AMALTEO LUIGI

AMALTEO LUIGI

notaio, poeta

Vissuto tra Cinque e Seicento, discendente degli Amalteo di Pordenone, L. venne ricordato come letterato da Giusto Fontanini, a cui era probabilmente noto per aver fondato il ramo sandanielese della famiglia. Poche e incerte restano però le informazioni biografiche. Liruti non fu in grado di andare oltre la citazione e, pur riprendendo il cenno del Fontanini al riguardo, si dichiarava all’oscuro di sue prove letterarie. Lo indentificava invece come uno dei sei figli di Gualtiero trasferitosi a San Daniele nella seconda metà del Cinquecento, dove svolse la professione di notaio e si unì in matrimonio con Anna de Portuneri. Il nuovo ceppo pare estinguersi presto con la morte dell’unico figlio Gregorio, avvenuta, a quanto riporta Liruti, nel 1660. Lo stesso Liruti ci segnala altre date e mansioni di L.: la conferma dell’esercizio notarile per il 1585, la carica di cancelliere della comunità di San Daniele riferita all’anno 1590, l’appunto secondo il quale l’A. risulta in vita l’anno 1630. Contrastanti e contraddittori sono dunque gli estremi di nascita e morte che segnalano gli excursus biografici e che poggiano in parte sulle date dell’attività notarile tra il 1580 e il 1621. Quanto all’attività letteraria la testimonianza, pur estemporanea, è stata restituita a fine Ottocento da V. Joppi che, nei Testi inediti friulani, trascrisse, tra gli esempi di scrittura cinquecentesca, il sonetto Sulla fabbrica dell’Escuriale «di Luigi figlio di Valterio Amalteo, di Pordenone, cancelliere e notaio in S. Daniele», datato al 1594. Lo scritto si rinviene effettivamente tra le carte del notaio. Il componimento, che prende ad oggetto la discussa figura di Filippo II, è una tessera troppo isolata per suggerire coordinate sull’autore. ... leggi I parallelismi ricercati affaticano il testo, singolare, comunque, per il tema insolito nel panorama coevo e come esempio ulteriore dell’apertura cinquecentesca del friulano alla poesia. Il titolo si deve a Joppi, visto che il sonetto risulta preceduto solo da aforismi in latino, rintracciabili per altro ad apertura o intervallo tra i quaderni notarili, dove alla “scripta latina” si alterna saltuariamente un volgare dalle coloriture locali. Interessa però la critica a Filippo II, «des falsis Spagnis dur tiran» [duro tiranno delle false Spagne], la denuncia di ipocrisia, aperta dall’immagine del tradimento e della doppiezza giocata sulla persona di Cesare, e calcata sul contrasto tra l’«anim maran» [animo indegno], (ma «maran» è l’ingiuria che gli spagnoli rivolgono a mori ed ebrei convertiti da poco) del nuovo despota e il suo mostrarsi umile consacratore di «une devote Glesie» [una devota Chiesa]. L’A. scrive nella patria di Girolamo Sini (che compare come parte in causa tra gli atti notarili), autore anche di sonetti in friulano (tra i quali il noto In laude de lenghe furlane) e l’ipotesi di scambi e influenze, pur scontando lacune imprescindibili, non è astrusa. La scelta dell’A. poggia sulla varietà sandanielese, di tipo centrale, e non conduce a segnalazioni particolari (si veda però «guarp» per «cuarp» [corpo] e l’uso mirato dell’accento circonflesso a rendere, pur senza una sistematicità riconoscibile, le vocali lunghe).

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Bibliografia

ASU, NA, 3939, 3940.

LIRUTI, Notizie delle vite, II, 60; JOPPI, Testi inediti, 233; BENEDETTI, Brevi notizie, 9; DBF, 24; Mille protagonisti, 37; Qui comença la cantinella. Studi e ricerche sulla parlata di Pordenone, a cura di P. RIZZOLATTI, Pordenone, Comune di Pordenone/Biblioteca civica, 2005.

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