ENRICO II

ENRICO II (? - 1323)

conte di Gorizia

Immagine del soggetto

Complesso incastellato dell'abbazia di Rosazzo.

E. II conte di Gorizia (e del Tirolo), 1304-1323: figlio di Alberto II di Gorizia († 1304) e di Eufemia di Slesia-Glogau, acquistò grande rilievo nella casa comitale goriziana, ereditando e sviluppando il dinamismo nello zio Mainardo IV (II del Tirolo) ma anche del padre, che però aveva dato alla sua intraprendenza modi aggressivi e più spregiudicati, specialmente contro il patriarca di Aquileia. Similmente a quanto era avvenuto nel 1271, quando la contea di Gorizia-Tirolo era stata divisa tra Mainardo IV e Alberto II, anche nel 1303 venne stipulato tra E. e il fratello Alberto III un contratto per cui al primo spettarono i possessi e i diritti che erano già propri della contea di Gorizia e quindi a Gorizia, nel Friuli patriarcale, in Istria, nella Marca Vendica, nella Carniola, nella valle dell’Isonzo e del Vipacco e nel Carso; ad Alberto andarono invece la Carinzia superiore e la Pusteria con Lienz. Non fu una divisione irreparabile come quella del 1271 né si può dire che questa abbia prodotto lo sfaldamento della potenza del casato, dal momento che il settore più goriziano, sopravvissuto al passaggio del Tirolo agli Absburgo, poté durare fino al 1500, mentre nel secondo, in condizioni diverse, proprio E. II poté agire con molta forza e con successi di grande valore e significato. In ambedue le direzioni intervennero infatti condizioni e cause di altro genere. E. si era già fatto conoscere nel panorama altoadriatico, sia a fianco del padre Alberto II, sia con incarichi di prestigio, tra cui l’ufficio di podestà di Trieste (nel 1291 ma anche in anni successivi). Egli fu attivo contro la politica veneziana, sottraendo ad esempio Trieste all’assedio, durante la guerra del patriarca contro Venezia. ... leggi Eppure la sua abilità gli fece guadagnare ugualmente la cittadinanza di Venezia. E. sposò nel 1297 Beatrice, figlia di Gherardo da Camino, capitano generale di Treviso, col quale ci fu un’intesa per un attacco al potere patriarcale. Il capitolo di Aquileia, alla morte del patriarca Raimondo della Torre (23 febbraio 1299), elesse E. quale capitano generale, la massima carica militare (e non soltanto) nel dominio del patriarchi. E. mantenne posizioni di prestigio anche negli anni seguenti, con l’appoggio per lo più della nobiltà friulana ma con l’ostilità dei comuni. Alla morte del padre Alberto II, E. detenne di fatto tutto il potere anche nella Pusteria e in Carinzia, dove riuscì ad accrescere i suoi possessi. Continuò la politica del padre e dello zio nell’appoggio al re di Germania e nel coltivare grandi interessi oltre le Alpi, ma si distinse, anche perché i tempi lo favorivano, in un’azione coraggiosa e lungimirante verso gli orizzonti italiani o nord-orientali d’Italia, il che gli guadagnò nella storiografia irredentistica un grande apprezzamento, accresciuto dal matrimonio che egli contrasse con Beatrice da Camino; ma anche una figlia di E., Agnese, sposò un italiano, Alberto II della Scala (1312). Con Cangrande della Scala E. concluse un’alleanza, di cui egli si fece forte, oltre che del mandato dell’imperatore Enrico VII, per avanzare arditamente verso Treviso e Padova, sconfiggendo quei comuni guelfi. Il patriarca Ottobono de’ Razzi lo riconobbe quale capitano generale e il successore di Enrico VII, il duca d’Austria Federico, fece aperto affidamento su E. per una sua campagna italiana. Il comune di Treviso, affidandosi a Federico d’Austria contro Cangrande, venne governato da E. in qualità di vicario imperiale (1318), cosa che riguardò anche Conegliano (1319); similmente avvenne per Padova, che riconobbe E. quale vicario imperiale. Questa avanzata del Goriziano suscitò infine l’antagonismo di Cangrande, che però venne sconfitto a Bassanello (1320). La forza di E. non venne attenuata dalla conquista della corona imperiale da parte di Ludovico il Bavaro (1222). Dopo la morte di Beatrice da Camino (1321) E. sposò Beatrice di Wittelsbach da cui nacque nel 1323 Giovanni Enrico, che avrebbe dovuto assicurare continuità al ramo più Goriziano della dinastia comitale: il 24 aprile 1323 seguì la morte repentina di E., che suscitò sospetti e leggende. La sua sepoltura avvenne nel monastero di Rosazzo, che ormai era giudicata fondazione goriziana e dove era stato sepolto il padre, Alberto II. Il sogno di E. si infranse contro altre forze emergenti che si contendevano la supremazia e in particolare contro Venezia ma anche contro le mire imperiali. Il fratello di E., Alberto III, e poi Enrico di Gorizia-Tirolo si assunsero la tutela di Giovanni Enrico, i cui interessi erano però curati anzitutto dalla madre; il giovane conte morì nel 1338, senza figli, dopo aver sposato Anna d’Austria, sicché la continuità fu assunta dai figli di Alberto II († 1327), Alberto IV († 1374), Mainardo VII († 1365) ed Enrico III († 1360).

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Bibliografia

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