PERESSUTTI GINO

PERESSUTTI GINO (1883 - 1940)

architetto

Immagine del soggetto

L'architetto Gino Peressutti.

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Prospetto dei nuovi edifici direzionali degli stabilimenti di produzione cinematografica a Roma, disegno di Gino Peressutti (collezione privata).

Nacque il 21 giugno del 1883 a Gemona del Friuli e iniziò la sua carriera poco più che ventenne. Nei primi anni del Novecento lasciò il Friuli per seguire un progetto impegnativo: la costruzione del pensionato universitario Francesco Petrarca o Antonianum, edificio destinato a ospitare la sede dell’ordine dei gesuiti a Padova e il relativo collegio per studenti universitari. Il risultato ottenuto con questo primo incarico, affidatogli dall’impresario gemonese Giambattista Della Marina, fu molto apprezzato e gli procurò altri lavori e successo: ottenne infatti, a breve distanza di tempo, il titolo di “Architetto ad honorem” presso l’Accademia delle belle arti di Venezia. Il giovane P. fu uno dei primi a proporre nel capoluogo veneto lo stile Liberty a cui si era avvicinato, sia durante un periodo di formazione in Austria, sia seguendo a Gemona alcuni seminari tenuti dall’illustre architetto compaesano, Raimondo D’Aronco, il massimo esponente italiano dello stile floreale. Negli anni Venti e Trenta, ottenne incarichi professionali di sempre maggior rilievo. Fu uno dei protagonisti del piano di risanamento dei quartieri centrali di Padova e, sia in veste di architetto che di imprenditore edile, realizzò il nuovo quartiere-giardino Vanzo, dove, oltre ai vari moduli abitativi, costruì il noto palazzo Esedra, così chiamato per la forma della sua pianta che si sviluppa attorno ad una piazza semicircolare. Lavorò al quartiere di S. Lucia, nel cuore della città; progettò due dei tre edifici che definiscono i confini di piazza Insurrezione: i palazzi COGI, dal classicismo marcato, e INPS, più vicino al razionalismo che avrebbe caratterizzato Cinecittà. A partire dal 1935 e fino al 1937 fu impegnato nell’ideazione della sua opera più importante: la costruzione degli stabilimenti cinematografici di Cinecittà a Roma. L’intenzione di realizzare un complesso di edifici in grado di ospitare la produzione di film e contemporaneamente di rappresentare e incarnare l’idea stessa del cinema nazionale nacque alla fine degli anni Venti negli Stati Uniti, e ne fu interprete il gerarca fascista Luigi Freddi. ... leggi A seguito dell’incendio dei teatri di posa Cines di via Vejo a Roma, il 26 settembre del 1935, l’architetto P. venne chiamato dal Freddi (divenuto direttore generale per la cinematografia) e dall’onorevole Carlo Roncoroni, proprietario dei teatri Cines, e incaricato di realizzare il grandioso progetto. P., prima di definire il piano dell’opera, compì un viaggio in diversi Paesi europei (Inghilterra, Germania, Francia, Austria) per visitare gli stabilimenti cinematografici più importanti e comprenderne il livello qualitativo raggiunto. Lo studio della distribuzione dei teatri di posa fu l’elemento sul quale il progettista si concentrò con maggiore attenzione. Lavorò infatti su un forte accentramento intorno agli edifici di base (la direzione, gli uffici dei produttori, i servizi) e concepì i teatri di posa come autonomi a gruppi di due, in modo tale che si sarebbero potuti girare più film contemporaneamente in condizioni ottimali. La soluzione si rivelò particolarmente felice in vista della necessità di un incremento significativo della produzione cinematografica prima nazionale e poi internazionale. Il giorno 29 gennaio 1936 il duce posò la prima pietra e solo 475 giorni dopo, il 28 aprile 1937, venne inaugurata la più grande città cinematografica europea con un’estensione complessiva di ben 600.000 metri quadrati. Cinecittà oggi non soltanto rappresenta la memoria collettiva del nostro cinema, ma può anche essere considerata un esempio pressoché incontaminato di architettura razionalista. È, infatti, ancora possibile percepire quel senso di rigore, ordine, semplificazione e funzionalità degli edifici singoli e dell’insieme che erano alla base del progetto originario di P. L’architetto morì a Padova nel 1940, a cinquantasette anni, nel periodo più felice della sua carriera.

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Bibliografia

G. PERESSUTTI, Album fotografico delle opere di Gino Peressutti, depositato presso la Biblioteca civica don Valentino Baldissera di Gemona del Friuli, 1908; ID., Cinecittà, «Cinema. Quindicinale di divulgazione cinematografica», 20 (1937), 302-306. A. FALESCHINI, Friulani illustri, L’architetto gemonese Gino Peressutti creatore di Cinecittà, «Il Popolo del Friuli», 28 gennaio 1941; P. CARBONARA, Il complesso edilizio e la vita di Cinecittà in Roma, «Architettura», 22 (1943), 1-10; D. TORRESINI, Padova 1509-1969. Gli effetti della prassi urbanistica borghese, Venezia, Marsilio, 1975; M. UNIVERSO, L’architettura della ‘Padova nova’, in Padova. Case e Palazzi, a cura di L. PUPPI - F. ZULIANI, Vicenza, Neri Pozza, 1977; G. BUCCO, Rassegne d’arte e di lavoro a Gemona negli anni Trenta, in Glemone, 263-291; La costruzione della città. Architettura a Padova nei primi quarant’anni del ’900, a cura di E. PIETROGRANDE, Padova, Il Prato, 2007; La casa vicariale dei santi Fermo e Rustico. Recupero di un’architettura di Padova dall’epoca preromana al liberty, a cura di M. BORTOLAMI, Padova, Grafiche Furato, 2008.

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