PIETRO DA FERENTINO

PIETRO DA FERENTINO (? - 1301)

patriarca di Aquileia

Immagine del soggetto

Denaro del patriarca Pietro da Ferentino.

P. appartiene a una famiglia originaria di Ferentino, che assume nel tempo il predicato “Egiptius”, ma apparentemente mai quello di “Gera” o “Guerra”, con cui questo ecclesiastico è ricordato in alcuni studi: nella documentazione egli è indicato piuttosto come “Petrus Romanus” o “de Roma”. Introdotto in curia insieme ad altri due fratelli da uno zio, dimostra ben presto le sue qualità, maturando nel tempo una notevole esperienza in ambito diplomatico e amministrativo. Divenuto suddiacono di papa Innocenzo IV, P. riceve in beneficio un canonicato presso il capitolo cattedrale di York in Inghilterra e successivamente è nominato rettore della locale chiesa di St. Michael. Nel 1245 il papa da Lione gli consente di conservare liberamente i benefici che già possedeva e di detenere anche un’altra dignità, qualora gli fosse offerta. Nel 1263 Urbano IV incarica P. di sciogliere gli abitanti di Cagli dalla scomunica in cui erano incorsi per aver appoggiato re Manfredi, confidando nell’abilità del suo collaboratore «de qua per familiarem experientiam probata plene confidimus». In questo periodo l’ecclesiastico laziale risiede sicuramente presso la curia e gode della fiducia del pontefice, che per favorirlo impone all’abate di St. Mary di York di concedere a P. un beneficio di trenta marche di sterline, dietro rinuncia del beneficio in cura d’anime di St. Michael. La sua opera coadiutrice è apprezzata anche dal successore di Urbano IV, Clemente IV, che gli assegna l’ufficio di cappellano papale. Nell’aprile del 1267 il pontefice lo nomina vescovo di Sora, non accettando la postulazione del locale capitolo cattedrale nei confronti dell’abate di Casamari, e in seguito collettore delle decime papali nel Regno di Sicilia, ad esclusione di Sicilia e Calabria. Nel 1278 Nicolò III trasferisce P. sulla cattedra di Rieti: pur non risiedendo in diocesi con continuità a causa degli impegni curiali, il vescovo si dimostra particolarmente attento al governo della sua Chiesa, servendosi dell’ausilio di vicari esperti. ... leggi Nel maggio del 1279 il papa lo nomina nunzio presso Alfonso X il Savio, re di Castiglia e di Leon. Due anni più tardi P. è di nuovo in Italia e si vede confermare dal nuovo pontefice, Martino IV, l’ufficio di collettore delle decime per la Terrasanta. Nel gennaio del 1286 è impegnato, insieme ai vescovi di Fermo e Orvieto, in una causa contro alcune famiglie nobiliari romane che hanno occupato indebitamente i beni della basilica di S. Paolo. Alcuni mesi più tardi è trasferito nella sede arcivescovile di Monreale in Sicilia ed è nominato amministratore “in spiritualibus et temporalibus” della diocesi di Sora. Questo secondo provvedimento sembra essere dettato dalla necessità di garantire a P. una fonte di reddito, vista la sua impossibilità di prendere possesso della cattedra siciliana a causa dei rapporti tesi tra il papato e gli Aragonesi. Verso la fine dell’anno è inviato come nunzio in Inghilterra e successivamente presso Alfonso IV d’Aragona per trattare la liberazione di Carlo II d’Angiò. Nell’aprile del 1295 P. è nominato conte generale di Romagna. Il suo impegno diplomatico è premiato dalla pacificazione della regione, sebbene alcuni oppositori, alla fine del mandato, lo denuncino presso la curia romana per malversazioni e “ghibellinismo”. Dopo aver reso ragione del suo operato, nell’agosto del 1296 l’arcivescovo ottiene da papa Bonifacio VIII la sede di Nola, essendo ancora impossibilitato a risiedere a Monreale. Due anni più tardi è spostato sulla cattedra arcivescovile di Capua. La sua permanenza nell’arcidiocesi campana è però di breve durata: nel giugno del 1299, infatti, il pontefice lo nomina patriarca di Aquileia. P., impossibilitato a recarsi subito in Friuli, si fa precedere dal nipote Giovanni canonico di Ferentino, suo vicario generale, che si impegna a risolvere il conflitto insorto tra le comunità di Udine, Gemona e Cividale e il conte di Gorizia dopo la morte del patriarca Raimondo della Torre. Il nuovo patriarca giunge a Udine in settembre mettendo subito in evidenza le sue doti di abile amministratore e diplomatico. All’inizio di ottobre, durante una seduta del parlamento friulano, si fa consegnare i beni e i castelli soggetti alla cattedra aquileiese. Successivamente si impegna in una ricognizione dei beni feudali con le reinvestiture. Di particolare importanza si rivela per P. la normalizzazione dei rapporti con Gorizia e con Venezia. Nel primo caso, grazie alla collaborazione del nipote Nicolò, il patriarca ottiene dal conte Enrico il risarcimento dei danni causati alla chiesa aquileiese dopo la morte di Raimondo della Torre e la restituzione dei beni indebitamente sottratti. Nel secondo, cerca di risolvere la questione istriana, rimettendosi all’arbitrato di Nicolò Bocassini, cardinale di S. Sabina e futuro Benedetto XI; allo stesso tempo, P. rinnova i patti commerciali con Venezia, impegnandosi a risarcire i mercanti della Serenissima, danneggiati dalla politica del suo predecessore. Più difficili risultano i rapporti con Gerardo da Camino, che nel 1300 occupa Sacile. Ne segue uno scontro armato e la sconfitta delle forze patriarcali. P., temendo per le sorti del Friuli, si allea, quindi, con il conte di Ortenburg, ma è solo la mediazione del conte di Gorizia a porre termine al conflitto. All’inizio dell’anno seguente il patriarca tiene un parlamento in Aquileia. Muore il 19 febbraio del 1301 a Udine dove viene sepolto nella chiesa del castello.

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Bibliografia

IULIANI CANONICI Civitatensis Chronica, a cura di G. TAMBARA, Città di Castello, Editrice Lapi, 19055, RIS, 24, 14, 30-31; P. PASCHINI, Il patriarcato di Pietro Gera (1299-1301), «MSF», 21 (1925), 73-107; R. BRENTANO, Vescovi e vicari nel basso Medioevo, in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV alla metà del XVI secolo. Atti del VII convegno di storia della Chiesa in Italia (Brescia, 21-25 settembre 1987), a cura di G. DE SANDRE GASPARINI - A. RIGON - F. TROLESE - G.M. VARANINI, Roma, Herder, 1990 (Italia sacra. Studi e documenti di storia ecclesiastica, 42-43), I, 547-568, in particolare 558; PASCHINI, Storia, 367, 411, 420, 422; BRUNETTIN, Evoluzione impossibile, 67-226, in particolare 116-120.

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