BERTOIA ARIETO HARRY

BERTOIA ARIETO HARRY (1915 - 1978)

designer, scultore, grafico

Immagine del soggetto

Harry Bertoia circondato da sue sculture.

Nacque nel 1915 nel piccolo paesino di San Lorenzo d’Arzene (Pordenone) dalla povera famiglia contadina di Giuseppe Antonio e Maria Seconda Mussio. Il curioso nome Arieto deriva da una storpiatura di Ares, il dio della guerra protettore del mese di marzo; alla nascita di B., il nome Arri compare sul registro di battesimo, mentre all’anagrafe comunale è registrato come Arieto, che in seguito, negli Stati Uniti, fu trasformato in Harry. Dopo la prima guerra mondiale, il padre emigrò negli USA stabilendosi a Detroit, dove fu raggiunto dal figlio maggiore Oreste, operaio alla Ford, mentre rimasero in paese la madre, la sorella e Arieto, che mostrò una buona predisposizione al disegno e allo studio. Nel 1930 emigrò anch’egli negli Stati Uniti riunendosi al fratello, che lo mantenne avviandolo agli studi. B. frequentò un istituto professionale pubblico dove si interessò alla tecnologia dei metalli. Si diplomò nel 1936 e ottenne una borsa di studio per frequentare a Bloomfield Hills, nel Michigan, la Cranbrook Academy of Art, un ambiente propositivo dove conobbe Carl Milles, gli architetti finlandesi Eliel ed Eero Saarinen, Charles e Ray Eames. Lavorò nel dipartimento di lavorazione dei metalli, diventando professore di metallurgia, disciplina che insegnò fino al 1942. In seguito alla penuria delle materie prime dovuta alla guerra, passò al laboratorio di stampa, di cui fu direttore fino al 1943, tuttavia numerose incisioni, disegni e monotipi furono spesso ripresi in epoca successiva per sculture e gioielli. Nel 1943 si sposò con Brigitta Valentiner, conosciuta nel 1940 alla Cranbrook Academy, da cui ebbe tre figli: Val, Celia e Lesta. ... leggi Brigitta era figlia di Wilhelm Valentiner, direttore del Detroit Institute of Fine Arts, allievo di Wilhelm Bode e amico di Hilla Rebay, stimata consulente di Salomon Guggenheim. Valentiner introdusse il genero alla conoscenza dell’arte astratta europea e alle opere su carta di Paul Klee. Nel 1943, inoltre, B. espose diciannove stampe al Museum of Nonobjective Art di New York, in una mostra organizzata da Hilla Rebay, e organizzò la sua prima personale di stampe e gioielli alla galleria Nierendorf di New York, con cui iniziò una stabile collaborazione. Ben presto si trasferì in California, a Venice, per collaborare con Charles e Ray Eames conosciuti a Cranbrook; contemporaneamente frequentò corsi di saldatura presso il Santa Monica City College. Nello studio Eames, grazie alla sua abilità nelle lavorazioni in acciaio, B. collaborò anche con Eero Saarinen a un progetto da presentare al concorso di “industrial design”, bandito dal Moma di New York. Il suo nome non comparve però nel 1946 sul progetto di sedia depositato al Moma, e ciò determinò la rottura della collaborazione con Eames. Nel 1947 ottenne la cittadinanza americana e lavorò come grafico al Point Loma Naval Electronics Laboratory. Nel 1950 B. accettò la proposta di fabbricare una serie di sedie, avanzata da una sua compagna di studi, Florence Schust, che aveva sposato Hans Knoll, titolare dell’omonima fabbrica di mobili metallici. Si trasferì a Barto, in Pennsylvania, poco distante dall’azienda dei Knoll, per la quale realizzò una serie di sedie in tondini di acciaio, saldati a reticolo che compongono una forma continua e sinuosa dalla seduta allo schienale: attraversate dallo spazio, «sono fatte soprattutto d’aria come una scultura». Nel 1951 realizzò i primi prototipi della Diamond chair, entrata in produzione nel 1952, e negli stessi anni, presso lo show room della Knoll, allestì due importanti mostre in cui le sedute si alternavano a sculture, grafiche e monotipi. Nel 1953 si interruppe la collaborazione lavorativa con la Knoll, ma rimasero ottimi i rapporti d’amicizia con i coniugi Knoll che per tutto il corso degli anni Sessanta organizzarono mostre di sculture e disegni di B. nei loro show room anche europei. Nel 1953, nominato “Visiting critic in Sculture” alla Yale University su proposta di Josef Albers, B. si dedicò alla scultura collaborando spesso con architetti: per il General Motors Technical Center di Warren, progettato da Eero Saarinen, compose la prima “sculture screen” e realizzò, nel 1954, anche la struttura metallica sull’altare della cappella circolare del MIT di Cambridge in Massachusetts. Le sculture sono degli assemblaggi di minute sagome metalliche, che si adattano ai prestigiosi spazi architettonici della Dallas Public Library e dell’aeroporto di Saint Louis dove introdusse per la prima volta l’elemento cromatico. Alla prima personale di Chicago (1954) si alternarono la mostra itinerante dello Smithsonian Institute e i riconoscimenti ufficiali dell’American Institute of Architects. B. iniziò a costruire le “multiplane construction”, sculture adatte agli spazi architettonici costituite da piccole lamine geometriche in metallo sostenute da una struttura metallica. Nel 1957, grazie a una borsa di studio della Graham Foundation di Chicago, viaggiò in Italia, e realizzò il padiglione americano all’Esposizione universale di Bruxelles, dove presentò i Dandelions, sculture sferiche, simili ai disegni giovanili dei soffioni, composte da fili che si irradiano dal centro, sensibili ai movimenti dell’aria. Completò commissioni per la Yale University (1958), la First National Bank di Miami (1959), la Syracuse University (1962), l’aereoporto Dulles di Chantilly in Virginia. Nel 1959 il Philadelphia Museum College of Art premiò la sua attività di designer; mentre nel 1960 iniziò a comporre le sue prime sculture sonore, costituite da fili metallici fissati a basi che, mossi dal vento o dalla mano, oscillano producendo suoni. Negli anni Sessanta inventò composizioni formate da sottili filamenti in acciaio e rame, denominati “wires and clouds” per la loro somiglianza con le nuvole. Nel 1963 una sua scultura fu esposta a Londra e negli anni Sessanta viaggiò a lungo in Europa, in Spagna, Svizzera, Belgio ed Olanda, facendo fronte a molte commissioni. Nella serie dei “welded bronzes” usò un materiale tradizionale come il bronzo in modo nuovo: versando il metallo fuso su superfici naturali, ottenne forme biomorfe, anche di grandi dimensioni. Dal 1969 iniziò a registrare i suoni delle sue sculture sonore componendo ben undici album intitolati Sonambient e nel 1971 organizzò una personale alla galleria KB di Oslo, con cui iniziò una stabile collaborazione. Negli anni Settanta compì diversi viaggi in Norvegia, nel 1974 si recò in Canada, nel 1976 in Guatemala, Messico e Perù. Fu premiato dall’American Academy of Arts and Letters (1975). La sua frenetica attività di commissioni e mostre terminò con la sua morte, avvenuta a Barto il 6 novembre 1978. Anche dopo la scomparsa si susseguirono mostre retrospettive negli Stati Uniti, molte delle quali dedicate all’attività disegnativa. Nel 2008 un convegno di studio e infine la mostra curata da Gilberto Ganzer nel 2009 ne rilanciarono la figura anche nella regione nativa.

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Bibliografia

Atti del convegno di studio Harry Bertoia (Pordenone, 23 novembre 2007), a cura di G. GANZER, Pordenone, Comune di Pordenone, 2008; Harry Bertoia. Decisi che una sedia non poteva bastare. Catalogo della mostra (Pordenone, 23 maggio-21 settembre 2009), a cura di G. GANZER, Cinisello Balsamo/Pordenone, Silvana/Comune di Pordenone, 2009; G. BUCCO, Tra manualità e industrial design. Note per una storia delle arti applicate in Friuli, in Arte in Friuli. Dall’Ottocento al Novecento, a cura di P. PASTRES, Udine, SFF, 2010, 335-353.

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