SOMEDA GIOVANNI

SOMEDA GIOVANNI (1901 - 1978)

ingegnere, docente

Immagine del soggetto

L'ingegnere Giovanni Someda.

Nacque il 30 maggio 1901 a Dolo (Venezia), dove la madre, Giuseppina Pertoldeo, di Rivignano (Udine), possedeva beni ereditati dal nonno materno; ma sempre si dichiarò e si sentì friulano, tali essendo entrambi i genitori, ed avendo egli stesso trascorso gran parte della giovinezza nella casa avita di Rivolto (Udine), dove godeva anche della presenza dello zio Domenico Someda, pittore, allora al vertice della propria fama. Studiò a Padova, salvo una breve parentesi romana dopo Caporetto (maturità al Liceo Torquato Tasso, 1918), e lì si laureò in ingegneria civile nel 1923, con lode e una delle prime medaglie “Antonio Sarpi”. Dopo una breve esperienza nell’industria, iniziò un’intensa attività di libero professionista nella nascente ingegneria elettrotecnica, collaborando con l’Università di Padova e insegnandovi quale incaricato esterno, ma senza mai entrare nei ruoli degli assistenti; così rimase fino al 1937, quando vinse la cattedra di elettrotecnica all’Università di Bologna. La sua produzione scientifica in questa fase nacque tutta da problemi progettuali e si concretizzò in numerosi brevetti, alcuni dei quali ebbero notevoli ricadute produttive. Nel 1939, scomparso improvvisamente Ezio Pugno Vanoni, con il quale aveva condiviso molti studi e ricerche, S. venne chiamato all’Università di Padova, dove rimase ininterrottamente fino al collocamento a riposo nel 1976. Vi diresse l’Istituto di elettrotecnica facendone, in largo anticipo sui tempi, un precursore dei moderni Dipartimenti e via via allargandone gli interessi all’elettronica, all’automatica e all’informatica. Fu preside della Facoltà di ingegneria in tre momenti delicati e significativi: dal 1° novembre al 6 dicembre 1943 (il rettorato di Concetto Marchesi, il cosiddetto Senato accademico della Resistenza), dal 1° giugno 1945 al 31 ottobre 1947 (la ricostruzione), dal maggio 1968 al 1975 (la contestazione studentesca). Fece parte anche, a più riprese, del consiglio di amministrazione dell’Università. Nella fase postbellica, all’attività progettuale (ove spicca in particolare il brevetto di un generatore innovativo per le vetture ferroviarie, prodotto poi in grande serie in Italia e in altri Paesi europei), scientifica e didattica, S. andò gradualmente affiancando responsabilità di amministratore di aziende a partecipazione pubblica. ... leggi I principali incarichi: consigliere della TELVE (1946-1964), presidente della STIPEL (1949-1959), della STET (1952-1961) e della SIP (1961-1971), la quale sotto la sua presidenza nel 1964, a seguito della nazionalizzazione dell’energia elettrica, si trasformò da Società idroelettrica piemontese in Società italiana per l’esercizio delle telecomunicazioni, e della quale fu poi presidente onorario fino alla sua scomparsa. Fondamentali furono allora la collaborazione e la profonda amicizia con il triestino Guglielmo Reiss Romoli. Dal 1950 al 1957 fu commissario governativo dell’Istituto elettrotecnico nazionale Galileo Ferraris di Torino, curandone la problematica riforma di statuto e conservandone poi la vicepresidenza. Fece a lungo parte del comitato di consulenza nazionale di ingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche. Presidente generale dell’Associazione elettrotecnica italiana dal 1950 al 1952, fu socio effettivo dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti di Venezia dal 1953, socio corrispondente dell’Accademia delle scienze di Torino dal 1951 e dell’Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti di Milano dal 1968. Dell’Accademia Patavina (ora Galileiana) fu socio corrispondente dal 1939, effettivo dal 1950 e presidente dal 1965 al 1969. In tale veste curò il restauro edilizio della Reggia dei Carraresi, che consentì il ritorno delle attività accademiche nella sede tradizionale. I suoi testi didattici di elettrotecnica e di costruzione di macchine elettriche sono stati in uso per decenni e sono tuttora citati frequentemente. Morì a Padova il 31 marzo 1978 e venne sepolto, per sua volontà, accanto ai genitori nella tomba di famiglia in Udine.

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Bibliografia

L. MARENESI, Giovanni Someda e il suo tempo, Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 2004 (Memoria n. 42); C.G. SOMEDA, Avvii dell’industrializzazione veneta: un caso audace e sfortunato, in Il modello veneto tra storia e futuro, a cura di O. LONGO - F. FAVOTTO - G. ROVERATO, Padova, Il Poligrafo, 2008, 183-191.

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