I centri fortificati tardoantichi-altomedievali del Friuli alla luce dei nuovi dati archeologici, in Paolo Diacono ed il Friuli altomedievale (secc. VI-X). Atti del XIV congresso internazionale di studi sull’alto medioevo (Cividale, 24-29 settembre 1999), II, Spoleto, CISAM, 2001, 825-862.

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