MUZZOLINI OTMAR

MUZZOLINI OTMAR (1908 - 1987)

scrittore, pittore, letterato, impiegato

Immagine del soggetto

Autoritratto di Otmar Muzzolini (Meni Ucel).

Apparteneva alla corrente di “Risultive” (acqua sorgiva), gruppo letterario che dal 1949, insieme alla rivista «Il Tesaur» di G. D’Aronco, propose una via autoctona al rinnovamento della letteratura friulana e al superamento dello zoruttismo, sulla linea di Giuseppe Marchetti e, pur nel debito per la dirompente via pasoliniana, nel recupero della tradizione. Al fondo vi è un’idea di lingua moderna, ma strettamente legata ai concetti di nazione e popolo («l’idea di ‘popolo anonimo’ che si esprime ‘impersonalmente […] e perciò poeticamente’», e ancora il mito romantico «della creatività spontanea del ‘popolo’ […] del dialetto sorgivamente poetico»: un ritorno al mondo popolare funzionale a una visione immobile della cultura contadina: Pellegrini, 1981). L’uso del friulano non era solo poetico, ma andava volontariamente allargando i suoi ambiti (al romanzo, al teatro, alla comunicazione, alla traduzione), selezionando non il particolare e suggestivo, ma ciò che ne fa «uno strumento di ampia presa, collettivo e medio […] sempre più disposto a farsi tramite di ogni contenuto, sempre più ‘lingua’ senza restrizioni e senza aggettivi: la koinè» (Pellegrini, 1987). Del gruppo, dalle personalità letterarie varie, M., che assunse lo pseudonimo di Meni Ucel, è colui che «incline com’è alla battuta scherzosa in versi e in prosa, meno si stacca, anche sotto il profilo metrico (la rima), dai moduli ottocenteschi» (Pellegrini, 1987). La vasta popolarità che incontrò è segno però di una non esaurita attesa di tali modelli. Nato a Billerio in comune di Magnano in Riviera (Udine) nel 1908, M. fu impiegato presso l’INPS di Udine, vivendo, nella casa di Felettano presso Tricesimo dove morì nel 1987, un’esistenza attiva sul piano espressivo. ... leggi Partecipò alla seconda guerra mondiale, ma, catturato dagli inglesi, scontò sette anni di prigionia in Kenia, ed è in questo tempo che scoprì l’inclinazione alla scultura e alla pittura. Di carattere, ricorda l’amico Aurelio Cantoni, a tratti egocentrico e perfezionista, agganciò la sua attività poetica («In bilico tra scherzo ed effusione sentimentale»: Pellegrini 1981) al filone della satira e della descrizione di paese «che gli era congeniale e pareva inesauribile» (Burelli), scaturito da una lettura costante delle cose e degli uomini sotto la lente impietosa dell’ironia. Penna facile, ma alla ricerca di una lingua limata con ossessione (la sua è una koinè controllatissima, non un friulano parlato), iniziò a scrivere per diletto in paese (attorno a Tarcento era viva la tradizione di intagliare maschere, chiamate «tomât», e comporre satire). Fece la sua prima comparsa pubblica in età matura, sullo «Strolic furlan pal 1949» (tre sonetti dedicati a «Mariute») diretto da Giuseppe Marchetti, che lo scoprì (sarebbe stato critico però sulla produzione in prosa) e suggerì anche il titolo alla prima raccolta, Dolcemare [Dolceamara], del 1956, uscito per «La Panarie» con gli auspici di «Risultive» (nelle cui miscellanee M. è ampiamente rappresentato). Seguirono Sâl e pèvar [Sale e pepe], del 1962, sullo stile della prima raccolta, Paîs [Paese], prima serie di prose, del 1973 (in seconda edizione nel 1978), Friûl 1976 [Friuli 1976], prose e poesie sul sisma, con nuova edizione l’anno successivo, Foresc’ par furlan [Stranieri in friulano], classici tradotti in friulano, del 1979, Fruzzons e Mingulis [Briciole e Ritagli], del 1981, quadri di vita paesana, Sclopetadis a slàs vieris e gnovis [Schioppettate in libertà vecchie e nuove], brani poetici e in prosa umoristico-satirici, dello stesso anno. Accanto a questi testi e alla collaborazione con le riviste locali (diresse per un periodo lo «Strolic furlan») si ricordano l’atto unico Il tomât, apparso nel 1968 nella collana “Teatro” della Società filologica friulana e le versioni dei Vangeli. La poesia di M. calca dapprima l’idillio sentimentale (si veda Il prin basin [Il primo bacio], Mariute [Marietta], Suspîr [Sospiro], Fontanute [Fontanella]: «L’aghe di glazze, ràmpide ’e jes fûr / tanche ’ne glagn d’arint di jenfri il bâr, / e un ucelut al cjante, e a mi mi pâr / di sei tornât agnorums indaûr. // Mi pâr ch’e stei par comparî sul troi, / parant in là lis frascjis la mê frute: / i ceclamins in man, l’amôr tai voi» [L’acqua di ghiaccio, limpida esce / come una gugliata d’argento dalla zolla, / e un uccellino canta, e a me pare / di essere tornato anni e anni indietro. // Mi pare che stia per comparire sul sentiero, / scostando le frasche la mia ragazza: / i ciclamini in mano, l’amore negli occhi]), per poi dedicarsi a racconti poetici comico-umoristici e satirici, anche nel frangente del sisma del 1976. I testi insistono sulla suspense e sulla boutade della chiusa e i temi spaziano: l’amore, la donna, i fatti di paese, le maldicenze, i critici, l’ipocrisia e il pregiudizio sono ricorrenti. La satira, che cela forse una «razionale» vena di malinconia, non ha velleità eversive (la politica e la burocrazia non vi rientrano, l’idea di popolo prevede pazienza e rassegnazione). Molti sono i testi facili, d’occasione, con finali e inserti abbassanti, e uno schermirsi pungente sul piano dei sentimenti («Valutazion. Vinc’ agn. Robonis! Jo ti vevi te, / tù tu mi vevis me. // A pensâj ben, no vevin cui sa ce» [Valutazione. Vent’anni. Grandi cose! Jo avevo te, / tu avevi me. // A pensarci bene, non avevamo chissà che]). M. Dall’Arco lo apprezza come poeta satirico, mentre A. Ciceri colloca M., con il suo «‘humour’ bizzarro», tra i più benemeriti nell’«opera collettiva di restauro e di fissazione della koinè e delle più significative varianti». Ne è strumento anche l’attività di traduzione, sensibilmente ampliata dagli autori di “Risultive”. M. si rivolge, oltre ai Vangeli, a pagine a lui congeniali (da Catullo, Marziale, Angiolieri, Villon, Pananti, Rossetti, Belli, Trilussa) e canoniche (Dante, Petrarca, Boccaccio, Boiardo, Lorenzo de’ Medici, Leopardi). Le versioni si adattano al suo stile e non si incrina lo schema delle rime, che guida il passaggio al friulano, ma con risultati autonomi (si veda il confronto tra le sue traduzioni e quelle di Bonini e Nardini, in Virgili 1979). Il gusto lessicale ha infine un risultato pregevole, con un minuto lavoro di vocabolario, nel Libri des peraulis [Libro delle parole], su testo e immagini di Richard Scarry, tra i primi dizionari friulani illustrati per l’infanzia.

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Bibliografia

Dolcemare, Udine, «La Panarie», 1956; Sâl e pèvar, Udine, Risultive, 1962; Il tomât, Udine, SFF, 1968; Paîs, Udine, SFF, 1973; Vanzeli di N.S.J.C. secont Zuan, traduzione di Meni Ucel, con la collaborazione di A. Moretti), Udine, Clape culturâl Acuilee, 1975; Friûl, Udine, Arc, 1976 (e 1977); Il libri des peraulis di Richard Scarry, versione in friulano di Meni Ucel, Udine, SFF, 1978; Foresc’ par furlan: puisìis latinis, talianis, francesis e romaneschis, tes traduzions in furlan, Introduzione di D. Virgili, Udine, Risultive, 1979; Paîs, 2e ed. riviodude e insiorade, Reana del Rojale, Chiandetti, 1981; Sclopetadis a slàs vieris e gnovis, Udine, SFF, 1981; La flôr des oparis, a cura di E. BORTOLUSSI, Magnan in Riviere (Udin), Comun di Magnan in Riviere/SFF, 2008.

DBF, 557-558; Mezzo secolo di cultura, 183-188; Mezzo secolo di cultura Sup 1, 23; CHIURLO - CICERI, Antologia, 685-687; Mezzo secolo di cultura Sup 2, 43-44; M. MICHELUTTI, Il libri des peraulis, «La Panarie», n.s., 12/44 (giugno 1979), 69-74; A. CI [CERI], Recensione a Foresc’ par furlan, «Sot la nape» 31/4 (1979), 70-71; L. CJANTON, Lis sclopetadis di Meni Ucel, ibid. ... leggi 34/2 (1982), 81-84; R. PELLEGRINI, Aspetti e problemi della letteratura in friulano nel secondo dopoguerra, Udine, Grillo, 1981, 77-79; D’ARONCO, Nuova antologia, 104-195; Mezzo secolo di cultura Sup 3, 56-61; PELLEGRINI, Tra lingua e letteratura; S. VISENTIN, Meni Ucel, «Sot la nape» 39/1 (1987), 82-84; Otmar Muzzolini = Meni Ucel: 1908-1987, a cura di O. BURELLI - M. MICHELUTTI, Magnano in Riviera, Comune di Magnano in Riviera, 1994.

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