SAVORGNAN GIUSEPPE

SAVORGNAN GIUSEPPE (1817 - ?)

saggista

Immagine del soggetto

La torre superstite di villa Savorgnan a Savorgnano del Torre, fotografia di Giorgio Zuppello.

Nacque a Venezia nel 1817, figlio di Gerolamo di Giacomo della linea del Monte e di Barbara Querini. Il padre era lo stesso Gerolamo che aveva diffidato Luigi Savorgnan del ramo dei Salii dall’avanzare pretese sui titoli della famiglia davanti alla Consulta araldica. Studente a Padova, fu ferito da una baionetta austriaca in una sommossa universitaria; partecipò nel 1848 alla difesa di Palmanova e di Venezia. Nel 1855 sposò Maria Caimi, da cui ebbe cinque figli. Possedeva un archivio, probabilmente ora disperso, a cui attinse Vincenzo Joppi per il testo delle lettere, in copia settecentesca, di Girolamo Savorgnan, pubblicate a Firenze nel 1855 sull’«Archivio storico italiano» di Vieusseux. S. fu padre di quel Tristano, che da Venezia aveva trasferito la sua residenza nei luoghi dell’antico feudo dei Savorgnan, a Savorgnano del Torre, dove abitava in una villa secentesca su di un colle all’estremità del paese. A prescindere dalle liti intercorse tra padre e figlio per beni ipotecati e per questioni di alimenti, episodi che riguardano la storia della decadenza della famiglia Savorgnan nell’Ottocento, Giuseppe è una voce nel dibattito sui feudi che si accese in Friuli, nelle province ex venete e a Mantova (che avevano conosciuto il parziale svincolo imposto dalla legge austriaca del 1862) immediatamente dopo l’annessione al Regno d’Italia. Una memoria del 1866 della Congregazione provinciale al regio commissario Quintino Sella (I feudi in Friuli. Indirizzo della Congregazione provinciale di Udine al commissario del re, Udine, 1866), probabilmente redatta dall’avvocato Giovanni Battista Moretti, chiedeva allo Stato di recedere dalle liti pendenti davanti al tribunale di prima istanza di Venezia per rivendicazioni di beni derivanti dal patrimonio feudale, alienati a terzi, come se fossero stati allodiali, dai loro antecessori dopo l’emanazione delle leggi napoleoniche di abolizione dei diritti giurisdizionali. ... leggi Era clamoroso, per esempio, il caso di Nicolò di Marcantonio di Manzano (di un ramo diverso da quello dell’annalista Francesco), che intorno al 1850-1860 aveva venduto a una trentina di acquirenti, come libero, il patrimonio feudale del circondario di Manzano, per richiederlo poi nel 1865 sulla base della presunzione feudale e investirne il figlio Marco Francesco. Il dibattito si concluse con l’approvazione da parte del parlamento italiano della legge 19 aprile 1870, n. 5618, che aboliva nelle province ex venete e a Mantova i vincoli feudali ancora gravanti su beni di qualunque natura, compresi quelli derivanti da donazioni di principi. I giuristi si erano divisi tra coloro che, come gli avvocati Paolo Billia (Petizione per lo scioglimento dei vincoli feudali, Udine, 1867) e Giovanni De Nardo (Sulla abolizione dei feudi nel Veneto e specialmente nel Friuli, Firenze, 1867), ricordavano la natura del feudo quale usufrutto concesso dallo Stato, e coloro che invece si ostinavano a difendere i diritti degli antichi feudatari. S. si schierò con questi ultimi. Nell’opuscolo Accenni intorno ai feudi del Friuli, del 1867, ne delineò brevemente una storia dal punto di vista di un signore di antico regime legato a Venezia. Sottolineò come la Serenissima avesse rafforzato la feudalità, pur evidenziando che lo stesso governo non aveva saputo agire con forza, in quanto aveva dato credito alle ricostruzioni antisignorili di Daniele Fabrizio, asserendo da parte sua che l’abolizione dei privilegi feudali – vale a dire l’eliminazione del governo di signori locali a seguito delle leggi napoleoniche – avrebbe provocato l’insicurezza e la debolezza economica della provincia, suggerendo di contro il mantenimento dei diritti feudali a garanzia di una conduzione ordinata, di «civilizzazione» del paese. Ma sfuggivano del tutto a S. – e non era il solo – le diverse funzioni assunte dallo Stato, per esempio, quando egli vantava la «moderazione» della tassazione imposta dai feudatari nella società di antico regime rispetto alla nuova fiscalità, non considerando che si trattava di operazioni guidate da diversi principi e finalità. Morì a Milano nel 1885.

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Bibliografia

BCU, Joppi, Genealogie, fasc. Savorgnan.

G. SAVORGNAN, Accenni intorno ai feudi del Friuli, Venezia, Antonelli, 1867. V. JOPPI, Lettere sulla guerra combattuta nel Friuli dal 1510 al 1528 scritte alla Signoria di Venezia da Girolamo Savorgnan, «Archivio storico italiano», s. II, 2 (1855), 14 (riferimento al codice conservato da Giuseppe Savorgnan); ID., Lettere storiche dall’anno 1508 al 1528 di Girolamo Savorgnan colla vita e documenti contemporanei, Udine, Tip. Doretti, 1896, XIII-XIV; OCCIONI BONAFFONS, Bibliografia, I, 66-67, n. 139; V. SPRETI, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, 6, Milano, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, 1932, 169-170 e Appendice, 2, 1935, 572-577.

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