FINETTI (DE) GINO

FINETTI (DE) GINO (1877 - 1955)

grafico, pittore

Immagine del soggetto

Gino de Finetti nello studio di Berlino, 1928 ca.

Figlio dell’ingegnere ferroviario Giovanni Battista, di nobile famiglia gradiscana, e di Anna Radaelli, di Roncade (Padova), nacque il 9 agosto 1877 a Pisino d’Istria, dove la famiglia si trovava al seguito del padre impegnato nella costruzione della ferrovia Trieste-Pola. Dopo brevi soggiorni a Tarvisio, Vienna, Gorizia, Innsbruck, dovuti alla professione paterna, nel 1884 si stabilì a Trieste, dove si iscrisse al Ginnasio liceo, dedicandosi anche al disegno e all’illustrazione e frequentando gli atélier di Eugenio Scomparini e Antonio Zuccaro. Conseguita la maturità, nel 1895 iniziò gli studi presso la Technische Hochschule di Monaco di Baviera, ma nel 1897 preferì l’Accademia di belle arti, dove strinse amicizia con Albert Weisgerber, di poco più giovane, figura determinante nella sua formazione. All’Accademia seguì i corsi di Heinrich von Zügel, pittore animalista e plein-airista, il cui insegnamento si accordava con la sua predilezione per il tema dei cavalli e per la pittura all’aria aperta. Dal 1901 al 1903 svolse il servizio militare a Graz, continuando ad esercitarsi nel disegno dei cavalli. Rientrato a Monaco, cominciò a collaborare con la rivista «Jugend» e a dedicarsi alla grafica satirica (anche politica) e pubblicitaria, aggiudicandosi il primo premio al concorso per un manifesto della ditta di Hannover König & Ebhardt. Nel 1904 si stabilì a Berlino, dove venne in contatto con l’impressionismo francese, conoscenza che approfondì durante il soggiorno parigino del 1905-1906, attratto in particolare da Degas e Toulouse-Lautrec. Nel 1905 iniziò la collaborazione a «Simplicissimus», durata poi fino al 1908, e allo stesso 1905 risale il manifesto per il Torneo internazionale di scherma di Trieste, stampato dalla Modiano. ... leggi Al 1906 data la prima presenza alla Secessione berlinese, cui avrebbe partecipato fino al 1933, talvolta in veste di membro della giuria. Le esperienze e le scelte di questi anni, come pure il sempre stretto legame con la sua terra d’origine, dove trascorreva le vacanze estive, si rintracciano nelle numerose testimonianze dirette dell’artista, in particolare nel profilo autobiografico Tormenti e conquiste di un pittore friulano («La Panarie», 1937), nelle pagine dattiloscritte distribuite a vari critici nel 1920 e nelle autopresentazioni alla Biennale di Venezia e ad altre mostre. A Berlino e a Parigi, dove si recò di nuovo nel 1911, la formazione accademica tedesca si arricchì grazie all’esperienza francese, non solo nella grafica pubblicitaria e nel disegno satirico, soprattutto sotto l’influenza di Daumier e Steinlen, ma anche nella pittura, che cominciò a presentare alla Secessione berlinese del 1912, ma alla quale doveva essersi dedicato da almeno una decina d’anni. L’attività principale di questo periodo consisteva però in manifesti, locandine, disegni di figurini di moda, bozzetti per costumi teatrali. Costante, e non interrotta dallo scoppio della prima guerra mondiale, fu la sua collaborazione con l’editore Ullstein, di cui illustrava i libri e ideava la pubblicità, e con giornali e riviste, quali i «Lustige Blätter», la «Berliner Illustrierte Zeitung», la «Berliner Zeitung am Mittag», il periodico di sport equestri «Sankt Georg» e quelli femminili «Die Dame» e «Fürs Haus». Copiosa e apprezzata era anche la produzione di caricature, come quella del violinista Jan Kubelik presentata alla mostra di caricature del Circolo artistico di Trieste (marzo 1911). Durante la guerra rimase in Germania, lavorando per vari editori, anche di Lipsia e di Stoccarda, e dal 1917 come cartellonista per la «Morgenpost». Dopo la morte del padre (1919), i soggiorni in Italia si fecero più frequenti e più lunghi; ciò gli permise di allacciare contatti con l’ambiente artistico regionale e nazionale, tanto che dal 1922 la sua attività si svolse con pari impegno nei due Paesi. Tra il 1920 e il 1921 si dedicò all’ideazione di bozzetti di scenografie per diversi teatri berlinesi, collaborando anche con il grande regista Max Reinhardt al Deutsches Theater. Nel 1922 approntò il suo studio di pittura nella dimora di famiglia, a Corona. Nel 1924 allestì due importanti mostre personali, alla Bottega della poesia a Milano, presentato in catalogo da Carlo Carrà, e al Circolo artistico di Trieste, presentato da Alberto Riccoboni, oltre a partecipare alla I Esposizione goriziana di belle arti, organizzata da Antonio Morassi. Altre personali seguirono a Berlino nel 1925 e 1926, anno in cui espose pure ad Amsterdam con il triestino Levier. Qui ritornò nel 1928, in occasione della IX Olimpiade, con una rassegna personale, trasferita in seguito a Berlino. Nell’attività instancabile di quegli anni prevalevano i soggetti legati allo sport, in particolare all’equitazione, alla scherma e al pugilato, ma anche agli esercizi circensi e alla danza, proposti con successo sia nei dipinti che nelle incisioni e nelle litografie, con le quali, in fogli singoli o in cartelle a tema, partecipò ad esposizioni nazionali, come le Quadriennali romane (1931), o internazionali, come le Biennali veneziane (1920, 1928, 1932, 1934, 1936). I soggetti venivano talvolta rielaborati in più versioni: acquaforte, litografia, acquerello, olio, come ad esempio il dipinto esposto a Milano e a Trieste nel 1924, Contrabbandieri, ripreso in seguito nelle altre tecniche. Nella produzione grafica e soprattutto nel cartellonismo d. F. declinò sempre le campiture decise di colore, la ricerca della sintesi e la sinuosità della linea di contorno di matrice secessionista con una solida struttura spaziale e plastica, raggiungendo esiti molto efficaci nella resa del movimento. Nella pittura, invece, tradiva la sua ammirazione per l’impressionismo francese nella pennellata rapida e franta, nell’effetto di sfocato o di mosso fotografico (Dopo la pioggia, Musei Provinciali di Gorizia). Numerose opere rivelano anche l’interesse per il teatro, sia nei soggetti (Pulcinella ferito, 1915, Maschere, 1916, Carmen, 1920, Gli interpreti del Barbiere di Siviglia, 1933 ca., Civico museo teatrale di Trieste) che nelle ambientazioni (Il tribuno, 1903), sia nel taglio delle composizioni che nella pratica scenografica e nell’ideazione dei costumi (forse anche per Petruska di Djagilev). Nel 1934 d. F. si trasferì definitivamente a Corona con la moglie Martha Bermann, sposata nel 1911. Ricoprì subito ruoli importanti nel Sindacato interprovinciale fascista di belle arti di Trieste. Senza tradire la feconda vena di illustratore, dagli anni Trenta si dedicò con passione alla pittura ad olio, mettendo a frutto la lezione dei maestri più amati: Tintoretto e Géricault, come pure Manet e Cezanne. Sempre più frequenti divennero i ritratti, i paesaggi, le nature morte e – dopo la seconda guerra mondiale – i temi sacri, il cui esempio più significativo è la Via Crucis del 1949, donata alla chiesa parrocchiale di Corona, dopo essere stata esposta a Gorizia nel 1950 con un saggio critico di A. Riccoboni e un’autopresentazione dello stesso artista. Il 5 agosto 1955, a Gorizia, d. F. morì improvvisamente. Numerose furono in seguito le retrospettive (Trieste, 1955 e 1957; Gorizia, 1957-1958 e 1999; Gradisca d’Isonzo, 1967 e 1977). Nel 1959, nel volume La guerra gradiscana di Faustino Moisesso, furono riprodotti cinquantadue disegni a penna, ideati a partire dal 1941. Sono rimaste inedite fino al 2003, invece, dodici tavole ad acquarello e tempera, delle quindici originarie che avrebbero dovuto illustrare la traduzione italiana di Gilberta Serlupi Crescenzi del poema di R. M. Rilke, La Romanza d’Amore e di Morte dell’Alfiere Cristoforo Rilke, secondo un progetto commissionato dal conte Guglielmo Coronini Cronberg nel 1947.

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Bibliografia

G. DE FINETTI, Tormenti e conquiste di un pittore friulano, «La Panarie», 13/4 (1937), 2-16.

Gino de Finetti manifesti, dipinti e disegni. Catalogo della mostra, a cura di D. ARICH, Venezia, Marsilio, 1999 (con completa bibliografia precedente, anche degli scritti di d. F.); C.H. MARTELLI, Artisti di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria e della Dalmazia, Trieste, Hammerle, 20013, 123-124; N. BRESSAN, scheda in Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di M. MASAU DAN, Vicenza, Terra Ferma, 2004, 239; L. DA LIO, Tra scritto e figurato. Le lettere di Gino de Finetti a Guglielmo Coronini e a Gilberta Serlupi Crescenzi. Note per gli acquerelli dell’“Albo Rilke”, Gorizia, BSI, 2004; EAD., Gino de Finetti 1934-1955, Monfalcone, EdL, 2005; EAD., Gino de Finetti 1877-1934, Monfalcone, EdL, 2007; A. DEL PUPPO, Una controversa modernità. Origine e destino delle Sale Pocarini, in Pinacoteca Gorizia, 31-37 passim; V. GRANSINIGH, schede, ibid., 164-167; S. SCANDOLARA, Lo spettacolo austro-tedesco a Gorizia, in Cultura tedesca, 217-232, 227; S. TAVANO, Arte e artisti nordici nel Goriziano, ibid., 265-351, 327.

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