Nacque a Gorizia il 3 giugno 1883 in una famiglia di agiati commercianti ebrei. Trascorse l’adolescenza nel podere di famiglia presso Palmanova e le estati presso gli zii a Portorose. Compiuti gli studi liceali, all’inizio del Novecento si trasferì a Firenze dove frequentò lo studio di Fattori (1900-1902). Nel 1902 risultava iscritto alla Scuola libera di nudo di Fattori anche il giovane Amedeo Modigliani. Nel 1907 B. venne ammesso al Circolo artistico di Trieste, città portuale che evidentemente lo attrasse, se nel 1909 vi prese stabilmente in affitto uno studio. Nel 1910 risiedette a Parigi dove ritrovò Modigliani che lo introdusse all’ambiente dell’avanguardia pittorica. Ebbe così modo di conoscere Matisse e l’arte di Cezanne, Van Gogh e Gauguin. La lezione dei postimpressionisti francesi emerge nel doppio ritratto dei genitori, Amadio e Pia Gentilomo (Gorizia, Musei Provinciali), realizzato dopo il soggiorno francese e prima del viaggio in Estremo Oriente. Nel 1912, infatti, memore forse della vicenda biografica di Gauguin, s’imbarcò come fochista sui piroscafi del Lloyd triestino e nel lungo viaggio fece tappa in India, a Giava, in Cina e in Giappone. Agli inizi del 1913 espose alcune tele di soggetto orientale (Botteghe cinesi a Singapore, di collezione privata, e il Ritratto di A. Singh, dei Musei Provinciali di Gorizia) alla II Esposizione nazionale d’arte giovanile di Napoli. Il conflitto del 1914-1918 avrebbe segnato una cesura nella vita di B., che venne coscritto. In un taccuino di disegni registrò la cruda realtà della guerra, vista con gli occhi del soldato. Nel 1919 si stabilì a Trieste. Riprese a lavorare e parallelamente coltivò le amicizie con letterati, artisti e critici, alcuni dei quali sarebbero stati ritratti in opere considerate tra i capolavori dell’artista goriziano (Umberto Saba, Dario De Tuoni, Ruggero Rovan). Maturò in questo periodo l’arte di Bolaffio: «secca, tagliente e tormentata», non sempre compresa dal pubblico. ... leggi Il processo creativo lento e faticoso, guidato dalla volontà di «caricare il segno semplicissimo di tutta la sua forza drammatica», avrebbe avuto il suo corollario nel numero limitato di tele effettivamente ultimate. Il percorso autonomo di B. si fece isolamento dopo la morte del padre (1926), quando il pittore fu assorbito nella realizzazione dell’incompiuto Polittico del Porto di Trieste, un «poema eroico moderno» nel quale cantare «il lavoro degli uomini, il cielo, la terra, il mare». Il 15 dicembre 1931 donò al Museo Revoltella di Trieste il Trittico del porto. Si spense undici giorni dopo.
ChiudiBibliografia
Catalogo della I esposizione Goriziana di Belle Arti. Catalogo della mostra, a cura di A. MORASSI, Gorizia, Circolo artistico, 1924, 18-19; Vittorio Bolaffio, 1883-1931. Catalogo della mostra, a cura di ID., Trieste, Comune di Trieste, 1975; Artisti triestini dei tempi di Italo Svevo. Catalogo della mostra, a cura di S. MOLESI - C. MOSCA RIATEL, Trieste, La Editoriale Libraria, 1979; Arte nel Friuli Venezia Giulia 1900-1950. Catalogo della mostra, Pordenone, GEAP, 1982, 46-49; B. MAIER, Umberto Saba e Vittorio Bolaffio, «Pagine istriane», marzo 1985, 18-21; Il Mito Sottile. Pittura e scultura nella città di Svevo e Saba. Catalogo della mostra, a cura di R. MASIERO, Trieste, Il Comune, 1991, 93-95; I. REALE, La pittura a Trieste e in Friuli nel primo Novecento (1900-1945), in La Pittura in Italia. Il Novecento/1. 1900-1945, Milano, Electa, 1992, 318-333; Vittorio Bolaffio: disegni e dipinti. Catalogo della mostra, a cura di A. DELNERI, Venezia, Marsilio, 1999; Novecento a Gorizia, 44-46; S. VATTA, Vittorio Bolaffio. Nuovi contributi, «Studi Goriziani», 103-104 (2009), 5-30; D. D’ANZA, Vittorio Bolaffio, Trieste, Fondazione CRTrieste, 2010 (Collana d’arte della Fondazione CRTrieste, 12).
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